Alberto Pasolini
Zanelli
La verità del
veleno. Oppure il veleno della verità. Uno statista famoso per molte cose ma
non tutte degne di essere credute stavolta ha cominciato il suo discorso con
una confessione: “Sto prendendo la medicina che può salvare il mondo, ma non so
se funziona”. E il resto del mondo non sa se sia vero, anche perché questo
farmaco planetario ha, nella formula di Donald Trump, un suono alquanto
complesso: hydroxychloroquina. È una droga antimalaria che la Food and Drug
Administration non solo non garantisce ma anzi mette in guardia, perché potrebbe
rappresentare un rischio molto serio per i malati di Coronavirus. “Tutto quello
che posso dirvi è che finora mi sembra ok. È una settimana e mezzo che
inghiotto questa sostanza con l’approvazione dei medici della Casa Bianca. “Anzi,
ho ricevuto indicazioni tremendamente positive e comunque sufficienti per poter
rispondere ai dubbi così: cosa c’è da perdere?”, ha concluso Trump.
Un annuncio fino a
ieri tenuto segreto, che ha suscitato invece dubbi di molti collaboratori del
presidente Usa e immediate critiche da una serie di medici, che invece
ammoniscono che si tratta di pericoli molto seri non soltanto per la salute del
presidente ma per chi intende imitarlo. La preoccupazione, hanno detto finora
quasi tutti i medici, è che l’uso dell’hydroxychloroquina possa incoraggiare ad
assumerla chi contrae il Covid-19. Un motivo importante per lo scetticismo o la
prudenza della maggior parte dei consulenti di Trump, a cominciare dai suoi
alleati repubblicani, gli stessi che mettono in guardia da questo esperimento,
i cui dati sono abbastanza frequenti ma lenti e a volte contraddittori. Dal mese
di aprile sono state testate 250mila persone al giorno, secondo i dati del
Covid Tracking Project. Il record numerico degli esperimenti compiuti è stato,
nel momento in cui Trump ha dato il suo annuncio, di quasi 319mila.
Non tutti gli
scettici sono anonimi: è considerato tale anche il numero uno della medicina in
Usa, l’italoamericano Anthony Fauci. I cui consigli sono autorevoli nel cantone
della salute, ma suscitano contraddizioni nel campo della politica, soprattutto
degli esperti che hanno già incontrato i forti dubbi degli scienziati, anche
perché si appoggiano su altri fattori, che difendono altri punti di vista e consigli.
L’amministrazione Trump è da tempo famosa per la frequenza dei suoi leader e l’impazienza
del presidente un po’ in tutti i campi, provocando cadute di fiducia un po’ in
tutti gli angoli. Gli ultimi esempi riguardano esperti militari, incluso il Segretario
di Stato, Mike Pompeo. Ma anche esperti “tecnici” delle strategie basate sui
sondaggi. I dubbi vengono all’interno di entrambi i partiti e coprono contraddizioni
pericolose. Anche in campo repubblicano, le cui strategie sono più consolidate.
Anche perché la scelta del candidato alla vicepresidenza è in pratica già fatta
nell’attuale numero due. Criticato anche, o forse soprattutto, per quello che
viene definito il suo “eccesso di obbedienza”.
Ma molto più complicato
è il quadro in campo democratico, dove si deve ancora decidere il compagno di
gara di Joe Biden, che già fu battuto da Trump. La maggioranza dei repubblicani
“coerenti e di mestiere” si è già pronunciata per la conferma del
vicepresidente attuale, non particolarmente brillante ma “solido e fedele”. Nel
campo dell’opposizione, invece, le scelte sono ancora tutte da fare, soprattutto
perché nel campo degli attivisti, più “inquieti” soprattutto per l’attivismo femminista
ma anche solidamente femminile. La serie delle “primarie” ma anche il voto
delle donne ha rivelato una forte tendenza a una scelta “rivoluzionaria” nel
senso del numero due, Mike Pence. Le primarie hanno visto come protagonista una
signora colta e anziana, docente universitaria e particolarmente impegnata
nelle riforme mediche e scolastiche. La sua “battaglia” è stata solida, ma
insufficiente a prevalere sulla “macchina” del partito. Un’altra sembra però
emergere in tempo per la scelta decisiva. È molto diversa della senatrice Elizabeth
Warren, come età, vivacità e personalità. Si chiama Amy Klobuchar, forse troppo
“fresca”, vivace e genericamente “di sinistra”. I risultati dei sondaggi indicano,
finora, un campo aperto. A decidere potrebbe essere Barack Obama che, durante la
fase di “pensionamento”, era parso volersi ritirare dalla politica attiva ma dai
discorsi ha dato un segnale di risveglio. Per fare vincere un altro, dato che
lui non può più.