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La mafia avrebbe già steso l’ala protettrice su Cosa Sua



Alberto Pasolini Zanelli
“Non è vero, ma ci credo”. O almeno, in questo caso, è molto difficile che sia vero ma un po’ sì, per prudenza, ci si può credere. È una delle tante indiscrezioni sul futuro del Califfato e anche nostro, dal momento che ai nostri destini è capitato di incontrarsi. La vox Isis minaccia l’Italia, la vox populi ci tranquillizza, almeno per quanto riguarda il nostro Sud, prima di tutto la Sicilia, nel pezzo d’Italia che geograficamente e anche storicamente è più vicina al mondo arabo e dunque teoricamente più vulnerabile alle minacce riassunte nel monito “Presto toccherà a voi che state a Sud”. Dopo Parigi e magari Bruxelles, potrebbe venire Roma o Palermo. Che però hanno concepibilmente dei protettori: celesti nel caso della Città Eterna, terreni e anzi sotterranei l’altra. Qualcuno ha messo in giro la voce: l. Era già successo durante la Seconda guerra mondiale, sotto il nome di Lucky Luciano, liberato dal carcere Usa, trasformato in “collaboratore” e “interprete” in tempo per facilitare lo sbarco americano in Sicilia nell’estate del 1943. Staremo a vedere, o meglio speriamo di non doverlo mai vedere, che sia soltanto una voce suscitata da una minaccia che potrebbe essere soltanto generica.
I piani dell’Isis non li conosce nessuno, anche se avanzare ipotesi è diventato un po’ meno arduo, purtroppo perché significa che il mondo è stato costretto a fare la conoscenza delle strategie e delle mete del Regno del Terrore. Della sua forza ma anche delle sue debolezze. L’esercito del Califfo è armato fino ai denti, non conosce scrupoli, non esita a ricorrere alla forza dandole la precedenza anche sulla “convinzione”, cioè sulla propaganda. Anche se si serve dei mezzi delle più moderne tecnologie, inclusi i più azzardati, che le permettano di esaltare i propri successi di reclutamento, di servirsene anzi come “investimento” per togliere sempre più denaro. I metodi li conosciamo, la scelta offerta è pagare il pizzo (soprattutto petrolifero) o beccarsi le bombe. Molti preferiscono il pizzo, fornendo così la misura della “popolarità” di quell’“impero” in terre sempre più estese.
Compresi, però, anche i dati dei punti deboli. Li ha rivelati di recente uno strumento molto moderno e di solito non usato per statistiche belliche o militari: un sondaggio. Anzi, una serie di sondaggi. Di domande che si riducono poi a una che conta: nei vari Paesi coinvolti nella “guerra santa” in corso, cioè soprattutto nel cosiddetto mondo islamico. Leggendo si trova conferma a un dato in sé intuibile: la maggioranza dei musulmani non appoggia affatto l’Isis, i suoi fini, i suoi sogni, meno che mai i suoi metodi. Non ci sorprende perché il contrario era semplicemente impensabile, soprattutto in una comunità mondiale di un miliardo e mezzo di esseri umani.
Ma il dato più interessante se non addirittura sorprendente deriva dalla loro distribuzione geografica. Ai fedeli era stata posta una domanda, “Approvate l’Isis?” e tre possibili risposte “Sì”, “No”, “Non so”. In nessuno dei Paesi interpellati il “sì” prevale. In alcune comunità accade che gli indecisi siano numerosi. In quasi tutti gli altri Paesi “vince” seccamente il “no”. E il ripudio o il rifiuto di questa guerra crudele in nome dell’Islam è plebiscitario in tutti i “Paesi arabi”. Nel Nord Africa, nell’Asia Minore, nelle propaggini europee dell’Islam, nelle terre dove i fedeli di Maometto sono in maggioranza o in minoranza, perseguitati o persecutori. Perpetratori o vittime. Cosa ancora più significativa, l’assenso alla jihad è minimo nelle terre e nelle comunità in cui ci si poteva o si potrebbe aspettarsi il contrario: nel triangolo che comprende il Libano, la Giordania e che ha la “capitale morale” in Palestina. La “guerra santa” è desiderata, attesa da un palestinese su venti, compresi i profughi, gli esuli, l’“esercito” lasciato in eredità da Arafat, perfino gli abitanti di Gaza. Quanto alla Giordania e al Libano, che traboccano di esuli palestinesi, la percentuale sfiora o tocca addirittura lo zero. Coloro che potrebbero avere più attenuanti se si schierassero con gli estremisti, ne rifuggono quasi all’unanimità. È una sorpresa importante, più che significativa, cui fa da contraltare l’inferno imposto al Mali e alla Nigeria di Boko Haram. Una sorpresa che andrebbe meditata nelle trincee contrapposte.