Alberto Pasolini Zanelli
Il sistema che
regge le elezioni regionali in Francia è fra i più complessi d’Europa. Prima si
vota per un partito, poi contro, non necessariamente lo stesso. Si vota per i
candidati alla presidenza che però verranno eletti, il mese anzi l’anno
prossimo, dai deputati regionali. Si applicano i premi di maggioranza, si
consentono le fusioni fra liste diverse e opposte. Per capire qualcosa i
cittadini non specialisti possono però agganciarsi a una spiegazione molto
secca e rapida, a una formula “au premiere tour l’on choisit, au deuxieme l’eliminit”,
al primo turno si sceglie, al secondo si elimina. È quello che è accaduto
stavolta, anche se in dimensioni senza precedenti. Al primo turno si erano
presentati tre grossi partiti e i francesi avevano scelto il Front National:
era il modo migliore per dire di no a coloro che governano a Parigi, i
socialisti e a coloro che guidano l’opposizione “storica”, la Destra Repubblicana
guidata dall’ex presidente Sarkozy. Delle tredici regioni, sei avevano scelto
l’estrema destra di casa Le Pen, che però in nessuna regione aveva ottenuto la
maggioranza assoluta, in testa in sei regioni su tredici, quattro avevano scelto
la Destra di
Sarkozy e tre i socialisti del presidente Hollande. Era andato alle urne un
francese su due. Al secondo turno si trattava di eliminare e la legge
elettorale lo consentiva. Nelle gare a tre il Fronte Nazionale era arrivato in
testa, nel “ballottaggio” a due destra e socialisti si erano “fusi” e la scelta
era fra l’estrema destra e “tutti gli altri”. On a eliminé. Hollande e Sarkozy avevano trovato la formula giusta,
dal momento che in una circoscrizione elettorale francese quasi mai un
candidato o un partito ottengono la maggioranza assoluta, ma due minoranze
sommate prevalgono di solito su quella “solitaria”. “Fondersi” non è facile,
spesso è pericoloso, qualche volta può essere necessario. E così è stato
domenica. Questo perché nel primo scrutinio, quello in cui si sceglie, era
venuta fuori una scelta allarmante per più della metà dei francesi: quelli di
sinistra e quelli di centrodestra. Le signore Le Pen, zia e nipote, non
bastavano, non erano mai bastate, a fare il pieno da sole. Ma a decidere è
stata non soltanto la scelta astuta dei partiti dell’establishment, ma il cambiamento d’umore di milioni di francesi:
quelli che al primo turno avevano disertato le urne, esprimendo così (ma in
forma più blanda) la loro sfiducia all’establishment.
L’affluenza era stata inferiore al 50 per cento. La domenica dopo ha superato
il 60 per cento. I simpatizzanti dell’estrema destra avevano fatto il pieno:
non c’erano tra loro disertori delle urne. C’erano invece gli indecisi, i
pigri, i fautori del “questo o quello per me pari sono”. Con la famiglia Le Pen
in testa in sei regioni su dodici, lo slogan “qualunquista” aveva perso valore.
C’era qualcuno, adesso, agevole e anzi piacevole da votare ma pericoloso da far
vincere. Dal linguaggio troppo “forte”, dagli atteggiamenti tutto fuorché “di
centro”. Queste elezioni regionali, destinate a eleggere corpi legislativi in
un Paese tradizionalmente centralista come la Francia (eppure paragonabili
ai Laender tedeschi e anche italiani, per non parlare delle legislature statali
americane), hanno finito con il premiare invece una formula sostanzialmente centrista
(che mette assieme per una volta gli avversari di sempre, oggi non più neppure
concorrenti). Che invece si sono scambiati i favori: “Tu dai la Provenza a me, io do la Bretagna a te; io la Borgogna a te, tu la Loira a me”. E il Front
National quasi sempre secondo, senza premi e senza seggi, seccamente sconfitto
esattamente sette giorni dopo avere trionfato nelle stesse regioni, nelle
stesse città, in qualche caso forse anche nei calcoli dei cittadini.
Cinque regioni alla
sinistra, cinque alla destra. Tre in bilico, ma all’interno del club dei due
soci provvisori. A Roma si chiamava “arco costituzionale”, a Parigi Solidarietà
Repubblicana. Passato l’allarme, forse sfioriranno anche gli entusiasmi. La Francia, l’Europa, il
mondo tornerà a parlare meno di zia Marine e nipote Marion Le Pen e di più di
Hollande e di Sarkozy. Che avranno poi le stesse gatte da pelare. Dall’economia
“stanca” alla partita mondiale contro l’Isis e i suoi Califfi.