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I tanti volti di Obama

Una storia che nemmeno Hollywood avrebbe saputo raccontarci meglio: un afroamericano (padre keniota e madre anglosassone bianca) alla presidenza degli Stati Uniti, riscattando così secoli di discriminazioni, emarginazioni, pregiudizi, subiti dai neri americani ad opera della maggioranza bianca.
Questo secondo il copione esemplare che i mass media ci hanno presentato di Obama, primo presidente nero della storia degli USA.
A ben guardare, però, le cose non stanno esattamente così: Obama non è un discendente di schiavi e non ha conosciuto la vita dei ghetti neri. Anzi, sono stati soprattutto i valori “bianchi” della sua identità mista a fare di lui una persona senza complessi, calma e misurata, con modelli di riuscita sociale non da ghetto e con l’animo sgombro dall’elemento che è invece quasi sempre presente nell’animo di un qualunque discendente di schiavi: il vittimismo.
Fu l’America bianca, ossia fu la madre, e soprattutto furono i nonni materni presso i quali visse dall’età di dieci anni, a circondarlo d’amore e di tranquillità, garantendogli una giovinezza normale e direi privilegiata, che culminò negli studi di giurisprudenza ad Harvard, la prestigiosa università americana, trampolino di lancio per carriere di tutto rispetto. Non dimentichiamoci che il padre, immigrato africano, dopo un anno dalla nascita di Barack, disertò invece moglie e virgulto, secondo il noto pattern del “padre assente” che affligge moltissime famiglie di neri.
Dietro un aspetto afroamericano di tipo direi cinematografico, alla Sidney Poitiers – alto, snello, piacente, dal sorriso pronto, con una capigliatura folta anche se molto corta – Barack Obama compendia in sé svariate componenti umane o anime ideali, permettendo così a larghi strati di riconoscersi in lui. Obama ha scritto di sé: “I serve as a blank screen on which people of vastly different political stripes project their own view”. Ognuno, in definitiva, può dare un contenuto particolare alla poetica frase di Obama “Yes, we can!” cui è arriso tanto successo perché suscitatrice di sogni e speranze. In Obama si sono potuti riconoscere i neri e i bianchi, i giovani e i vecchi, gli appartamenti alle minoranze, gli immigrati recenti e i discendenti d’immigrati, gli occidentali ma anche gli orientali (dopotutto Obama ha avuto un patrigno indonesiano)... Vi sono stati persino politici che ne hanno voluto riecheggiare lo stile. Che si pensi al nostro Walter Veltroni, ammalato di cinematografia e di modelli americani, e al suo “Obama è uno di noi!”.
La qualità più forte di John Kennedy fu ugualmente di riuscire a fungere da schermo ideale su cui ognuno poteva proiettare i propri sogni...
Internet è stata la base del successo del nostro afroamericano così simile ad un personaggio della scena virtuale, popolata d’immagini solo parzialmente vere e animata da effetti speciali creati a tavolino. Senza Internet, Obama non si sarebbe issato con tanta disinvoltura al vertice degli USA. È stata del resto la Rete che ha permesso alla compagine di Obama di raccogliere tanto più denaro del rivale McCain, attraverso le offerte di stuoli d’internauti.
Ciò non toglie nulla alle ottime qualità che Obama sembra possedere, ma che verranno messe alla prova da una dura realtà, non “virtuale” ma “effettuale”.


Claudio Antonelli
Montreal Canada

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