MESSAGGIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI ENZO MOAVERO MILANESI AGLI
ITALIANI ALL’ESTERO IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DEL SACRIFICIO ITALIANO NEL
MONDO (8 AGOSTO)
Cari Amici,
in occasione del 62° anniversario
della tragedia della miniera di Marcinelle, in Belgio, desidero condividere con
voi qualche breve riflessione, per rendere omaggio ai 262 minatori che l’8
agosto del 1956 persero la vita a Bois du Cazier. Fra i morti si contarono 136
italiani, una tragedia immensa, una ferita profonda che l'Italia ricorda con la
solenne Giornata del Sacrificio del Lavoro, in onore di tutti i lavoratori
italiani ovunque nel mondo. Ci inchiniamo davanti alla memoria di tanti caduti
e non possiamo dimenticare un evento così drammatico che segna indelebile la
nostra storia. La stessa coscienza dell’allora nascente integrazione europea ne
è rimasta scossa. Solo dopo il disastro di Marcinelle l’Alta Autorità della
Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), fondata cinque anni prima,
iniziò ad affrontare le questioni relative alla sicurezza sul lavoro. In
precedenza, infatti, erano state negligentemente trascurate, nonostante lo
stesso Trattato Ceca prevedesse dei riferimenti ai principi sociali e ai
diritti base dei lavoratori. Tuttavia, non possiamo non constatare come, ancora
oggi - purtroppo - la legislazione in materia sociale dell'Unione Europea sia
nel suo complesso carente, specie se comparata alla copiosa normativa emanata
in altri settori. Un difetto di azione delle istituzioni comuni e dei governi
degli Stati membri che, in giornate come questa, appare tristemente
anacronistico. Stiamo discutendo molto, negli ultimi anni, di rinnovamento
europeo, di rilancio dell'Unione in una maggiore sintonia con i suoi cittadini.
In una simile prospettiva, come chiesto da più parti, va data priorità
all'Europa sociale, a un coerente tessuto di regole europee adeguate a
garantire l'idonea tutela di chi lavora e una severa prevenzione degli incidenti
nei luoghi di lavoro. L'impegno del Governo italiano è di agire a fondo in
tutte le sedi, nazionali ed europee, affinché ci sia una scelta di campo netta
e siano prese le decisioni indispensabili. Dobbiamo fare ancora molto ed è
davvero tempo di rompere i biasimevoli indugi del passato. Chiediamo all'Unione
di adottare, rapidamente, una ben articolata agenda sociale, degna del suo
nome, che includa nuove iniziative e riprenda le buone idee già messe sul
tavolo anni addietro, ma mai concretizzate. Lo dobbiamo alle innumerevoli
vittime che oggi commemoriamo tutte, stringendoci al simbolo di Marcinelle. Lo
dobbiamo al lacerante dolore dei loro famigliari.
Lo dobbiamo alla nostra Italia che la Costituzione proclama, solenne, essere "fondata sul lavoro". Riflettendo sul lavoro non possiamo non rievocare i tanti italiani che lasciarono le terre natie cercando all'estero un futuro migliore per se e per i propri figli, spesso affrontando viaggi incerti e pericolosi, condizioni impervie di vita. Siamo stati, fino ai primi anni sessanta del ventesimo secolo - appena ieri - una nazione di emigranti nel mondo. Anche in Europa, siamo andati stranieri, in paesi stranieri, cercando lavoro. Partivamo, sovente con grandi disagi, alla volta di quegli stessi Stati europei (Belgio, Francia, Germania e altri) nei quali adesso possiamo andare a lavorare: cittadini dell'Unione Europea, fra altri cittadini della medesima Unione Europea, con analoghi diritti e doveri. Ecco, la libertà di circolazione dei lavoratori rappresenta un oggettivo, nodale risultato positivo dell'integrazione del 'vecchio continente'. Fu difficile trovare uno spazio, in tessuti sociali diversi dal nostro, fra non poche ostilità e anche prove di solidarietà: ma fu possibile per tanti, tantissimi. Gli italiani emigrati e i loro discendenti hanno saputo inserirsi, a pieno titolo, con valore e vigore, nelle realtà estere in cui si erano recati. Le arricchirono con la loro opera, intellettuale e manuale. Tutti ce lo riconoscono e in alcuni paesi - pensiamo proprio al Belgio di Marcinelle - sono ascesi anche ai massimi livelli delle responsabilità di governo. Riflettiamo con consapevolezza e giusto orgoglio su queste esperienze di molti fra i nostri padri e nonni. Riconosciamo, con convinto rispetto, il loro inestimabile contributo alla storia d'Italia e dei luoghi dove si recarono. Non scordiamoci mai dei loro sacrifici. Pensiamoci, quando vediamo arrivare in Europa i migranti della nostra travagliata epoca. Cari Amici italiani, ovunque siate nel mondo, dovete sapere che la dedizione con la quale, quotidianamente, assolvete ai vostri doveri lavorando, rende migliore il nostro Paese e contribuisce alla sua reputazione positiva. Vi giunga, dunque, il saluto fraterno del Governo e di tutti i compatrioti, nella speciale giornata dedicata a coloro che, proprio sul lavoro, hanno offerto il sacrificio estremo. Insieme, siamo affettuosamente vicini alle famiglie delle vittime di Marcinelle e delle tragedie del lavoro di ogni tempo. Vi ringrazio per quanto avete fatto e state facendo per la nostra Italia.
Lo dobbiamo alla nostra Italia che la Costituzione proclama, solenne, essere "fondata sul lavoro". Riflettendo sul lavoro non possiamo non rievocare i tanti italiani che lasciarono le terre natie cercando all'estero un futuro migliore per se e per i propri figli, spesso affrontando viaggi incerti e pericolosi, condizioni impervie di vita. Siamo stati, fino ai primi anni sessanta del ventesimo secolo - appena ieri - una nazione di emigranti nel mondo. Anche in Europa, siamo andati stranieri, in paesi stranieri, cercando lavoro. Partivamo, sovente con grandi disagi, alla volta di quegli stessi Stati europei (Belgio, Francia, Germania e altri) nei quali adesso possiamo andare a lavorare: cittadini dell'Unione Europea, fra altri cittadini della medesima Unione Europea, con analoghi diritti e doveri. Ecco, la libertà di circolazione dei lavoratori rappresenta un oggettivo, nodale risultato positivo dell'integrazione del 'vecchio continente'. Fu difficile trovare uno spazio, in tessuti sociali diversi dal nostro, fra non poche ostilità e anche prove di solidarietà: ma fu possibile per tanti, tantissimi. Gli italiani emigrati e i loro discendenti hanno saputo inserirsi, a pieno titolo, con valore e vigore, nelle realtà estere in cui si erano recati. Le arricchirono con la loro opera, intellettuale e manuale. Tutti ce lo riconoscono e in alcuni paesi - pensiamo proprio al Belgio di Marcinelle - sono ascesi anche ai massimi livelli delle responsabilità di governo. Riflettiamo con consapevolezza e giusto orgoglio su queste esperienze di molti fra i nostri padri e nonni. Riconosciamo, con convinto rispetto, il loro inestimabile contributo alla storia d'Italia e dei luoghi dove si recarono. Non scordiamoci mai dei loro sacrifici. Pensiamoci, quando vediamo arrivare in Europa i migranti della nostra travagliata epoca. Cari Amici italiani, ovunque siate nel mondo, dovete sapere che la dedizione con la quale, quotidianamente, assolvete ai vostri doveri lavorando, rende migliore il nostro Paese e contribuisce alla sua reputazione positiva. Vi giunga, dunque, il saluto fraterno del Governo e di tutti i compatrioti, nella speciale giornata dedicata a coloro che, proprio sul lavoro, hanno offerto il sacrificio estremo. Insieme, siamo affettuosamente vicini alle famiglie delle vittime di Marcinelle e delle tragedie del lavoro di ogni tempo. Vi ringrazio per quanto avete fatto e state facendo per la nostra Italia.
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MESSAGE
FROM ITALIAN MINISTER FOR FOREIGN
AFFARIS, ENZO MOAVERO MILANESI ON THE
NATIONAL DAY OF THE SACRIFICE OF ITALIAN WORKERS IN THE WORLD CELEBRATED TODAY (AUGUST 8TH ) IN MARCINELLE
Dear friends,
To
commemorate the 62nd anniversary of the Marcinelle mine disaster in Belgium, allow me
to share a few thoughts with you while paying homage to the 262 miners who lost
their lives on that 8th of August 1956 in Bois du Cazier.
The death
toll included 136 Italians: an immense tragedy and a deep wound that Italy
solemnly commemorates on the National Day of the Sacrifice of Italian Workers
in the World, in honour of Italian workers all over the world. We bow to the
memory of so many fallen, unable to forget an event so dramatic as to become an
indelible mark of our history. The very conscience underlying the then surging
European integration process was shaken. It was only after the Marcinelle mine
disaster that the High Authority of the European Coal and Steel Community
(ECSC), which had beenfounded five years earlier, began to address issues
relative to on-the-job safety. Indeed, these issues had been negligently
overlooked before that, despite the fact that the ECSC Treaty referred to
social principles and to the basic rights of workers. However, we cannot
help acknowledging that still now – unfortunately – the European Union’s social
legislation is essentially lacking, especially if compared to its bountiful
legislation on other sectors. It is a shortcoming on the part of our common
Institutions and of the governments of the Member States which, in days like these, seems to be sadly
out of date.
We have
recently been widely discussing the issue of renewing the EU and relaunching it
more in line with the ideas of its citizens. In this perspective, as is widely
requested, priority should be given to a social Europe through a coherent
meshwork of European regulations capable of assuring sufficient protection to
all those who work and a serious prevention of occupational hazards. The
commitment of the Italian government is to promote pervasive action at all
levels, nationally and within the EU, by taking clear-cut stands and
indispensable decisions. Much still needs to be
done and, in truth, the time has now come to stop blamefully postponing
the problem as in the past. We call on the Union to live up to its name and
promptly adopt a detailed social agenda that might include new initiatives and
the ideas proposed years ago but never implemented. We owe it
to all the countless number of victims that we commemorate today under the
symbol of Marcinelle. We owe it to the excruciating pain of their families. We
owe it to our Italy, which the Constitution solemnly proclaims to be “grounded
on work”. Reflecting on the issue of work, we cannot help but evoke the many
Italians who left their motherland in the pursuit of a better future abroad for
themselves and their children, often setting out on uncertain and dangerous
journeys and unviable living conditions. Up to the sixties of the twentieth
century – only yesterday in our memory – we were a nation of emigrants around
the world. We also travelled to Europe to find work, as strangers in foreign
Countries. Our departure towards European States was often fraught with
distress. They were the same States (Belgium, France, Germany, and others)
where we can now work as citizens of the European Union among other EU
citizens, sharing the same rights and duties. In sum: the freedom of movement of
workers represents a key and objectively positive result of the integration of
the ‘Old Continent’. It was difficult to make headway in
different social fabrics from ours, amidst many hostilities but also shows of
solidarity. For many, a great many, it revealed to be impossible. Italian
emigrants and their offspring have rightfully been able to integrate, with
courage and vigour, into the foreign settings that they had travelled
to. They enriched them with their work, intellectual and manual. Everyone
acknowledges this and, in some Counties – precisely in Marcinelle, Belgium –,
they have also ascended to topmost government levels. We
ponder over the experiences of many of our fathers and grandfathers with
awareness and rightful pride. We recognise, with due respect, their invaluable
contribution to the history of Italy and of the places in which they
lived. Let us never forget their sacrifice. Let us recall it when we
see migrants arriving in Europe in our troubled times. My dear Italian Friends,
wherever you are in the world, you must know that the dedication that you put
into performing your daily tasks on your job makes our Country better and
contributes to building its positive reputation. Therefore, I extend to
all Italians a brotherly greeting from the Government on this special Day
dedicated to all those who made the ultimate sacrifice of their lives on the
job. Together, we express our fond closeness with the families of the victims
of Marcinelle and of all the occupational disasters throughout history.
I thank you
all for what you have done and are still doing for this Italy of ours.