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Ue, una corsa contro il tempo


                                 
 Guido Colomba
  Il fallimento della politica imposta dalla Merkel all’origine della crisi europea. L’Italia chiede una svolta


E' una corsa contro il tempo (le riforme devono convincere gli italiani che il Paese sta cambiando) quella che Matteo Renzi deve intraprendere per riuscire a contrastare l'implosione europea esaltata dalla vittoria di Marine Le Pen. Altrimenti, come afferma il presidente del parlamento europeo, Martin Shultz, "c'è il rischio che in dieci anni l'Unione europea scompaia" per lo scetticismo nazionalista interno e per gli effetti disgregatori che la "terza guerra mondiale a pezzi" sta producendo. Non a caso, per la prima volta i media europei affermano che la Merkel rischia il posto (in Germania si vota tra una settimana) dopo il calo di consensi per le sue posizioni a favore degli immigrati. La velocità del cambiamento è impressionante. Secondo Morgan Stanley, Black Rock, il gigante globale, avrebbe visto riscatti per 31 miliardi di dollari (trend analogo per i big dell'asset management). Anche i fondi "sovrani" in soli tre mesi hanno ritirato 19 miliardi rendendo palese il forte impatto del calo del petrolio (complice la politica dell'Arabia saudita in sede Opec) sceso sotto i 40 dollari al barile rispetto ai 110 dollari di sette anni fa. A loro volta i minerali sono ai minimi degli ultimi 7-9 anni. L'effetto domino sta colpendo ovunque, dall'Australia al Brasile, dalla Russia al Sud Africa. La deflazione è il risultato di questa situazione anche se le banche centrali continuano a chiamarla "bassa inflazione". Con i tassi a zero (o sotto zero) si accentua la crisi della middle class: il risparmio finanziario non rende più e si cumula alla scomparsa della rendita immobiliare. Il motore dello sviluppo si è fermato. Ed è questo l'errore francese sotto la guida di Sarkozy e Hollande. Entrambi hanno dato spago alla Merkel, hanno ignorato gli avvertimenti di Washington ed hanno mantenuto un "welfare state" senza speranza e senza orizzonte. Ha vinto Le Pen e non poteva essere altrimenti. In fondo i mercati riescono (quasi) sempre ad anticipare gli avvenimenti. Ciò spiega la freddezza che ha accolto le decisioni della Bce della scorsa settimana: si è subito capito che il secondo QE con l'ulteriore immissione di liquidità - senza però superare il livello dei 60 miliardi al mese- e la maggiore penale (meno 0,30%) sui depositi bancari non avrebbe mutato di molto il trend dell'economia reale. L'Italia chiede una svolta. L'intesa di Renzi con la Merkel è oramai in retro marcia. Il governo ha pagato molti prezzi ed ha trovato pochi margini di manovra a Berlino, irrigidita anche sul problema della "bad bank" con la coda velenosa del salvataggio in extremis delle quattro banche (Etruria, Banca Marche, Cassa Ferrara e Chieti). Nessuno pensava che i risparmiatori (azionisti e obbligazionisti) avrebbero pagato un conto così salato a differenza di quanto avvenuto in Francia, Germania, Olanda e Gran Bretagna. Un bilancio fallimentare per i superburocrati di Bruxelles incapaci, dopo sette anni dal fallimento della Lehman Brothers, di risolvere equamente il problema del riequilibrio economico delle banche afflitte dai non performing loans. Inoltre, il tema dei derivati è ancora in alto mare. Solo nei bilanci 2016 (con il recepimento della direttiva 34/2013) vi sarà una verifica "simmetrica" dei contratti in strumenti derivati ove venga documentata una stretta correlazione con il rischio oggetto di copertura. Ed è un mistero sul motivo che ha indotto la Vigilanza della Banca d'Italia a consentire per tanti anni questo tipo di contratti anche alle banche in chiara difficoltà patrimoniale. Tuttavia Renzi e Padoan hanno ragione quando affermano che la situazione va migliorando. Le start up sono a quota 5 mila. Una su cinque è in Lombardia. L'elettronica (smartphone ed elettrodomestici) con un balzo del 3% nei primi nove mesi conferma che i consumi interni delle famiglie si stanno risvegliando come attesta la forte espansione delle auto. Le esportazioni continuano un trend positivo (superano il 20% del Pil) nonostante la grave crisi internazionale. Infine le entrate fiscali sono in aumento del tre per cento nei primi dieci mesi. Una spinta positiva (dopo l'Expo) può giungere dal Giubileo. Vi è una ulteriore riflessione: per la prima volta si parla di economia reale e non di bolle finanziarie.