Guido Colomba
Il problema tedesco, denunciato
anche dal presidente degli industriali europei Emma Marcegaglia (“alt ai
superpoteri della Germania”), è accentuato dalla incertezza su Brexit. A
Bruxelles (su indicazione di Francoforte) si afferma che se Londra uscirà
dall’Europa i mercati finanziari crolleranno in un clima di crisi recessiva
totale. In realtà il problema è racchiuso nella gigantesca bolla finanziaria che si è
ricreata a distanza di otto anni dall’esplodere della crisi dei mutui sub
prime. L’Europa galleggia su una zattera alla deriva che ha avvantaggiato la
Germania a tal punto da conseguire per otto anni consecutivi
il maggior surplus commerciale del mondo in barba al trattato europeo che
vieta gli eccessi strutturali di bilancio. Bruxelles ha sempre taciuto con il
pieno consenso della Francia. Purtroppo, anche la politica monetaria
espansiva (QE) della Bce sta esaurendo le sue munizioni. I tassi sotto zero
stanno generando un triplice corto circuito: (1) hanno messo in ginocchio le
banche (in Italia, da inizio anno, hanno dimezzato la capitalizzazione di
Borsa); (2) hanno ridotto i consumi (siamo in piena deflazione) come conferma
(re: rapporto McKinsey) l’aumento del risparmio in Europa di 732 miliardi nel
2015 di cui ben 141 miliardi in Italia. Un risparmio che non sa dove andare:
basti pensare che i titoli di Stato dell’Eurozona con tassi negativi sono
saliti a 2.800 miliardi (in Italia sono 300 miliardi) con l’aggravante che,
non appena i tassi torneranno a salire, vi saranno perdite rilevanti sui
titoli a più lunga scadenza; (3) hanno interrotto il volume degli
investimenti industriali e di quelli pubblici in costante decremento
mantenendo l’occupazione lontana dai livelli pre-crisi. La cosa stupefacente
è che, per troppo tempo, gli economisti non si sono accorti di nulla. Viene
in mente la domanda rivolta dalla regina Elisabetta nel 2008 agli
economisti:”Come mai non avete previsto questi eventi?”. Ha ragione il premio
Nobel, Paul Krugman, quando afferma che chi sbaglia continua a sbagliare. Ed
aggiunge: “Quelli che l’Europa definisce tecnici non sono persone che sanno
come funziona il mondo: sono persone che sottoscrivono le fantasie omologate
e non cambiano mai idea, neanche quando i risultati sono catastrofici”. Questo
spiega come l’austerità abbia prodotto effetti devastanti nel silenzio del
nostro establishment che in questi anni ha continuato – prima del governo
Renzi - a lodare il “modello tedesco”.
Ma a Berlino pensano in grande. Non hanno completato l’unione bancaria
rifiutando di creare una garanzia europea sui depositi. Sono riusciti a
portare nell’oblio lo scandalo della Wolkswagen. Addirittura hanno cercato di
coinvolgere la
Fiat-Chrysler convocandola in Germania (ottenendo un secco
rifiuto). Contrastano con tutti i mezzi l’accordo di libero scambio TTip tra
Europa e Stati Uniti ritenendo così di privilegiare la posizione di vantaggio
ottenuta nelle esportazioni. Con la
Russia di Putin, Berlino ha deciso il closing su Stream2
ignorando le esigenze di una politica energetica europea e aggirando di fatto
le sanzioni contro Mosca. Chi perde in tutto questo? L’Italia è in prima
fila, oggetto di un’azione ad ampio raggio che vede le proprie banche sotto
attacco. La misura è colma.
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