Alberto
Pasolini Zanelli
L’Ucraina torna
ad esplodere. A ritmi sempre più serrati, dai giorni di quella rivoluzione
color arancio che, come poi la Primavera Araba , accese tanti entusiasmi e
speranze premature. Fu sconfessato, allora, un verdetto delle urne inquinato e
vinsero invece i partiti “occidentalisti”, che aspiravano a integrare il Paese
in Europa e nella Nato, tranciando il cordone
ombelicale millenario con la
Russia. Però poi gli “amici” di Mosca rivinsero le elezioni e, tornati al potere, ne abusarono, per
esempio gettando in carcere il leader uscente Julija Timoshenko. Il nuovo presidente
Yanukovich, cercò, per il resto, di barcamenarsi, tenendosi buono Putin e
incamminandosi sulla strada di una cooperazione con l’Ue. Finché fu costretto a
scegliere e proprio nei giorni in cui avrebbe dovuto concludere le trattativa
con Bruxelles, si tirò indietro, “convinto” da un massiccio prestito
finanziario del Cremlino.
Da allora parla
la piazza. Il governo alterna repressione e concessioni. Gli oppositori a volte
vengono arrestati e maltrattati e altre volte si vedono offrire la presidenza
del Consiglio. Ma poi si torna agli
scontri, ogni volta più sanguinosi e letali. E la crisi si internazionalizza,
si trasforma in duello tra Stati Uniti e Russia, in una
sequela anacronistica della Guerra Fredda. Putin vorrebbe restituire alla
Russia un ruolo di grande potenza e una zona di influenza il più possibile
simile a quella che spettò all’Urss dopo la Seconda guerra mondiale.
E gli ucraini
cosa vogliono? Sono divisi, non solo dalle idee ma soprattutto dalla loro
Storia travagliata, di un passato che non è passato. La Russia non nacque a Mosca
ma proprio a Kiev, con l’avvento del cristianesimo ortodosso e il mito della
Terza Roma. Ma poi l’epicentro si spostò a Nord e l’Ucraina appartenne per
secoli non a Mosca ma a Varsavia, fino alla spartizione della Polonia quasi
contemporanea alla Rivoluzione francese. Durante la Prima guerra mondiale e la
guerra civile russa vi si affrontarono armate bolsceviche, zariste, tedesche, polacche,
nazionaliste. Vinsero i Rossi e l’Ucraina diventò il “granaio” dell’Urss mentre
i suoi cittadini venivano fatti morire di fame; fino alla nuova invasione
tedesca che vide parecchi ucraini allearsi con Hitler pur di combattere Stalin.
Forme di guerriglia si prolungarono fino al 1950. Gli spiriti sono così divisi che
una recente celebrazione della “liberazione” del 1945 è stata recentemente
inscenata da soldati senza uniformi riconoscibili.
Quella guerra
costò all’Ucraina sette milioni di morti. I ricordi sono antichi e potenti, si
intrufolano nei calcoli politici ed economici. Forse saranno egualmente questi
ultimi a prevalere. L’Ucraina paga petrolio e gas russi più cari, per esempio,
dell’Italia. Potrà trasferirsi nel campo occidentale le reiterate violenze lo
rendono più probabile, le esperienze no. Sulla piazza in cui roteano in queste
notti le spade elettroniche dei duelli un presidente americano, George H. Bush,
parlò da un balcone poche settimane prima della dissoluzione dell’Urss, freneticamente
applaudito. Ma consigliò agli ucraini di portare pazienza.
Pasolini.zanelli@gmail.com