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Il multiculturalismo di Obama

(Claudio Antonelli ci scrive da Montreal, Canada)


In Obama abbondano gli aspetti multiculturali: l’origine mista (padre africano e madre wasp), il nome assai poco anglosassone (Barack Hussein Obama), il soggiorno giovanile in Indonesia al seguito del patrigno indonesiano, le lingue straniere (ha una discreta conoscenza dell’indonesiano e non è totalmente digiuno di spagnolo), il fratellastro che vive in Kenia...
L’elevazione di questo afroamericano, così poco convenzionale nel suo esotismo, al vertice politico statunitense potrebbe far pensare, erroneamente, ad un indebolimento del melting pot americano a vantaggio di un multiculturalismo di tipo canadese. In realtà con Obama il melting pot americano continua. Infatti, il “sogno americano”, elemento chiave dell’identità di questa messianica terra i cui abitanti credono di avere un rapporto particolare con Dio, si ritrova inalterato nel neoletto presidente come dimostra, la notte della vittoria, il suo ispirato discorso esaltante il “richiamo intramontabile dei nostri ideali: democrazia, libertà, opportunità e una speranza indomita”.
La radice primordiale che stabilisce l’incontestabile identità statunitense di Obama è la sua nascita in terra americana (nelle Hawaii): egli è un figlio d’America perché nato in America. Paradossalmente la sua “africanità” invece di assurgere ad elemento di differenziazione rispetto alla massa degli americani – dopotutto egli è figlio di uno “straniero”: un immigrato keniota che dopo un po’ rientrò in Kenya – “americanizza” ancor più Obama collegandone la vicenda umana a quella dei neri americani, chiamati “African Americans” poiché discendenti degli schiavi che dall’Africa furono trasportati, in catene, nel Nuovo Mondo. In realtà Obama, pur essendo a pieno titolo un “African American” poiché di padre africano, non è un discendente di schiavi.
Il fatto che Obama sia nato negli USA ne ha assicurato agli occhi degli elettori l’“americanità”. I discorsi di Obama, del resto, sono tutti fortemente ispirati all’ideale patriottico, così forte in America. Patriottismo a stelle e a strisce, e non keniota o panafricano o indonesiano...

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