Alberto
Pasolini Zanelli
Iniziata in realtà
un anno fa di questa stagione, la campagna elettorale americana è alla vigilia
della sua inaugurazione ufficiale, l’indomani del Labor Day e la sera del primo
dibattito fra i candidati alla Casa Bianca. Sono già pronti in realtà i
pronostici, quasi unanimi per Hillary Clinton. Uno dei motivi è che le voci di
appoggio o rifiuto sono state finora pressoché unilaterali. Soprattutto per
quanto riguarda i mass media, praticamente unanimi nell’appoggiare Hillary
Clinton e dediti, quando citano Donald Trump, quasi solo a illustrarne le
gaffe, le intemperanze, i “granelli di follia”, il linguaggio “sporco”, in una
parola il pericolo che rappresenterebbe il suo ingresso alla Casa Bianca, anche
per la pace nel mondo.
I due partiti
classici che si contendono il potere in America e che fino all’estate scorsa si
affrontavano con furia senza precedenti (i repubblicani sempre più a destra, i
democratici sempre più a sinistra) adesso paiono riconciliati, concordi in una
campagna elettorale contro Trump. Per gli amici della famiglia Clinton egli è
un razzista reazionario e guerrafondaio. I repubblicani, invece, non gli
perdonano di essere candidato sotto il loro simbolo dell’elefante, di avere
vinto la campagna delle primarie e di avere così distrutto – dicono – il loro
partito.
Per leggere e
ascoltare paroline dolci per lui bisogna sintonizzarsi sulla voce di Mosca,
particolarmente su una televisione privata russa che ha la sua redazione a
Washington. Ma anche, per chi ne abbia il tempo e la voglia, gli interventi
ufficiali o ufficiosi del Cremlino. È la voce di Putin, che risponde ai
calorosi complimenti di Trump, ma soprattutto è l’espressione dei timori strategici
della Russia. Il principale dei quali sono la strategia e le iniziative di
Washington per un rafforzamento e un allargamento della Nato, la più potente e
vittoriosa alleanza della Storia, lo strumento per il crollo del comunismo e la
morte dell’Unione Sovietica e dunque anche del Patto di Varsavia, la “Nato
rossa”. Coloro che al Cremlino si erano rassegnati a distruggerla, da Gorbaciov
a Eltsin, speravano o pensavano che l’Alleanza Atlantica ne avrebbe condiviso
il destino.
Così non è stato.
Anzi la Nato ha cominciato ad estendersi inglobando gli ex satelliti sovietici
e anche alcune Repubbliche che dell’Urss avevano fatto parte. Questa diventò
presto la principale preoccupazione di un acceso nazionalista russo come Putin,
che cominciò a reagire con la forza quando la Georgia manifestò questa
tentazione nel 2008, imitata più recentemente dall’Ucraina (che allora
incorporava anche la Crimea). Gesti che da allora hanno fatto salire le
tensioni Est-Ovest in forme che ricordano sempre di più la Guerra Fredda. Un
“invito” che ha trovato un qualche successo negli ex satelliti, aumentando così
le angustie del Cremlino. Putin ha reagito nel modo tradizionale, irrobustendo
la forza militare, ma è ben conscio che il suo Paese non dispone della forza
economica e dunque generale per affrontare gli Stati Uniti da pari a pari,
anche per la mobilitazione dei mass media Usa, simile a quella in atto contro
il candidato Trump.
Dal Cremlino è
partito dunque un programma di “media alternativi” all’establishment politico
americano. Lo strumento principale è la televisione Rt, privata ma fedele alla
linea governativa, costruita a Washington ma ispirata da Mosca al fine di
“fornire una narrativa differente da quella dell’establishment” soprattutto
attraverso la “informazione”, la disseminazione di notizie più o meno veridiche,
dirette sia al pubblico americano, sia a quello dei Paesi europei. Con qualche
successo, per esempio nella Repubblica Ceca, i cui cittadini si stanno
proiettando in maggioranza verso una diffidenza nei confronti dell’America. Il
bersaglio attuale è la Svezia, il più neutrale di tutti i Paesi europei al
punto da tenersi fuori da due guerre mondiali e dalla Guerra Fredda, ma il cui
governo è oggi tentato di accasarsi nella Nato. Per impedirlo Mosca punta su
notizie che urtino o allarmino l’atteggiamento storicamente tradizionale degli
svedesi. È una formula collaterale che si combina però con la più diretta
propaganda elettorale per Trump, considerato il nemico dell’establishment.
È un gioco
dichiarato, annunciato fra gli altri dal principale anchorman di Rt, che ha
ribadito di recente che “l’era del giornalismo neutrale è tramontata, nel
nostro campo e in quello opposto”. Perché è più efficace. Con un diverso
vocabolario lo afferma anche il generale Valery Gerasimov, capo dello Stato
maggiore delle forze armate russe: “Oggigiorno uccidere un soldato nemico costa
molto di più che non nella Seconda guerra mondiale, nella Prima o nel
medioevo”. Anche la strategia della “persuasione” è più cara oggi, ma “se tu riesci
a persuadere una persona non hai bisogno di ammazzarla”. Una dichiarazione a
suo modo umanitaria.