Alberto
Pasolini Zanelli
Europa mai tanto
varia da quando è unita. Il più fantasioso degli esperimenti (e il più
“coraggioso” date le coincidenze) potrebbe diventare realtà da un’ora all’altra
e nemmeno probabile nel Paese. Un primo ministro di religione islamica è sul
punto di assumere il potere in una terra, la Romania, che nella sua lunga e
tormentata storia ne ha viste davvero di tutti i colori ma non si era mai
spinta tanto in là. Le ultime elezioni hanno portato a un capovolgimento fra
maggioranza e minoranza. Il governo di centrodestra, al comando nell’ultima
legislatura, è stato sconfitto dal risorgente Partito socialdemocratico, che ha
ottenuto il 45 per cento dei voti e la maggioranza dei seggi assieme al suo
alleato liberaldemocratico. Tutti aspettavano dunque che il leader del partito
più forte, Liviu Dragnea, fosse incaricato di formare il nuovo governo. Ma
Dragnea non può farlo perché sta scontando una condanna a due anni di carcere
sotto accuse di brogli elettorali. Egli deve aspettare prima di tornare al
timone e nominare dunque un premier di temporanea emergenza. Tutti si
aspettavano dunque che passasse la mano al numero due della socialdemocratica.
E lui lo ha fatto.
Scegliendo però un personaggio inatteso. La Romania è un Paese fortemente nazionalista,
anche a causa della sua storia tormentata; che lo ha visto oscillare fra domini
estranei, guerre “civili” che hanno lasciato alla storia l’esperienza e il mito
di Dracula e delle sue crudeltà, di una lunga lotta contro il dominio turco e
un’amministrazione dai turchi affidata ai greci, ostilità tenaci nei confronti
dell’Ungheria e della Russia, un regime filonazista, un totalitarismo sovietico
semisecolare, la colorita dittatura di Ceausescu poi perfino un governo
affidato all’ex re. La Romania è un Paese fondamentalmente di religione
ortodossa, con una presenza attiva delle minoranze: l’attuale presidente della
Repubblica, Klaus Iohannis, è un tedesco della Transilvania, protestante. E
adesso deve decidere se affidare la guida del governo a un politico ancora più
“originale” e sperimentale. Si chiama Sevil Shhaideh. È una donna. È musulmana.
Etnicamente è una tartara che ha sposato un siriano.
Ce n’è abbastanza
per suscitare qualche polemica e soprattutto un certo stupore. Ha poco più di
50 anni, ma ha una certa esperienza politica e addirittura di governo: nella
precedente incarnazione socialdemocratica è stata per sei mesi ministro per lo
sviluppo regionale, sempre molto vicina politicamente a Dragnea. Ma non il suo
atteso successore. Tutti si aspettavano che quest’ultimo proponesse un interim
con la prospettiva di continuare a dirigere gli affari di governo fino alla sua
“riabilitazione”. I socialisti non sono abituati a vincere, i romeni lo sono ad
essere accusati di una versione locale del nazionalclericalismo, chiamato a
Bucarest “ortodossismo” e la migliore difesa, deve avere pensato Dragnea, è
portare avanti una donna tartara, musulmana e sposata con un siriano.
La signora
Shhaideh è considerata più una manager che una donna di partito politico. È una
economista che per molti anni ha ricoperto incarichi burocratici in una
amministrazione regionale, a Costanza, un porto sul Mar Nero. Ha delle
proprietà, ma in Siria. Dalla sua ha dei precedenti nel mondo islamico: Tansu
Ciller fu, vent’anni fa, il primo premier femmina della Turchia e Atifete
Jahjaga è stata presidente del Kosovo per cinque anni e fino a pochi mesi fa. Ma
i precedenti non sembrano rassicurare l’opinione pubblica in un momento in cui
le tensioni sono forti in Europa a causa delle ondate di immigranti dal Medio
Oriente. I tartari, tuttavia, sono conosciuti per la loro moderazione
religiosa, per un islamismo moderno, più noto nella sua versione della Crimea,
dove costituiscono la minoranza più forte dopo gli ucraini. Sevil Shhaideh, tra
l’altro, ha sempre girato a capo scoperto, il che dovrebbe o almeno potrebbe
tranquillizzare le ansie antislamiche. Dopotutto i precedenti non mancano in
Europa e nel mondo. Il sindaco di Londra è da quasi un anno musulmano, ministri
di quel background religioso sono da tempo una presenza tradizionale nei
governi francesi. E forse il nuovo leader del Partito democratico Usa potrebbe
essere un musulmano.