Alberto
Pasolini Zanelli
Centocinquanta
Paesi del mondo sono presenti al vertice più mondiale di tutti i tempi, quello
in corso a Parigi che dovrebbe “risolvere” o almeno decidere come affrontare
quello che viene definito il pericolo numero uno per il pianeta: quei mutamenti
atmosferici che ogni tanti milioni o miliardi di anni aprono una nuova era ma
cui pare questa volta contribuiscano anche le attività dell’uomo o almeno le
loro scorie. Di quei centocinquanta governi, almeno sessantacinque, secondo gli
ultimi calcoli, sono impegnati in una forma o nell’altra (conducendo guerre o
rivoluzioni, alimentandole con aiuti militari diretti o indiretti, dalle
invasioni ai bombardamenti alle forniture di strumenti più o meno bellici).
Hanno dedicato finora, è facile desumerlo, più attenzione ai problemi e ai
rischi più immediati. Ben pochi fra quei capi di Stato o di governo, è certo,
hanno trovato tempo e voglia di prendere in esame un contributo scientifico
davvero “rivoluzionario” e soprattutto controcorrente. Una relazione che in
sostanza dice che le guerre a volte fanno bene all’ecologia. Lo dice un saggio
pubblicato sulla rivista Science Journal
e compilato da un ricercatore del Max Planck Institute per la chimica a Magonza,
usando strumenti che si trovano a bordo di un satellite della Nasa. Da lassù ci
fanno l’esame. Hanno misurato, fra l’altro, il biossido di nitrogeno, il
prodotto della combustione dei “carburanti fossili” , usando i dati delle
reazioni chimiche che producono ozono e smog come indicatori delle attività
economiche e della efficacia delle misure contro la polluzione atmosferica e
hanno scoperto che questa cala in misura importante durante le guerre. I dati
più freschi vengono, naturalmente, dal Medio Oriente. I livello dello “sporco
atmosferico” sono calati in Siria, soprattutto su Damasco e Aleppo; nel cielo
di Beirut (Libano) e in Irak, su Bagdad, Samarra e Tikrit, centro del potere
dell’Isis. Questi Paesi avevano vissuto una specie di boom economico fra il
2005 e il 2010, ma anche una delle crescite più rapide nel mondo delle
polluzioni. Dal 2010 in poi, invece, si è verificato un rapido declino in
contrasto con la tendenza nel resto del mondo. Nel Medio Oriente la terra
brucia e la gente muore, ma i cieli si puliscono, mentre altrove la pace e lo
sviluppo li sporcano.
Lo dice uno
scienziato, altrimenti potrebbero scambiarlo per un lettore un po’ ritardatario
delle profezie di Filippo Tommaso Marinetti, che proprio nell’ora dello scoppio
del primo conflitto mondiale aveva invocato la guerra come “sola igiene del
mondo”. Un “culto” evidentemente fuori di moda. Nessuno invoca più la guerra,
anche se molti continuano a praticarla assiduamente. Le deduzioni dai dati
scoperti dal cielo sono stringate e logiche: dove scoppia una guerra l’attività
economica conosce il declino, il tenore di vita cala o crolla, molte attività
diventano proibitive, il deserto riguadagna terreno. La “temperatura” si
abbassa rivelata dal “termometro celeste”.
Concluso il grande
vertice, avranno tempo i singoli leader di scorrere i documenti, i risultati di
queste ricerche? Fino in fondo, però. Altrimenti qualcuno potrebbe correre il
rischio di riesumare Marinetti, con intenzioni e passioni anzi opposte. Se però
leggeranno fino in fondo, scopriranno che la scienza offre anche spunti
riequilibratori. Se è vero che durante una guerra le attività economiche e
produttive calano e così, di conseguenza, le polluzioni atmosferiche perché una
terra spopolata “sporca” meno il cielo, dunque che la guerra crea povertà, è
anche vero che la povertà suscita guerre. Quello strumento “magico” che dalla
pancia di un satellite artificiale ci guarda dentro le lenzuola ci fornisce
anche, per esempio, gli altri dati sugli stessi Paesi. Il declino della
polluzione atmosferica, oggi come oggi, è una conseguenza di una “caduta” dell’economia
e col conseguente aumento delle tensioni politiche, delle violenze e spesso
delle guerre. “Che sono sempre delle catastrofi ecologiche – avverte uno studio
della Columbia University – perché richiedono l’uso di armi sempre più moderne
e più potenti”.