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Acqua: grave colpa non far nulla di fronte ai cambiamenti climatici

L’emergenza: riflessioni sul problema della siccità

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 6 agosto 2016

Negli ultimi giorni la mancanza d’acqua è quasi scomparsa dall’attenzione dei media. L’acqua tuttavia continua a scarseggiare in quasi tutta la penisola. Non mi addentro ovviamente sull’ipotesi di una persistente diminuzione delle precipitazioni future e sui fattori da cui essa trarrebbe origine. Vi è tuttavia la provata consapevolezza che si sta andando verso una stagione di minore regolarità delle precipitazioni e quindi verso un progressivo acuirsi del problema dell’acqua. Le conseguenti scelte sui necessari interventi da adottare non dovrebbero essere perciò procrastinate, seguendo il doveroso principio di precauzione che ci obbliga a decidere prima che sia troppo tardi.
L’attenzione sull’acqua si è soprattutto concentrata sulle perdite degli acquedotti. Fatto certo deprecabile, perché spinto al di là di ogni ragionevole confronto internazionale e perché danneggia direttamente la vita di milioni di persone. Su questo tema le soluzioni sono semplici: le tecnologie per evitare le perdita sono infatti elementari ma esse, per essere messe in atto, necessitano di investimenti che da troppo tempo  sono del tutto insufficienti. Porre rimedio alle perdite è semplice: bisogna riparare e cambiare i tubi e, dove necessario, investire in impianti di depurazione e riciclaggio, provvedendo nel contempo a premere sui consumatori per un’utilizzazione cosciente dell’acqua stessa.
Con questo si dimentica però che l’uso domestico costituisce una parte assolutamente minoritaria del consumo dell’acqua. Oltre i due terzi sono utilizzati in agricoltura e solo il restante viene diviso fra le attività produttive e i consumi domestici. Il calo degli usi industriali è già in atto, sia per la maggiore diffusione del riciclaggio sia (purtroppo) per la crisi di interi settori grandi consumatori, a partire dalla siderurgia e dalla petrolchimica.
Vi è invece tanto da fare per assicurare anche in futuro l’acqua necessaria alle nostre colture. Lasciamo stare la follia di coloro che propongono di limitare le coltivazioni che richiedono molta acqua perché, assai spesso, queste sono le colture più preziose per il futuro dei nostri agricoltori e, quindi, della nostra economia.
Pensiamo invece all’adozione di due semplici importanti interventi.
Il primo riguarda una più rapida diffusione dei moderni sistemi irrigui che, quando applicabili, richiedono un consumo d’acqua infinitamente inferiore a quello oggi impiegato. L’irrigazione “a pioggia” ha bisogno di una quantità d’acqua per unità di superficie infinitamente inferiore al sistema “ad acqua fluente”, mentre l’irrigazione “a goccia”  si accontenta di quantità d’acqua molte volte inferiore di quello”a pioggia”.
Evitare gli attuali enormi sprechi richiede naturalmente investimenti che hanno bisogno di una guida e di aiuti pubblici oltre che di una politica tariffaria tale da incentivare, in tutti i casi possibili, l’uso ottimale dell’acqua.
Tuttavia in un paese prevalentemente collinare o montagnoso questo non basta. Occorre prepararci al futuro catturando l’acqua con nuove riserve da riempire nella stagione piovosa e alle quali attingere nei sempre più lunghi periodi di periodi di siccità. Questo problema era fortemente sentito quasi cinquant’anni fa quando si arrivò a progettare una rete di migliaia di piccoli bacini collinari da affiancare ad alcuni nuovi invasi di maggiore dimensione.
Una malintesa idea della protezione dell’ambiente e una diffusa sfiducia sulla capacità delle strutture pubbliche di regolare gli aspetti tecnici e di sicurezza di questo complesso progetto hanno spinto a bloccare ogni iniziativa. Continuiamo a parlare di cambiamenti climatici ma non ci prepariamo a porre rimedio alle loro conseguenze con gli strumenti che possediamo e che abbiamo il dovere di usare.
La protezione dell’ambiente non può infatti concretizzarsi nel non fare nulla e nel trovarci poi impreparati di fronte ai cambiamenti dell’ambiente stesso.
È evidente che la trasformazione della nostra società da contadina a quasi interamente urbanizzata ha distorto il modo di ragionare delle nostre teste ed il problema dell’acqua viene concentrato principalmente sugli acquedotti, dimenticando che l’equilibrio idrico si gioca nell’intero territorio. Non ci si può limitare a prenderlo in considerazione solo quando si rendono necessari gli aiuti agli agricoltori colpiti dalla siccità.
Mi auguro che tutta la società italiana si renda quindi conto della necessità di prepararci ai nuovi equilibri che si stanno creando, nella consapevolezza che il nostro ambiente è unico al mondo anche perché, nei lunghi secoli della nostra storia, i saggi interventi dell’uomo hanno reso più belli ed efficaci i doni della natura.
Certamente i disastri compiuti dalle ultime generazioni ci obbligano a dubitare di noi stessi ma ci obbligano, nello stesso tempo, a prepararci con saggezza e lungimiranza agli eventi futuri.
Il non fare nulla di fronte ai cambiamenti è di per se stesso una colpa.
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