Alberto Pasolini Zanelli
L’indomani della tregua fra israeliani e arabi grazie alla robusta mediazione americana non è bastato a calmare le acque. Si è continuato, anzi, a reagire ai 264 palestinesi uccisi dai missili di Israele e di Gaza semidistrutta e c’è chi continua a rimproverare Biden perché non è intervenuto prima e perché è stato “di parte”. Molti hanno collegato questo eccidio alle violenze contro gli americani di pelle nera, anche perché quella di ieri ha visto la commemorazione dopo un anno della morte di George Floyd. Rashida Tiaib, l’unica deputata palestinese nel Congresso Usa, ha bloccato il presidente in visita al suo Stato, il Michigan, e gli ha ripetuto le sue accuse in tono rovente. Un suo collega, il democratico Jerrold Nadler, ha portato alla Casa Bianca una lettera firmata da undici colleghi, denunciando la “violenza in Gerusalemme, inclusa quella della polizia israeliana, che ha preceduto gli attacchi aerei. È ora di garantire ai palestinesi che anche loro hanno il diritto di vivere in sicurezza, liberi dalla vile e odiosa retorica di Netanyahu, con cui il presidente Biden ha mostrato di volersi allineare”. Parole infuocate, che si sono riconosciute nei cortei di rimembranza della morte di Floyd, frequentati da molti uomini armati.
Ma l’atmosfera di tensione si è ingigantita dopo, quando hanno cominciato ad emergere le voci sulla minacciosa presenza nei cieli degli Stati Uniti di “dischi volanti” di origine extraplanetaria. Li hanno visti in Utah, dove avrebbero “causato numerosi eventi paranormali”. Non sarebbe stata la prima volta. Gli oggetti volanti non identificati attraversano i cieli. I primi sarebbero stati visti nel 1952, intenti in un “volo a circolo” sulla città di Washington. Gli scettici li definirono “visioni di nonne in cortile”, ma fra coloro che li avevano avvistati c’era anche un ex presidente, Jimmy Carter, che ne aveva riferito pubblicamente. E aveva raccontato: “Li abbiamo visti tutti. La luce poi è diventata sempre più vicina. Poi si è fermata, non so a che distanza, ma di dietro ai pini. Poi improvvisamente ha cambiato colore, è diventata blu, poi rosso e poi ridiventata una luce bianca”.
Ma non sono questi ricordi ad aver accresciuto la tensione: molti americani erano ancora scossi dalle violenze compiute altrove, dalle centinaia di morti e dal “ritardo” con cui l’America è intervenuta servendosi anche della mediazione dell’Egitto. S’è riscontrato anche un collegamento, più o meno giustificato, fra la violenza militare in Palestina e quella poliziesca negli Stati Uniti. Ma anche nell’ondata di odio per gli stranieri, che negli ultimi giorni aveva investito anche gli ebrei, normalmente il popolo più amato e protetto dagli americani in memoria delle atrocità subite durante la Seconda guerra mondiale. Questo soprattutto ha origine nell’antipatia diffusa per il premier israeliano Netanyahu, che un oratore ha definito con un aggettivo storicamente riferito agli aguzzini di Auschwitz. La tensione si è poi estesa contro altri immigrati, negli ultimi giorni prevalentemente asiatici e donne. Questi dati sono stati denunciati oltre che da Rashida Tiaib, ma anche da alcune infermiere, particolarmente visibili di questi tempi, poiché impegnate nelle cure dei contagiati da Coronavirus. Anche se in grande maggioranza non si tratta di razza o aspetto mediorientale, ma di oriunde dall’Asia orientale e soprattutto dall’India. L’ha denunciato anche con un articolo sul New York Times, Chaya Bhuvaneswar, che ha insistito anche sul proprio costante atteggiamento non soltanto con gli ammalati, ma con tutti gli americani: “Non mi riconoscono soltanto dai lineamenti ma anche dal mio grembiule bianco e dal nome di un ospedale. Dovrebbe bastare a far passare la rabbia, ma in molti casi invece la acuisce. Ce l’hanno con noi non solo perché siamo asiatiche, ma anche perché siamo donne”. E forse anche per “vendicare” l’onore concesso da Biden a una donna di sangue misto e di nome indiano nominata vicepresidente degli Stati Uniti. E nella miscela di odio c’entra forse anche la paura: l’India è la terra del mondo più mortalmente assediata dal virus.
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