Rosario Amico Roxas
La guerra che imperversa in Medio oriente è la
conseguenza diretta dell’intervento militare
occidentale in quell’area; la religione è diventata il collante delle
rivendicazioni individualiste, mentre l’alta borghesia si serve della religione
per fomentare sopite divergenze e rianimare le stragi interne… il tutto per
servire i nuovi padrini del neo-colonialismo che garantiscono lucrosi commerci,
carpendo ampi vantaggi.
L’esigenza di manodopera a basso costo da parte dell’Occidente si è aggravata nel secolo scorso con la pretesa occidentale di controllare le fonti energetiche per averne il monopolio, da qui le guerre per il petrolio.
Combinate in questo modo, le due esigenze fuse insieme e sostenute anche con guerre chiamate “preventive”, hanno consentito al mondo occidentale pilotato dagli USA sia di gestire la forza lavoro di interi continenti, per sfruttare la delocalizzazione produttiva, sia di impadronirsi della rendita parassitaria delle risorse petrolifere e altro, come pani di droga contro armi.
Le conseguenze per le popolazioni sono state, sono e diventeranno sempre più devastanti, perché alle già precarie condizioni ambientali, il cui sviluppo è stato mortificato dalle colonizzazioni, si aggiungono le condizioni disumane e affamanti della globalizzazione dei mercati, nonché minacciati da guerre che provocano bombardamenti e morte di civili inermi.
E’ l’impostazione dell’imperialismo, sia di quello democratico occidentale, che di quello socialista orientale; entrambi hanno rinnovato quella colonizzazione che nei secoli scorsi fu militare, e, con la nuova colonizzazione, è diventata economica.
Questo è stato il brodo di coltura nel quale il fondamentalismo prima e l’integralismo poi hanno fatto proliferare il nazionalismo arabo, coniugandolo con la religiosità.
La religione diventa supporto delle esigenze sociali mortificate prima dal colonialismo su base militare di conquista, ora dall’imperialismo che vuole imporre il suo “nuovo ordine” su base economica e di sfruttamento di intere popolazioni, sia sotto il profilo del lavoro, che delle materie prime.
La realtà odierna richiama la sua stessa storia, che trova nei secoli l’accoppiamento religione-potere, con una continuità nel tempo che non trova riscontri nei governi occidentali.
Le borghesie islamiche di tutte le etnie, che hanno detenuto il potere nelle sue varie forme, ma sempre centralizzato e assolutistico, hanno sempre utilizzato i precetti coranici per supportare il loro potere politico, economico e sociale.
Trattandosi , per lo più, di agnostici che si servono della religione, ogni etnia si è sempre richiamata ad una pretesa discendenza diretta dal profeta, identificandosi con una confessione che fornisce il suggello al dominio di classe, decretandosi capi religiosi oltre che politici.
Gli esempi non mancano, suggellati da ragioni storiche, da antiche consuetudini e da radicate convinzioni.
L’esigenza di manodopera a basso costo da parte dell’Occidente si è aggravata nel secolo scorso con la pretesa occidentale di controllare le fonti energetiche per averne il monopolio, da qui le guerre per il petrolio.
Combinate in questo modo, le due esigenze fuse insieme e sostenute anche con guerre chiamate “preventive”, hanno consentito al mondo occidentale pilotato dagli USA sia di gestire la forza lavoro di interi continenti, per sfruttare la delocalizzazione produttiva, sia di impadronirsi della rendita parassitaria delle risorse petrolifere e altro, come pani di droga contro armi.
Le conseguenze per le popolazioni sono state, sono e diventeranno sempre più devastanti, perché alle già precarie condizioni ambientali, il cui sviluppo è stato mortificato dalle colonizzazioni, si aggiungono le condizioni disumane e affamanti della globalizzazione dei mercati, nonché minacciati da guerre che provocano bombardamenti e morte di civili inermi.
E’ l’impostazione dell’imperialismo, sia di quello democratico occidentale, che di quello socialista orientale; entrambi hanno rinnovato quella colonizzazione che nei secoli scorsi fu militare, e, con la nuova colonizzazione, è diventata economica.
Questo è stato il brodo di coltura nel quale il fondamentalismo prima e l’integralismo poi hanno fatto proliferare il nazionalismo arabo, coniugandolo con la religiosità.
La religione diventa supporto delle esigenze sociali mortificate prima dal colonialismo su base militare di conquista, ora dall’imperialismo che vuole imporre il suo “nuovo ordine” su base economica e di sfruttamento di intere popolazioni, sia sotto il profilo del lavoro, che delle materie prime.
La realtà odierna richiama la sua stessa storia, che trova nei secoli l’accoppiamento religione-potere, con una continuità nel tempo che non trova riscontri nei governi occidentali.
Le borghesie islamiche di tutte le etnie, che hanno detenuto il potere nelle sue varie forme, ma sempre centralizzato e assolutistico, hanno sempre utilizzato i precetti coranici per supportare il loro potere politico, economico e sociale.
Trattandosi , per lo più, di agnostici che si servono della religione, ogni etnia si è sempre richiamata ad una pretesa discendenza diretta dal profeta, identificandosi con una confessione che fornisce il suggello al dominio di classe, decretandosi capi religiosi oltre che politici.
Gli esempi non mancano, suggellati da ragioni storiche, da antiche consuetudini e da radicate convinzioni.
· I sovrani del Marocco
vantano la diretta discendenza da Maometto.
· I sovrani della Giordania preferiscono definirsi “re degli hascemiti”, piuttosto che dei giordani; gli hascemiti appartengono alla tribù di appartenenza di Maometto e vantano il diritto di essere considerati “custodi delle città sante”, che si trovano in Arabia, sotto la dinastia Saud che ne rivendica l’appartenenza, con una insanabile frattura tra le due case regnanti.
· A loro volta i Saud legittimano il loro potere con l’appartenenza alla confessione Wahabita, alla quale, per motivi di cartello petrolifero, hanno aderito gli emiri del golfo, gli Al Sabbah del Kuwait, gli Yemeniti e i teocratici Omanidi.
· La Siria ufficialmente è una repubblica presidenziale, ma presidenziale al punto da non potersi distinguere da una monarchia assoluta, anch’essa avallata dall’appartenenza alla confessione alawita.
· Anche il laico libano di Jhumblat è governato in nome di una enclave drusa, che trae origine da Al Darazi, che secoli fa fondò una delle tante scissioni sciite, che approdò ad un movimento politico del quale oggi Walid, come prima di lui il padre, è signore e padrone.
· I sovrani della Giordania preferiscono definirsi “re degli hascemiti”, piuttosto che dei giordani; gli hascemiti appartengono alla tribù di appartenenza di Maometto e vantano il diritto di essere considerati “custodi delle città sante”, che si trovano in Arabia, sotto la dinastia Saud che ne rivendica l’appartenenza, con una insanabile frattura tra le due case regnanti.
· A loro volta i Saud legittimano il loro potere con l’appartenenza alla confessione Wahabita, alla quale, per motivi di cartello petrolifero, hanno aderito gli emiri del golfo, gli Al Sabbah del Kuwait, gli Yemeniti e i teocratici Omanidi.
· La Siria ufficialmente è una repubblica presidenziale, ma presidenziale al punto da non potersi distinguere da una monarchia assoluta, anch’essa avallata dall’appartenenza alla confessione alawita.
· Anche il laico libano di Jhumblat è governato in nome di una enclave drusa, che trae origine da Al Darazi, che secoli fa fondò una delle tante scissioni sciite, che approdò ad un movimento politico del quale oggi Walid, come prima di lui il padre, è signore e padrone.