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Ue-Italia, tre quesiti


Guido Colomba

Oggi, più che mai, è il momento della diplomazia. Il dirigismo di Berlino e la burocrazia di Bruxelles possono determinare l'implosione dell'unione europea molto prima dei dieci anni previsti dal presidente del parlamento europeo Martin Shultz. Le accuse dell'Italia alla Merkel ed alla guida "one-sided" (cioè teutonica) della politica europea sollevano tre quesiti. Primo. Perchè l'Ialia non ha condizionato l'accettazione della direttiva sulla "risoluzione" (il famoso bail-in) delle banche alla contestuale attuazione del fondo assicurativo europeo, ora messo in discussione dal governo di Berlino? Di fatto, le banche - dopo questo accordo europeo - sono oramai direttamente o indirettamente sottoposte al controllo della Bce. Le crisi delle banche obbediscono alla dottrina dei "salvataggi armonizzati" con le conseguenze emerse a tutto danno dei risparmiatori con il “salvataggio” delle quattro banche. Sembra che la diplomazia italiana non sia in grado, durante le trattative, di fare una analisi "cost and benefit" al fine di salvaguardare gli interessi nazionali (ha versato 52 miliardi di euro per i salvataggi delle banche europee mentre le è stato vietato di utilizzare il fondo bancario italiano per un ammontare non superiore ai 4,5 miliardi....). Altro che aiuti di Stato. Secondo. Il Patto di Bilancio europeo, approvato dal governo Monti nel 2012, prevede che l'Italia riduca il suo debito pubblico a un livello del 60% del suo PIL entro 20 anni a decorrere dal 2015 (slittato all’anno prossimo). In pratica, dovrebbe ridurre il proprio debito (supera i 2200 miliardi di euro) di 50-55 miliardi all'anno. Qualcosa che equivale al 3,5% del Pil all'anno con l’aggravante di una inflazione (di fatto una deflazione) ben lontana dal 2% che rappresenta l’obbiettivo ufficiale della Bce. E' credibile? Come ha fatto Saccomanni (all'epoca direttore generale della Banca d'Italia), nominato ministro dell'Economia e della Finanza, a suggerire a Monti addirittura la ratifica parlamentare (art. 81 della Costituzione) di un obiettivo molto simile al "libro dei sogni"? Terzo. L'Italia (con una quota di Pil prossimo al 17,5% dell’eurozona) contribuisce alle spese dell'Unione europea per circa 20 miliardi all'anno e ne riceve a vario titolo non più di 12 miliardi con una perdita secca di otto miliardi di euro. Quale procedura la diplomazia italiana intende assumere per avviare una nuova trattativa sui diritti-doveri cui ogni Stato membro ha diritto al netto di lacci e laccioli (occorre una maggioranza qualificata per ribaltare le decisioni della Commissione) ? Troppi convegni economici terminano nel nulla. L'auspicio per il 2016 è proprio questo: chiedere al governo italiano di affidare alla revisione delle regole comunitarie la definizione di uno scenario europeo degno delle aspettative dei cittadini " tax payers". Altrimenti l'antica regola di “bloccare” il bilancio Ue può essere utilmente utilizzata per affermare i diritti di uno Stato fondatore dell'Unione europea. Il Regno Unito, in materia di revisione dei trattati, rappresenta un utile riferimento. Il successo economico ottenuto dagli Usa sancisce impietosamente il fallimento della modello tedesco. Sotto osservazione anche il sistema di relazioni internazionali di Berlino che in molti casi è risultato contrario agli interessi europei.