Il tandem francotedesco e l’incertezza dell’Italia
Ripresa e super-euro – Il tandem franco-tedesco e l’incertezza dell’Italia
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 10 settembre 2017
Vi erano mille motivi perché la presidenza Trump segnasse l’inizio
di un progressivo rafforzamento del dollaro: la crescita americana già
procedeva a gonfie vele, la disoccupazione si avvicinava ai minimi
storici e il nuovo presidente prometteva una drastica diminuzione delle
imposte e la resurrezione della manifattura americana attraverso un’aggressiva politica commerciale.
Le cose sono invece andate diversamente. L’economia continua nel suo
cammino complessivamente positivo ma le incertezze politiche prevalgono
su tutto. Le novità fiscali vengono frenate da una Camera e da un Senato
che le ritengono impossibili, la politica commerciale è paralizzata
dagli interessi contrastanti e la strategia del Presidente viene
percepita come sempre più incerta e contraddittoria. In questo quadro
non ci dobbiamo stupire che la politica prevalga sull’economia.
La finanza internazionale (a partire da quella cinese)
fugge progressivamente dal dollaro e cerca orizzonti alternativi in
tutte le direzioni, ma soprattutto verso l’Euro. Non solo perché la
nostra valuta ha un grande mercato ma anche perché l’economia europea,
pur non correndo come una lepre, sta crescendo assai meglio del
previsto.
Il risultato è che l’Euro si è rivalutato a un ritmo superiore a ogni
previsione e coglie ogni occasione per continuare a rivalutarsi, dalla crisi coreana ai tifoni della Florida. Oggi il cambio è arrivato a 1,20 dollari per Euro mentre solo pochi mesi fa era a 1,04.
A questi livelli si aprono naturalmente molti problemi per la crescita
europea. Con un tasso di cambio così elevato le esportazioni diventano
più difficili e, soprattutto, nasce la preoccupazione che il
prolungamento delle incertezze della politica americana facciano
ulteriormente lievitare il valore della moneta europea.
L’apprezzamento
dell’Euro ha oggettivamente mutato il quadro congiunturale europeo e di
questo bisogna prendere atto. Vi è naturalmente chi minimizza le
conseguenze della rivalutazione dell’Euro ma essa costituisce un
concreto rischio per il mantenimento del livello di crescita europeo,
soprattutto per i paesi manifatturieri, per i quali il tasso di cambio è
oggettivamente molto importante.
Ed è importante soprattutto per l’Italia, dato che la Germania si trova in posizione molto più forte nei confronti della concorrenza internazionale.
Nella settimana appena trascorsa la Banca Centrale Europea si è trovata
quindi di fronte alla necessità di definire la propria strategia.
Nonostante le contraddittorie interpretazioni, le parole di Draghi sono
state chiare nella direzione di prolungare almeno fino ad ottobre l’attuale politica di acquisti di titoli (Il così detto Quantitative Easing)
in modo da mantenere al livello più basso i tassi di interesse e
facilitare con questo la crescita europea, continuando ad operare per
avvicinare l’inflazione al livello del 2%, come programmato dalla stessa
BCE. Vi è stato chi ha interpretato queste parole come se la prossima
riunione della BCE ponesse fine al Quantitative Easing: l’Euro si è
quindi ulteriormente rafforzato. Le parole di Draghi hanno invece un
significato assai diverso perché nulla è stato detto sulle decisioni di
ottobre ma è risultato ben chiaro che i tassi rimarranno bassi (o
addirittura negativi) anche dopo una possibile diminuzione degli
acquisti di titoli da parte della BCE. E questo è quello che a noi
interessa.
In questo quadro, che mi sembra abbastanza definito, il problema è
vedere come si evolverà la politica economica europea. Il dialogo
franco-tedesco è cominciato e sembra procedere in due direzioni, anche
se non ancora ben precisate e cioè la creazione di un ministro delle finanze europeo
e di una specie di Fondo Monetario Europeo. Naturalmente si tratta di
proposte che dovranno avere un contenuto e non solo un nome. E cioè se
l’ipotetico ministro avrà un vero potere sulla politica fiscale dei
paesi europei o se il suo ruolo si aggiungerà soltanto alle funzioni di
controllo che già sono anche troppo abbondanti. Quanto al Fondo
Monetario Europeo la proposta di Shäuble sembra andare più nella
direzione di diminuire i poteri della commissione Europea per portare le
decisioni in materia monetaria in un quadro totalmente
intergovernativo, nel quale la Germania ha un’assoluta prevalenza.
Vedremo
come si svilupperanno le cose. Quello che è certo è che ( diversamente
da quanto scriveva Macron nelle sue precedenti riflessioni) il dialogo è
solo fra Germania e Francia mentre tutti gli altri stanno alla
finestra.
Da parte italiana non stiamo certo mandando messaggi rassicuranti ai nostri partner europei. All’incertezza sulla nostra futura stabilità politica
si accompagnano dichiarazioni di nostri leader che vengono accolte con
molto sospetto, come la volontà di spingere il nostro deficit di
bilancio verso il massimo limite possibile o la stravagante idea di
creare una doppia circolazione monetaria, che ha dato risultati negativi
ovunque è stata messa in atto.
Se quest’incertezza e questo minestrone di proposte proseguiranno anche
in futuro è certo che nemmeno il mantenimento di tassi di interesse
attorno allo zero potrà dare impulso alla ripresa finalmente iniziata.