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È stato lo scambio polemico più rovente


Fra. Gri. per “la Stampa”

 

ROBERTO SCARPINATOROBERTO SCARPINATO

È stato lo scambio polemico più rovente, al Senato, quello tra Giorgia Meloni e Roberto Scarpinato, ex magistrato palermitano, punta di diamante del nuovo corso grillino. Lei l'ha liquidato con toni sprezzanti, facendo riferimento ai «teoremi» che sarebbero stati alla base del suo intervento e prima della sua carriera di pubblico ministero. Lui, il giorno dopo, si sente ancora indignato. «Ho fatto riferimento ad alcuni fatti documentati in sentenze, le stragi neofasciste, le figure di Rauti e Maletti. Non è stata in grado di rispondermi».

 

Una cosa veniva fuori chiara, dal suo intervento: un filo nero attraversa la storia della Repubblica. «Mi sono attenuto alle sentenze passate in giudicato, niente di opinabile. Ho citato stragi accertate del neofascismo: piazza Fontana, Brescia, la bomba a mano alla questura di Milano, Peteano. Portano la firma di Ordine Nuovo. E Pino Rauti era l'ideologo di Ordine Nuovo. Perché non mi ha risposto sui fatti? Con una sola frase, poi, ha fatto un doppio errore: mi ha definito giudice quando sono sempre stato un pubblico ministero; mi ha addebitato il depistaggio su via D'Amelio, quando l'ho smascherato io. È disinformata.

giorgia meloni in senato.GIORGIA MELONI IN SENATO.

Ma la cosa grave è che la maggioranza al Senato l'ha applaudita. Non leggono le sentenze, non conoscono nemmeno i fatti più elementari».

 

Riconoscerà che la verità giudiziaria non coincide sempre con la verità storica.

«Perché i testimoni vengono uccisi, i documenti spariscono. È già un miracolo fin dove la magistratura arriva». E ci è andato giù piatto.

 

«Perché vedevo una grave lacuna nel dibattito. Tutti parlano del fascismo, un fatto storico, finito nel 1945. Perché non parliamo del neofascismo che ha insanguinato l'Italia e gravemente deviato la storia repubblicana? Il neofascismo che è alle radici culturali del partito di Meloni. La strategia della tensione ha segnato la nostra storia. E non dimentico che Giovanni Falcone ha imboccato la via crucis quando cominciò a indagare sulla pista nera nel delitto Mattarella».

 

ROBERTO SCARPINATOROBERTO SCARPINATO

Perplesso sulla fermezza contro la mafia dei colletti bianchi? «Con la mafia, non si deve pensare soltanto ai brutti sporchi e cattivi, tipo Riina. L'asse portante è la borghesia mafiosa. Torno alle sentenze: parliamo dello stalliere Vittorio Mangano, dei soldi pagati da Fininvest alle cosche, di Marcello Dell'Utri che continua a dettare la linea in Sicilia? Si può onorare Borsellino e poi poggiarsi sui voti di Berlusconi?».

 

Il presidenzialismo è così pericoloso? «Ne abbiamo viste anche troppe, di democrazie presidenziali che poi si trasformano in regimi illiberali. Per questo i padri costituenti immaginarono un sistema di robusti pesi e contrappesi. Hanno già cominciato con l'attacco alla magistratura». Intende i progetti del ministro Carlo Nordio? «Vorrebbe togliere le indagini ai magistrati per darle solo alla polizia. Fosse per lui, si tornerebbe a una giustizia di classe». (Dagospia)

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