Guido Colomba
L'ottanta per cento dei crediti concessi
dalla Bce alle banche (le riserve in eccesso ammontano a 566 miliardi) torna
ad essere ridepositato (a tassi negativi -0,2%) presso la banca centrale
europea. Una strategia che sconfessa il tentativo di favorire, con i prestiti
Ltro e con il QE, il finanziamento dell'economia reale. Nello stesso tempo,
quattro banche italiane sono state "salvate" con fondi forniti dal
sistema bancario nazionale (cioè senza un solo euro fornito o garantito dallo
Stato) per l'ottusità della Commissione di Bruxelles che per lunghi mesi ha
bocciato almeno altre due soluzioni decisamente meno onerose, salvo aver
chiuso gli occhi in passato quando Francia e Germania hanno fornito aiuti di
Stato. Perchè di questo si tratta: circa 130mila piccoli azionisti e 15 mila
obbligazionisti di Banca Marche, Cariferrara, Banca Etruria e CariChieti
hanno subito perdite rovinose. Gli azionisti sono stati azzerati; gli
obbligazionisti hanno perso in media 236 milioni di euro su 788 milioni,
circa il 30% del totale. In pratica il bail-in europeo, che entra in vigore
dal primo gennaio, è stato anticipato in forma "punitiva" per molti
risparmiatori italiani. Come in altre occasioni si registrano le tardive
richieste della Consob per una maggiore trasparenza verso la clientela bancaria
in tema di bail-in. Una situazione che denuncia la pressochè perenne
debolezza negoziale italiana presso Bruxelles. Anche Matteo Renzi ha
ricordato che l'Italia contribuisce alle spese europee per circa 20 miliardi
di euro all'anno mentre ne ritornano indietro solo 11 miliardi. Una
statistica, regolarmente ignorata dall'opinione pubblica (governanti
compresi) del Nord Eruropa, che arricchisce la casistica dei pregiudizi. Di
certo la classifica della redditività (return on regulatory capital) delle
banche italiane non è entusiasmante e si colloca al 5,1% rispetto al 9,1%
della Francia e il 6,2% della Germania. Ma le statistiche sono spesso
interpretabili. Nel caso delle quattro banche oggetto del salvataggio vi è la
coda velenosa dei contratti derivati associati a molti dei prestiti concessi.
E' una questione annosa che purtroppo vede da molti anni lo staff di via XX
Settembre (Mef) prediligere, anche per il debito dello Stato, questa forma di
"leva speculativa" che, guarda caso, produce solo perdite per l'Italia
sia pubblica che privata (emblematico il caso Monte Paschi). Un pò in
ritardo, le banche italiane nel 2015 hanno tirato il freno nella emissione di
bond subordinati (quelli che vengono sacrificati con la nuova normativa
europea). Da 77,9 miliardi del 2012 siamo scesi a 19 miliardi (primo
semestre) rispetto ai 41 miliardi della Germania, ai 60 miliardi della
Francia, ai 37,2 della Spagna e 48,9 del Regno Unito. Ciò che soccorre
l'Italia sono soprattutto due fattori: la debolezza a dodici mesi del dollaro
(-15%) e del petrolio (-45,1%) come testimonia l'export in attivo di 3,53
miliardi a fine ottobre grazie alla corsa di Stati Uniti e dell'Europa ma con
l'allarme per la crisi dei Brics e il rallentamento del resto del mondo. Un
outlook che preoccupa la
Bce. L'inflazione "core", al netto dei prezzi
dell'energia, è ferma all'1% e per arrivare all'obiettivo del 2% occorre
sostenere la domanda (di qui la "flessibilità"chiesta e ottenuta
dal governo Renzi per la legge di stabilità). In merito l'economista Krugman
sottolinea che oramai su questa analisi concordano le due scuole di pensiero
che finora si sono date battaglia. Un equilibrio che fa galleggiare i mercati
finanziari.
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