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È, o almeno pare, imminente un nuovo vertice mondiale.


Alberto Pasolini Zanelli

È, o almeno pare, imminente un nuovo vertice mondiale. Uno dei tanti degli ultimi tempi, ma più concreto, se così si può dire, dei suoi sogni. Sono molti ormai gli statisti di ogni continente pronti a tenere questo vertice, anche quelli che, più tenaci e contesi, non credono poi troppo nelle chance di successo: ne hanno viste troppe e soprattutto troppe ne hanno sentite parlare. E alternare i timori e le illusioni. Oggi dovrebbero essere due cose apparentemente contraddittorie: le “indagini” falliscono in fretta, altre sono pronte da inaugurare. Non più guadagnando tempo, ma perdendone.

Le delusioni, ovviamente, deludono; le illusioni fanno più danni, creano più occasioni di fiducia, nutrono diversi metri di pensiero. E durano sempre meno. Il più famoso e fino ad oggi più creduto esploratore di sospetti, italoamericano, Anthony Fauci, ha di nuovo battezzato una illusione ammettendo che parecchie sue definizioni erano sbagliate ma che le occasioni continuano ad essere sempre più numerose, centrate spesso sulla negazione di una proposta cura. L’ultima profezia non è molto prossima e differente. Come sempre, Fauci parla per contraddire una previsione abbastanza ottimistica del presidente Trump. Quando è sicuro che la proposta è imprecisa, gli scienziati alla Casa Bianca ne hanno pronta un’altra. Non è poi una sorpresa e non è neppure un pigro orgoglio. La verità è che lo spazio dei cervelli (non soltanto suoi) è generoso, proprio come è invece severa, soprattutto quando procede a svuotare le speranze.

La verità è che tutti i ricercatori di scienza si dedicano alla medesima attività: scoprire i colori del cielo. Quelli che cambiano e quelli indecifrabili. Si esplorano sempre nuovi nomi, illudendosi che ce ne sia una riserva infinita, come è vero quando si tratta della più modesta illusione che gli spazi per la mente siano proprio infiniti. È lecito ora paragonare questa alternanza continua ai movimenti dei concerti, con la differenza che questi ultimi durano, mentre le colorazioni e le forme di questo incubo non sono mai scomparse finora e hanno dato semmai tenaci segni di essere scomposte e generano subito nuove illusioni da correggere. L’ultimo esempio è minimo, ma significativo e si è svolto in un ippodromo adattato per l’occasione a cinodromo, con l’obiettivo di allevare cani da caccia che addentino invece gli esseri umani indesiderati, sia come aggressori, sia come difesa e quindi violenza contro esseri umani che attualmente si sentono il dovere di aggredire gli altri aggressori, resuscitando una abitudine molto frequente nelle arene dell’Impero romano. Questa rinnovata abitudine è una conseguenza della “pubblica indignazione” suscitata in primo luogo proprio dagli eccessi di violenza della polizia. In corso da diverso tempo ma che sono stati adesso “promossi” a strumenti di recupero della dignità umana di molti americani di colore, discendenti più o meno indirettamente degli schiavi molto frequenti nella Confederazione subito prima e durante la guerra civile del secolo scorso, da cui discendono residui apertamente razzisti, nutriti di violenze di piazza con le conseguenti risposte. Le conseguenti reazioni delle autorità e, in queste settimane e mesi, le polemiche elettorali condotte soprattutto ora dai repubblicani, contro i più famosi e ammirati governatori: due giorni dopo avere gettato in una gabbia Cristoforo Colombo, lo stesso trattamento è stato riservato ad Abraham Lincoln e George Washington.