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Nessun terrorista si e' fatto vivo.....

 Alberto Pasolini Zanelli

Il “fronte” di Washington è stato calmo e vuoto l’altro giorno, quello in cui si temeva e si attendeva una nuova irruzione rivoluzionaria. Nessun terrorista si è fatto vivo, le centinaia di soldati e poliziotti mobilitati per l’occasione e sul luogo si sono guardati in faccia e scambiati saluti. Magari per caso, erano in perfetta sintonia con la Casa Bianca. Il presidente pensava ad altro. A qualcosa di molto più distante e molto più minaccioso: la minacciata emergenza della Cina alla prima potenza del pianeta, scavalcando gli Stati Uniti. L’allarme non è nuovo e molti esperti consideravano troppo lente le contromisure.

L’atmosfera ha il sapore di una mobilitazione. Militare, anche, ma soprattutto tecnologica. Washington si rende conto che è in corso una “concorrenza” che non è una guerra ma potrebbe avere anche le conseguenze di un ribaltamento dei rapporti di forza fra Washington e Pechino. Stati Uniti e Cina sono già le due (e le sole) Superpotenze del nuovo secolo. Altri Paesi occidentali faticano a tenere gli impegni presi e le promesse fatte agli americani. Molte cose li frenano, comprese le crisi economiche, ma soprattutto, e di recente, la tragedia cosmica che passa sotto il nome di Coronavirus e che continua a produrre minacciose varianti. E persiste in Occidente il sospetto (o addirittura la convinzione) che i virus vengano da Pechino o almeno da una provincia cinese, per mero caso meglio difesa del resto del mondo oppure, qualcuno sospetta, “coltivata” con inconfessabili ambizioni.

Se un obiettivo c’è ed è quello di demoralizzare il resto del pianeta, dal Giappone all’Europa, era impossibile che ciò non coinvolgesse l’America. Sono due le Superpotenze. La Russia non lo è più, le altre sono creature del ventesimo o del diciannovesimo secolo. Gli Stati Uniti sono “super” anche oggi, ma hanno un concorrente nuovo. Che in mezzo secolo ha cambiato faccia, dimensioni e ambizioni. Non è più un sogno nostalgico il desiderio dei cinesi di ritrovare le forze del millennio passato, quando l’Asia si inchinava alla Cina e la Cina produceva di più, anche e soprattutto prodotti alimentari, nettamente di più dell’Occidente sommato. Ci aveva provato con la rivoluzione di Mao, sanguinosa e sanguinaria e con il suo estremismo fece più vittime di Stalin e Hitler sommati. Alla morte di Mao istantaneamente cominciò a cambiare tutto, a capovolgersi. Dittatura intatta ma ammorbidita, primato concesso (anzi, imposto) all’agricoltura e all’industria e soprattutto alla tecnologia di avanguardia. La sfida all’America continuava e continua, ma nei campi più moderni e più audaci e ha per obiettivo l’installazione e il consolidamento di Pechino governata dai successori di Deng, l’“erede” di Mao che cambiò quasi tutto. Che sfidano i successori di Douglas MacArthur e di Ronald Reagan su un terreno infinitamente più largo: quella supertecnologia inaugurata dall’America e di cui l’America rischia di perdere il primato e il monopolio.

Se ne è accorto anche il nuovo inquilino della Casa Bianca, quel Joe Biden che ha a cuore soprattutto i problemi interni, incluso un certo “ammorbidimento”. Con il fine dichiarato di fare “il contrario di Trump”. Ma in certi campi della politica estera, nelle questioni chiave, Joe Biden potrà essere trascinato a diventare più “falco” del suo roboante predecessore. Forse lo ha già fatto, presa una decisione storica e “dura” proprio mentre le piazze di Washington segnalavano il collasso dei “rivoluzionari”.

Fra le decisioni prese e i programmi istigati c’è, fondamentale, il “matrimonio” fra la ricerca di mantenere il totale dominio militare e tornare a vincere, ancora più nettamente, la corsa tecnologica. Con l’assenso del Congresso, teatro nelle ultime settimane e giorni di constatazioni come “la minaccia della leadership cinese in aree tecnologiche è una crisi nazionale per l’America. Abbiamo bisogno di una strategia che allinei strettamente gli sforzi del governo e del settore privato per vincere”. E, altrettanto urgente, un impegno per ciò che gli esperti definiscono “un allarmante deficit di talento nei confronti della Cina”. Un “fronte” di avanguardia con la collaborazione di tutti i Paesi alleati e anche dei neutrali di oggi che cominciano ad accorgersi della minaccia.

Pasolini.zanelli@gmail.com

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