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E’ ora di darsi una mossa, o la stagnazione andrà avanti all’infinito


L’ultima occasione: la paura che opprime e la mano tesa dell’Europa

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 12 luglio 2020

Questa domenica si colloca su un delicato crinale delle nostre vicende economiche. Con la scorsa settimana è infatti finito il ciclo delle previsioni degli istituti di ricerca sul futuro dell’economia che, in genere, precedono le ferie estive e, nel corso della prossima, si terrà la riunione del Consiglio Europeo che dovrà dire la parola conclusiva sul grande programma di aiuti dedicati a superare la crisi in corso.

Per quanto riguarda le previsioni, le analisi del Fondo Monetario Internazionale, della Banca d’Italia e, ultima nel tempo, di Prometeia, concordano non solo nel sottolineare la grave entità della caduta, ma anche le difficoltà, la lentezza e le asimmetrie della ripresa. Tutto questo anche se riconoscono che la politica adottata dai grandi protagonisti dell’economia mondiale è stata complessivamente pronta e correttamente indirizzata.

Lo stimolo impresso da Stati Uniti, Cina e, finalmente anche dall’Unione Europea e dai suoi paesi membri, è infatti senza precedenti. Inoltre le linee d’intervento vanno nella stessa direzione: tutte sono rivolte a sostenere il potere d’acquisto dei cittadini e a fornire risorse finanziarie alle imprese, quasi senza curarsi del deficit dei bilanci pubblici che tali decisioni comportano.

Tuttavia, a dispetto delle vigorose politiche di sostegno, le previsioni di tutti gli analisti rimangono ancora negative. Questa pessimistica previsione nasce dalla constatazione che, anche se le politiche pubbliche hanno generato risorse addizionali al di sopra di ogni aspettativa, il loro effetto positivo viene indebolito dal fatto che le imprese non investono e le famiglie non consumano.

Oppressi dalla paura che il futuro possa essere ancora più negativo, tutti tendono a comprimere la spesa e ad aumentare il risparmio.

La paura è quindi l’incontrastato protagonista dell’attuale fase della nostra economia.

Una paura che è presente ovunque, ma che non si distribuisce in modo omogeneo nelle diverse aree e nei diversi paesi del mondo.

I dati delle analisi ci presentano infatti una Cina già vicina ai livelli produttivi dello scorso anno, mentre sono ancora pesanti le prospettive americane e ancora più pesanti quelle europee, anche perché le decisioni di stimolo al sistema economico sono state impostate in tempi successivi rispetto alla Cina e agli USA.

Per questo motivo la riunione del Consiglio Europeo della prossima settimana assume un significato di assoluta importanza. Il semaforo verde riguardo al grande progetto di aiuti e prestiti a basso tasso di interesse darebbe infatti inizio a un periodo di maggiore fiducia nel futuro, fiducia che è oggi l’unico strumento in grado di ricostituire il sistema economico.

Il progetto europeo che dovrà essere approvato nei prossimi giorni, è stato battezzato con l’ambizioso nome di “Next Generation” proprio perché si propone di fondare le basi di una nuova fase di crescita dell’economia del nostro continente.

Un obiettivo particolarmente importante per l’Italia perché essa si colloca non solo tra i paesi con una maggiore caduta del reddito nel corso di quest’anno, ma anche fra quelli che usciranno più lentamente dalla crisi.

Si prevede infatti che, se non avverranno sostanziali cambiamenti, dopo un calo del PIL intorno al 10% nell’anno in corso, ci troveremo alla fine del 2021 con 630.000 occupati in meno e, due anni dopo, con un prodotto interno lordo del 5% inferiore a quello dello scorso dicembre.

Solo intorno al 2027 l’economia italiana raggiungerebbe il livello del periodo pre-Covid19, prolungando così all’infinito la nostra già lunga stagnazione.

Queste funeste previsioni partono dalla constatazione che, in Italia, i consumi sono caduti molto più che negli altri paesi europei e le riforme procedono a passo di lumaca.

Per rovesciare questa tendenza vi è una sola via: preparare con cura i programmi, i modelli esecutivi e gli strumenti burocratici per impiegare le risorse che saranno assegnate nella prossima settimana ed effettivamente disponibili a partire dall’inizio del prossimo anno.

I concreti dettagli sugli impieghi di queste risorse saranno definiti dalle autorità europee già dal prossimo autunno, ma non vedo nel nostro paese l’impegno necessario a preparare una strategia in grado di mobilitare tutte le energie del governo e delle istituzioni locali, con le necessarie riforme legislative ma, soprattutto, con la formazione di specialisti esclusivamente dedicati a prendere decisioni così importanti per il nostro futuro. Un futuro che segnerà l’inizio della ripresa o la continuazione della decadenza, a seconda di come saremo in grado di inserirci oggi tra i protagonisti della politica europea.

Approfondendo gli obiettivi e le dimensioni quantitative del “Next Generation” dobbiamo essere consapevoli che questo progetto è l’ultima occasione per non rendere incolmabile la distanza che ci separa dai paesi europei più capaci di preparare gli strumenti per costruire il futuro. Come si usa dire in termini popolari, diamoci quindi una mossa.