Alberto Pasolini Zanelli
La nuova mappa del Mar Nero disegna nuove frontiere fra i Buoni e i
Cattivi. Da una parte la nuova Ucraina uscita dalle “urne” di piazza Maidan,
l’America delle ritornanti tentazioni neoconservatrici e l’Europa sparagnina
dell’Austerity che promette vaghe generosità. Dall’altra la Russia “neoimperiale”
di Putin e delle Olimpiadi di Sochi e la Crimea. Una divisione un po’
schematica, soprattutto per l’Italia, il cui atlante storico rammenta pagine
singolari. Per cominciare, senza la Crimea, forse, non ci sarebbe l’Italia
unita.
O almeno sarebbe nata più tardi se a Cavour non fosse venuto in mente di
intrufolare il suo Piemonte in una terra esotica in una guerra cui era del
tutto estraneo, a difendere il sultano ottomano dallo zar di Russia. Oggi è un’abitudine,
quasi un dovere mandar alpini o carabinieri in Irak o in Afghanistan, allora fu
un colpo di genio di uno statista e patriota inventivo e spregiudicato: mandò i
bersaglieri a dare una mano agli zuavi di Napoleone III e ai cavalleggeri della
Carica dei Seicento. Gli inglesi ci guadagnarono il poema immortale di
Tennyson, noi la memoria della Cernaia e
il quadro in un museo storico di
Istanbul, con un bersagliere ferito sorretto da due camerati turchi. Nonché - lo
impariamo alle elementari - una sedia al tavolo della pace e un debito dell’ultimo
imperatore dei Francesi, che saldò a Solferino scaraventando gli austriaci
fuori d’Italia.
Un ricordino facile. Non, per carità, un esempio. Non ci sarà un bis. Al
massimo ci chiederanno un voto all’Onu o alla Nato, un discorsetto pensoso. Lo
scontro fra Crimea e Ucraina diventerà fra Ucraina e Russia e magari fra Russia
e America, ma troverà dei limiti nel buon senso di Obama e di Putin. E poi la Crimea
è il paese di Yalta, cinica spartizione dell’Europa. Però anche della prima arma
batteriologica della Storia, per mano dei Mongoli dell’Orda d’Oro. Decimati dalla
Peste Nera, pensarono bene di catapultarne i cadaveri dentro le mura di Kaffa, la
città in Crimea che assediavano. Prima c’erano passati gli Unni, i Goti, i
Bulgari, i Turchi, i Tartari. Li guidava un discendente di Gengis Khan Fondarono
un khanato e lo chiamarono Krim, il nome con cui conosciamo la Crimea.
Prima si chiamava Tauride e grondava destino già nella tragedia e nel Mito dei
Greci. Euripide ci mandò Ifigenia, prima profuga dalla guerra di Troia. Ben
prima di Omero Giasone c’era andato alla conquista del Vello d’Oro, che pare
guarisse le ferite, un anticipo del miracolo gentile di Florence Nightingale,
Musa della Croce Rossa e contemporanea dei bersaglieri. I Tartari erano stato
sottomessi settant’anni prima dalla Grande Caterina, pressappoco all’epoca in
cui Mosca strappava l’Ucraina alla Polonia. Con la russificazione la penisola
riacquistò molti suoi nomi europei, cioè ellenici. La capitale è ridiventata
Simferopol e Sebastopoli la base navale in cui si affrontano due flotte rivali,
eredi di quella sovietica.
La Crimea è una terra difficile e densa di sangue. Nella guerra civile che
infuriò la Russia dopo la rivoluzione bolscevica fu l’ultima spiaggia dei “Bianchi”.
Quando si arresero, nel 1920, furono massacrati dai Rossi in 50mila. Nella seconda
guerra mondiale la Crimea fu occupata dai tedeschi, accolti con simpatia da parte
dei Tartari. Al ritorno dei sovietici tutti furono puniti con la deportazione
nell’Asia centrale, dove la metà morì di stenti. La “pulizia etnica” era in
corso il giorno in cui Roosevelt e Churchill furono accolti da Stalin a Yalta
per il “vertice” che sancì la spartizione dell’ Europa.
I superstiti poterono rientrare dopo il dissolvimento dell’Urss, ma già nel
1954 il successore di Stalin Nikita Kruscev, ucraino di nascita, aveva
“trasferito” la Crimea dalla sovranità russa a quella ucraina. I Russi
costituiscono il 60 per cento degli abitanti, gli Ucraini il 25, i Tartari il
12. In tutte le elezioni ha prevalso il partito guidato da Yanukovich, deposto
dalla piazza e dal Parlamento di Kiev: un metodo che i Russi di Crimea paiono
voler imitare. Memori, i Tartari si schierano con gli ucraini e scendono in piazza
a loro volta. Mosca mobilita cacciabombardieri, Kiev denuncia una “aggressione”
Washington distribuisce moniti, le due flotte di Sebastopoli si guardano più in
cagnesco che mai.
Una guerra di secessione? Un pretesto per i nostalgici della Guerra Fredda?
O Yalta srotolerà tappeti rossi per un altro piccolo vertice di spartizione? Una
nuova Peste Nera è un incubo remoto. E nessuno offre bersaglieri. Se vuole
rimanere unita, l’Italia stavolta deve arrangiarsi.