Qualcuno,
per liquidarlo, lo descriverà senz' altro come un libro reazionario. In
realtà il pamphlet La fine della madre (Neri Pozza, 160 pagine, 12,50
euro) di Lucetta Scaraffia - storica e celebre firma di testate
autorevoli - è un testo rivoluzionario. Perché affronta di petto un
argomento scottante, e perché sbriciola uno dopo l' altra le imposizioni
del politicamente corretto.
Francesco Borgonovo per “la Verità”
Di solito si parla di evaporazione del padre. La «fine della madre» è un tema inedito.
«Ho
cominciato a pensarci riflettendo sul fenomeno dell' affitto dell'
utero, che è una cosa ripugnante. Molti Paesi la ritengono una cosa
possibile e una parte delle femministe pensa che faccia parte del
diritto delle donne a usare il proprio corpo. Mi ha molto spaventato
capire a che punto di degrado dell' idea di maternità siamo giunti. E mi
sono detta: se siamo arrivati a questo, deve esserci stato un
percorso».
Quale percorso?
«L'ho
rintracciato nell' emancipazione femminile che si è affermata come
mascolinizzazione della donna, come appiattimento della donna sul ruolo
maschile. Non solo sul piano professionale, con la ricerca di
affermazione e potere, ma anche sul piano sessuale. Negli anni Settanta
l'obiettivo principale delle donne sembrava essere quello di controllare
la propria fertilità, negando la possibilità della maternità. La
maternità era considerata la negazione dell'affermazione personale».
In parte lo è.
«Sì,
effettivamente lo è, se l'affermazione avviene attraverso il modello
maschile. Quello che chiedevano le femministe erano anticoncezionali di
ogni genere e tipo, purché fossero le donne a controllarli. E poi,
ovviamente, dovevano chiedere l'aborto, per le situazioni in cui gli
anticoncezionali non funzionavano. Sembrava che il movimento femminista
avesse un solo obiettivo: rimuovere la maternità, che diventava un
ostacolo all' affermazione delle donne e dunque rendere le donne sempre
più simili agli uomini».
Non crede che questo sia stato un modo per creare individui «neutri», sempre disponibili al lavoro?
«Tutto
questo ha reso le donne sempre disponibili al lavoro, è vero, ma anche
al sesso. La rivoluzione sessuale non sarebbe potuta esistere senza
anticoncezionali e diritto all'aborto, che hanno reso le donne sempre
sessualmente disponibili, senza il pericolo che rimanessero incinte. Con
la rivoluzione sessuale si è affermata una sessualità libera e senza
impegno molto più aderente al modello maschile che a quello femminile».
A
me sembra però che quella in cui viviamo sia una società, almeno in
superficie, molto «materna». Lo Stato, per esempio, è una mamma che si
preoccupa di che cosa mangiamo o fumiamo o beviamo.
«Qui
però c' è un tornaconto economico molto evidente. Lo Stato spende meno
per l'assistenza sanitaria se le persone mangiano meglio. I casi che lei
cita non sono questioni di maternage, ma di attenzione alle risorse.
Materna è ogni esperienza di dedizione gratuita, e questa è una cosa che
manca nella nostra società. Mi preoccupa molto: se anche le madri sono a
pagamento, nessuno vive più l'esperienza totale di amore gratuito, che è
l'unica che può farci capire qualcosa di Dio. La secolarizzazione nasce
anche da questo».
Parlava, riguardo alla rivoluzione sessuale, di un modello maschile. Ma si è sviluppata anche secondo un modello omosessuale.
«Certo,
perché per gli omosessuali la sessualità è solo ludica. E una volta che
le donne sono tutte inibite a procreare, come lo sono oggi le giovani
donne, anche per noi la sessualità diventa solo ludica: non c'è più
differenze fra sessualità etero e omosessuale».
La sessualità diviene un bene di consumo.
«Sì,
un bene di consumo come un altro. A cui poi si allacciano altri beni di
consumo di cui la nostra società vive: biancheria sexy, sex toys,
appuntamenti sui social network, weekend romantici: c'è tutto un indotto
di questo genere di cose. E poi ci sono le palestre, le cure di
bellezza...».
Perché se si è sempre disponibili bisogna anche essere sempre performanti.
cimitero delle idee femministe
«Certo:
devi essere magro, scattante, vestito in un certo modo. La sessualità è
un grande mercato. C' è ovviamente il mercato sessuale della
prostituzione, ma al di là di questo c' è pure un grande mercato
indotto».
E poi c' è il mercato dei figli.
«Ovvio.
Perché i figli non vengono più, magari perché la donna si è scassata il
sistema ormonale prendendo la pillola per vent' anni o perché è in età
troppo avanzata. Poi ci sono gli omosessuali che vogliono figli. Da qui
il mercato».
Ma
perché le donne hanno così avversato la maternità? Una differenza per
cui, tra l'altro, gli uomini hanno sempre avuto invidia.
«Certo
che hanno avuto invidia. Perché la maternità ti mette in contatto con
il mondo trascendente. È un miracolo che ancora oggi non abbiamo del
tutto spiegato, anche se fabbrichiamo bambini in provetta. È un mistero,
un contatto con il sovrannaturale che rende le donne miracolose
rispetto agli uomini.
Ecco
perché gli uomini sono sempre stati invidiosi, e hanno asservito le
donne. Le hanno oppresse: pensavano, mortificando la loro potenza, di
ristabilire un' uguaglianza. E in qualche modo ci sono riusciti: oggi
nel mondo capitalistico prevalgono successo e denaro, di cui beneficiano
- in media - soprattutto gli uomini. Per avere successo, potere e
denaro, le donne devono diventare come uomini. La donna ha rinunciato
alla maternità per avere potere e denaro. E in parte lo ha anche avuto».
Nel
dibattito recente sul caso Weinstein e sul caso Brizzi, però, non
sembra emergere una donna mortificata. Anzi, si vedono figure femminili
molto aggressive.
«Lei non è una
donna, non sa cosa le donne devono e hanno dovuto sopportare. Io
appartengo alla generazione di donne che per prime sono entrate in un
mondo maschile come quello dell' università. Ho dovuto subire molestie
mostruose che non ho alcuna intenzione di denunciare. Tutte molestie
vere.
Uomini
impresentabili, che con il corteggiamento non avrebbero mai ottenuto
nulla, cercavano di sopperire utilizzando il potere. Era una cosa
diffusissima, forse oggi lo è un poco meno perché ci sono anche donne in
posizioni di comando. Ma quando io sono entrata all' università ero
l'unica giovane donna in un ambiente maschile.
Certo,
io ero una femminista dura e pura e rispondevo per le rime, se
necessario anche con le mani. Credo che quella che vediamo oggi sia, in
parte, anche un' esasperazione delle donne. Nel mondo dello spettacolo,
poi, penso che le situazioni siano ancora più pesanti. Gli uomini sono
sempre stati abituati a usare il potere e questo per le donne è
vergognoso e umiliante. È una situazione orribile che va cancellata. Poi
però c' è un altro aspetto».
Ovvero?
«Alcune
donne, su questa situazione, hanno costruito delle carriere. Ci sono
state donne, magari meno capaci, che sono passate davanti agli uomini, i
quali non potevano andare a letto con il capo, e alle altre donne, che
rifiutavano di andare a letto con il capo. Attorno al potere c' è sempre
una zona grigia».
Non crede che la rivoluzione sessuale abbia favorito questo sistema di potere?
«Sì,
lo ha fatto. Perché ha tolto la vergogna. Quando un uomo di potere
chiede a una donna dei favori, è più semplice accontentarlo. Perché, in
fondo, egli chiede una prestazione che non vale nulla: per questo molte
donne la prestazione la offrono. Così facendo non perdono più la loro
dignità, come invece accadeva in passato. La rivoluzione sessuale ha
reso più fattibile lo scambio. L'identità femminile - e io dico per
fortuna - non è più legata esclusivamente al comportamento sessuale».
Quali sono le conseguenze della «fine della madre»?
«Le
conseguenze le soffrono soprattutto le giovani donne, che vorrebbero
fare figli e non ci riescono. Per via del lavoro, certo. Ma anche perché
non trovano uomini con cui farli. Gli uomini vivono un bengodi sessuale
e non hanno l' orologio biologico. Le donne lo hanno.
Ecco
perché, oggi, è aumentato il divario fra uomini e donne che si voleva
abolito. Per le donne è difficile trovare un padre per i loro figli. Gli
uomini non hanno alcun interesse ad assumersi un compito di
responsabilità. Hanno una vita sessuale senza responsabilità e senza
sacrificio. Riguardo ai figli possono dire: aspettiamo ancora un po'. Le
donne invece non possono aspettare.
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Grazie
Oscar, ottimo articolo e grande tema da approfondire, sia sul piano esoterico
che profano. Nessuno deve essere indotto a portare abiti non suoi, tutti
abbiamo il diritto/dovere di essere riconosciuti per quello che siamo,
valorizzati ed aiutati a sviluppare le nostre potenzialità intrinseche. Bisogna
ritrovare nuovamente la capacità di vedere le cose in un contesto libero da
condizionamenti ed egoismi di supremazia, per il bene comune nostro è della
società umana. Paolo Pulga.
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Interessante! Cari saluti, Gian franco
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