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NATO senza bussola: occorre una profonda revisione


L’Europa e la Nato – Lo strappo Merkel-Macron nell’Alleanza senza bussola
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 8 dicembre 2019
Le celebrazioni del settantesimo anniversario della NATO si sono concluse con uno strano happening: i capi di stato, protagonisti del solenne vertice di Londra, hanno fatto fra di loro scintille e si sono persino presi in giro ma, alla fine, questa anziana alleanza è apparsa ancora necessaria anche perché, nonostante le difficoltà, si dimostra insostituibile.
Tutto questo anche se, negli ultimi anni, le tensioni fra Stati Uniti ed Europa si sono moltiplicate. Trump non ha perso occasione per accusare gli alleati europei di spendere poco ed in modo inefficiente per la difesa. A queste affermazioni ha risposto un mese fa Macron con un’intervista  all’Economist, nella quale prendeva una posizione del tutto sorprendente, definendo la NATO una struttura sostanzialmente obsoleta e con il cervello piatto.
Affermazione che ha provocato una piccata reazione negativa anche da parte della Cancelliera tedesca, scesa a lancia in resta in difesa dell’alleanza Atlantica. Il che rovescia radicalmente i rapporti fra Trump e i leader europei. La Signora Merkel era stata infatti trattata con aperta ostilità da parte del Presidente americano, proprio perché la Germania, secondo Trump, si era trasformata in un temibile concorrente degli Stati Uniti approfittando anche del suo scarso impegno nelle spese militari.
Al contrario, l’amicizia con Macron si era manifestata in modo così visibile da produrre non pochi imbarazzi in molti osservatori politici francesi che, sia in occasione dell’incontro del 2017 in Francia che in quello del 2018 negli Stati Uniti, ritenevano eccessivi i baci e gli abbracci scambiati fra i due capi di Stato delle diverse sponde dell’Atlantico. Non si può quindi non sottolineare quale sia la distanza fra queste manifestazioni di amicizia e la frase con cui Trump ha posto termine al dialogo con Macron affermando che le parole del presidente francese erano state “una delle maggiori non risposte mai sentite”.
Certamente l’emergere di una vistosa differenza nelle prese di posizione di Francia e Germania nei confronti della NATO  è, sotto molti aspetti, un indubbio successo della strategia di Trump che, sia nel campo economico che in quello politico, tende a mettere in contrasto fra di loro gli alleati, rendendo con questo ancora più forte l’assoluta leadership americana.
Tutto questo non impedisce la necessità di affrontare, e possibilmente risolvere, le divergenze politiche che si manifestano in un alleanza militare che, per definizione, deve invece trovare al suo interno una strategia unitaria.
Per la Francia di Macron il nemico di lungo periodo non è la Russia ma la crescente minaccia del terrorismo che viene da Sud e che tanto sta mettendo a rischio le strutture politiche ed economiche della quasi totalità dei paesi africani francofoni. Questo mutamento di prospettive crea una profonda irritazione non solo nel governo americano ma anche nei paesi baltici e nella Polonia, che vedono nella Russia l’unico pericolo per la propria sicurezza.
Le tensioni all’interno della NATO non si limitano tuttavia a questa differenza di visione ma toccano un altro delicato problema emerso vistosamente a Londra, cioè il comportamento della Turchia che, dopo gli Stati Uniti, possiede l’esercito più numeroso di tutta l’alleanza Atlantica. Erdogan sta infatti mettendo in atto una politica sempre più autonoma e divergente da quella degli alleati. Resta infatti assai dubbio il comportamento di un paese della NATO che acquista nello stesso tempo gli aerei da combattimento dagli Stati Uniti e i missili più sofisticati dalla Russia. Non solo: il presidente turco Erdogan, nel vertice di Londra, ha chiesto di inserire nella lista delle associazioni terroristiche la Milizia Curda Siriana (nota con la sigla YPG) che era stato il punto di riferimento europeo nella lotta contro la dittatura siriana. Il che ha provocato naturalmente una dura reazione non solo da parte della Francia ma di tanti altri paesi europei.
Se la NATO rimane un presidio insostituibile, questi semplici esempi dimostrano come le sue strategie e i suoi obiettivi abbiano bisogno di una profonda revisione, che richiede non solo tempi lunghi ma uno spirito di collaborazione che, anche se ancora forte nell’ambito militare, si è invece molto affievolito sotto l’aspetto politico.
Non vedo tuttavia, almeno per ora, prospettive concrete per questa necessaria revisione. L’Europa continuerà a cercare uno spazio di autonomia per difendere meglio i suoi interessi specifici ma le sue divisioni interne renderanno molto difficile mettere sulla carta quali siano gli interessi specifici comuni, mentre i governi europei continueranno ad avere grandi difficoltà nell’aumentare le spese necessarie per difenderli.
Non dimentichiamo infatti che la Francia e la grande Gran Bretagna hanno dovuto chiedere l’aiuto americano perché non avevano abbastanza munizioni e strumenti logistici nemmeno per portare a termine i primi bombardamenti della sciagurata guerra di Libia.
Dell’aggiornamento della NATO si dovrà quindi continuare a discutere molto a lungo, anche se mi auguro che i necessari approfondimenti comincino presto e che l’Unione Europea si assuma le sue responsabilità.