Alessandro Petti
Che
cosa resta del nostro carattere
nazionale
A sud di Roma, nel quartiere EUR, troneggia in
cima ad un’altissima scalinata un celebre enorme Cubo tutto di marmo bianco–
impossibile non vederlo - bucherellato su ogni lato da ben 54 grandi aperture
ad arco (per un totale quindi di 216 aperture) che i romani più maliziosi
chiamano Palazzo della ‘groviera’, quelli più benevoli ‘Colosseo bianco’, e che
in ogni caso si chiama ufficialmente ‘Palazzo della civiltà italiana’.
Sul frontone di ogni facciata dell’enorme cubo,
sopra l’ultima fila di archi, sono incise queste ormai più che famose parole, a celebrare retoricamente
la civiltà italiana: “Un popolo di poeti,
di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di
trasmigratori”.
Va bene, furono incise all’epoca della sua costruzione
nel 1938, durante il fascismo, e la retorica della frase è quindi
scontata. Ma, dopo tanti anni, che cosa
rimane di quell’immagine del carattere nazionale degli italiani che il regime
volle dare? E di tutte queste categorie ideali
del nostro popolo – che ogni mattina potevo leggere dalla finestra del quinto piano
del mio ufficio in Confindustria (un paralellepipido di vetro, invece nero,
costruito proprio accanto al cubo bianco) – quali sono quelle ancor oggi “in
attivo”, quali sono i profili di italianità ancora viva?
Partiamo dai poeti. Ne abbiamo avuti tanti e
tanti e straordinari, da Dante a Petrarca a Leopardi a Montale, etc etc che,
come tanti altri della letteratura italiana
di tutti i tempi, sono dei “ classici” e sono quindi per sempre. E anche ai
nostri giorni ve ne sono di straordinari, che rimarranno anch’essi per sempre,
Luzi e Caproni per tutti, ad esempio.
Passiamo agli artisti. Viene solo il capogiro
se pensiamo a quanti di essi hanno meravigliosamente ‘fatto’, scolpito,
dipinto, scritto o ‘musicato’ l’Italia: Bernini, Michelangelo, Giotto, Verdi,
Bellini, Caruso, De Andrè, Modigliani,
Guttuso, Manzoni, Calvino etc etc, e tra i viventi basti ricordare i ‘maestri
del vetro’ di Venezia o le creazioni di Renzo Piano, che tutto il mondo ci
invidiano.
Poi vengono gli eroi. E qui ogni nostra epoca
ha avuto i suoi: da Muzio Scevola a Garibaldi a Cesare Battisti a Salvo
d’Acquisto, a Falcone e Borsellino, fino a quelli sconosciuti di tutti i
giorni, tra i quali io personalmente metterò, come vittima e simbolo contro la
brutalità e l’arroganza del potere cieco e dispotico, il povero Sergio Reggeni.
E i Santi? Basti
dare un’occhiata al nostro calendario, in ufficio, in cucina a casa o su
qualsiasi nostra agenda e agendina, per accorgerci che, più che una religione
monoteistica, quella nostra cattolica è piuttosto una religione ‘politeista’ se
si considera il numero sterminato di santi che la affollano, cosicchè ciascuno
si può scegliere il santo al quale
personalmente votarsi “e … non ci provate a declassarmelo”! E comunque la si
veda (e nonostante ad es mia suocera - che si dice “tanto religiosa!” - lo
abbia appellato come uno un po’ troppo riformatore), io tra i ‘santi ’ di oggi
ci metto Papa Roncalli. Quindi ci siamo.
Tocca ai pensatori
e qui veniamo ai primi ‘buchi’. Sono stati davvero centinaia e forse migliaia,
da Seneca a Vico, a Gentile, a Gramsci, a Volpe, a Pasolini, a Sylos Labini etc
etc. E se, per ‘pensatori’ intendiamo, oltre ai filosofi, anche naturalmente
gli intellettuali…, dove erano, dov’era la libera voce di critica e protesta
degli intellettuali in questi nostri
giorni, durante i truffaldini governi Craxi o Berlusconi? Che cosa hanno fatto
anziché denunciare la corruzione e le
malefatte di questi signori, e della società italiana che hanno contribuito a
corrompere, preferendo invece iscriversi più comodamente e opportunisticamente
a questo o quel partito o lobby di potere? Qualche nome? Adornato, Ferrara,
Quagliarello e, purtroppo, molti altri. I
quali, invece di porsi quali guide o maestri di buoni valori o almeno di buon
senso per gli italiani, hanno preferito, più comodamente, diciamo ‘assuefarsi’
al potere dominante.
Gli scienziati. Da
Leonardo a Fermi, Natta, Majorana, alla Montalcini essi non si contano, nonostante le pochissime
risorse che l’Italia ha da sempre destinato, nei tempi, alla ricerca
scientifica.
Di navigatori, sia
per mare sia per terra, ne abbiamo poi
avuti talmente di straordinari da Colombo a Marco Polo a Vespucci durante
l’epoca delle grandi scoperte e, in tempi moderni, perché no, a Bonatti e
Messner, che non ci possiamo certo lamentare.
E siamo finalmente
arrivati a una categoria di persone che io considero cruciale: i
‘trasmigratori’!
E non mi riferisco
a chi pur grande ha trasvolato l’Oceano per primo come Italo Balbo o, più in
generale, rimanendo sempre in tema di aviazione a un eroe della I guerra
mondiale come Francesco Baracca; ma a coloro che ad esempio hanno dovuto, nella
nostra storia, trasmigrare dal sud al nord del Paese o in giro per i continenti
a cercare fortuna, povera gente che erano o giovani ricercatori di talento che
siano tutt’oggi, costretti a cercare
altrove un’opportunità che gli consenta di vivere del proprio straordinario
lavoro. Mi riferisco, inoltre, a coloro che ‘trasmigrano ‘ a tutt’oggi da un partito all’altro, inseguendo una
poltrona o ‘il vitalizio’ come quella povera macchietta di Razzi, vezzo tutto
italiano quello del ‘voltagabbana’ e di seguire il potente di turno. Abitudine che
uno dei non molti intellettuali liberi che abbiamo avuto, Oreste del Buono,
così bene ha sintetizzato. “C’è nel popolo italiano un fondo di ‘candore’ che
gli fa adottare di volta in volta i sogni che gli vengono proposti; un popolo
di sognatori il nostro…”.
Ma c’è ancora un’altra
categoria di ‘trasmigratori’ tutta italiana, ed è composta da coloro che
vorrebbero ‘trasmigrare’ dall’Europa, o meglio dall’Unione Europea. Sono quelli
che vorrebbero tornare a un’Italietta
minore, ‘a misura di padania’, populista e qualunquista, che nel
campanile e nell’inflazione possa ritrovare la sua furbesca rivincita per poter
fare - senza fastidiosi controlli, per favore! - i propri affari e continuare
ad evadere le odiate tasse. Sono i pericolosi seguaci di Salvini e anche di
Grillo che vorrebbero riportarci alla loro piccola, provinciale o ‘comica’, misura
e visione del mondo, in sostanza alla marginalità internazionale.
Chiudo, riferendomi
sempre a questi signori, con una frase – per me definitiva - di Calamandrei: “
Occorrerebbe riscoprire, o imparare, il mestiere di cittadini, capire il valore
e la bellezza dei doveri civili. Bene che vada, i ‘servi emancipati’ diventano
liberti: mostreranno a lungo nella schiena l’anchilosi dell’assuefazione agli
inchini”.