"Adesso Oscar raccontaci un'altra delle tue storie ambientate nella tua giovinezza a Firenze sotto le bombe degli alleati e le cannonate dei tedeschi. Sono testimonianze interessanti, ma quanto di fantasioso ci infili dentro? Possibile che ti ricordi tutto in maniera così dettagliata?"
Gianni è non solo un grande amico ma un uomo di profonda cultura. La sua passione per l'architettura ne fa una delle guide più accreditate alla scoperta di Washington e di Milano.
La sua domanda-provocazione mi fa sorridere.
"Vedi, Gianni: la descrizione dettagliata di quelle mie esperienze adolescenziali non è frutto di fantasia e tantomeno un modo tecnico di scrittura per riempire a palate la pagina. Come dicono gli strizzacervelli le esperienze sconvolgenti e drammatiche della guerra si inseriscono nella psiche di un giovane in maniera determinante. Sono foto indelebili che riaffiorano ogni tanto riproponendo dentro di te le passate sensazioni di dolore, sgomento, paura, sorprendente curiosità per quanto comunque stava avvenendo intorno a te…"
Siamo riuniti nel patio della mia abitazione a Washington con pochi amici, obbligatoriamente mascherati e distanziati anche se qualcuno ha provato a protestare dicendo che: "Ma siamo all'aperto…" Dura lex sed lex.
"Bene, sentite questa.
Doveva essere vicino al mezzogiorno perché la mia nonna Emma era in cucina ed io sentivo un invitante profumo di milanese panata (chissà come la nonna era riuscita a procurarsela, quella fettina).
All'improvviso abbiamo sentito un gran fracasso di colpi, forse anche pedate, contro la porta d'ingresso del nostro appartamento che comunque era spessa e rinforzata con delle chiavarde.
La nonna era chiaramente spaventata ma comunque si è avvicinata alla porta che era sollevata di tre gradini rispetto al pavimento del resto dell'appartamento, ma sapete: si trattava di una casa in un palazzo del 1500 fatto tutto di volte a botte, spesse mura, anfratti.
Io ero dietro la nonna che nel frattempo stava aprendo i chiavistelli della porta che finalmente si aprì.
"Sardote, Sardote", urlava uno dei due SS che avevano tempestato di pugni e calci la porta.
"Tu, Sardote.." E mostrò un pugno guantato di nero sul viso dell'anziana donna.
"No, noi Bartoli…" Emma andava ripetendo più volte il nostro cognome.
Mentre la nonna si affannava cercando di far capire a quei due individui che avevano sbagliato nella loro ricerca io invece ero come affascinato dalla visione di quegli stivali di cuoio lucidati e soprattutto mi domandavo cosa fosse quel bastone nero che scendeva sulla coscia sinistra. Qualcuno mi avrebbe spiegato più tardi che si trattava di una bomba a mano martello.
I due ufficiali si misero a parlottare tra loro e poi girati tacchi rivolsero la loro attenzione alla porta dell'altro appartamento che era situato sullo stesso pianerottolo.
E ricominciarono a tempestare quell'uscio con pugni e calci, finché una signora spaventata che reggeva in braccio un bambino di pochi mesi e aveva attaccata alla gonna la figlioletta di quattro anni aprì piangendo.
"Noi siamo Sacerdote" disse con un filo di voce mentre i due militari la scostavano con una spallata e si inserivano dentro quell'appartamento.
Dopo qualche minuto e il rumore di una colluttazione uscirono di nuovo trascinando il professor Sacerdote, un mite docente liceale, la faccia tumefatta dai cazzotti che erano riusciti a sferrargli quando lo avevano stanato da un armadio.
Lo avevano preso sotto le ascelle e i suoi piedi nudi rimbalzavano sugli scalini lasciando una traccia di sangue.
La porta dell'appartamento al primo piano, sovrastante quello del professor Sacerdote si aprì ed apparve Cesare Buti, un rumoroso gerarca fascista che imperversava nel palazzo imponendo agli uomini la presenza alle adunate fasciste e -lo dicevano tutti- facendo la spia per l'OVRA.
"Dankeshon, camerati per averci liberato da questa presenza giudaica-massonica. Heil Hitler !" e sfoderava il suo saluto romano mentre i due SS uscivano dall'androne con la loro preda senza averlo degnato di uno sguardo.
Nonna Emma teneva abbracciata la signora Sacerdote.
"Lalli, corrri lì dentro quell'appartamento e prendi una sedia perché la signora sta per svenire…!"
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La battaglia di Firenze iniziò l'11 agosto del 1944 con l'ingresso delle formazioni partigiane che attraversarono l'Arno mentre le campane del Duomo e del Bargello sonavano a stormo.
Cominciò la caccia ai cecchini che continuavano ad ammazzare la gente che stava tentando di ricostruirsi una vita quasi normale andando soprattutto alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti.
Un pomeriggio ero uscito, dopo tanto tempo di segregazione, insieme alla nonna Emma, ma sinceramente non ricordo per fare cosa.
Borgo Pinti la strada dove abitavamo aveva una strana luce rispetto a come me la ricordavo mesi prima. Era il sole che passava attraverso le rovine dei palazzi che erano stati bombardati e illuminava un mondo nuovo fatto di miseria materiale e morale.
Si vedevano nella strada persone che sfoggiavano fazzoletti e sciarpe rosse per dimostrare che loro erano partigiani o vicini ai partigiani.
Quel pomeriggio ci imbattemmo in un tizio che era vestito di rosso dalla testa ai piedi: doveva aver preso un costume da moschettiere in qualche sartoria teatrale e poi lo aveva tuffato in una tinta rossa.
Ce lo siamo trovati di fronte mentre camminava con ostentazione illudendosi forse di fare una gran presa soprattutto sulle donne giovani alcune delle quali non tralasciavano gli sfottò.
" O bischeraccio, ma che ti sei messo addosso, che sembri D'Artagnan ?!"
Eravamo tornati a casa quando sentimmo che una folla stava entrando nell'androne del palazzo e si accingeva a salire la scala principale con grande fracasso, urla, bestemmie, il canto stonato di Bella Ciao.
La nonna socchiuse la porta del nostro appartamento mentre qualcuno ci batteva contro con un bastone.
"Sentite voi - disse un figuro con una lurida canotta che tratteneva a stento una giungla di peli - dove sta il Buti?"
"Non lo so, ci siamo trasferiti da poco; provi a domandare di sopra..."disse la nonna mentendo.
"Argentieri, lascia perdere l'abbiamo trovato… È qui al primo piano…!"
Sfondarono la porta del Cesare Buti e lo portarono fuori insieme alla moglie e alla figlia di 22 anni alle quali qualche damigella della brigata aveva già cominciato a tagliare i capelli a zero…perche' questo era il minimo che si potesse fare alle donne fasciste, accusate di simpatie fasciste, o anche soltanto antipatiche...
Cesare Buti non riusciva a camminare per le bastonate e i colpi col calcio dei fucili che gli avevano dato; lo trascinavano giù per le scale proprio come i nazisti avevano trascinato il professor Sacerdote.
"Ma che gli fanno adesso?", chiese la nonna ad un giovane che chiudeva il gruppo che ormai stava uscendo dal palazzo e che sembrava il meno agitato.
"Lo portiamo al giardino d'Azeglio, qui vicino e poi lo fuciliamo insieme ad altri quattro repubblichini che abbiamo catturato… Viva l'Italia!"
La nonna Emma richiuse con le mandate la pesante porta di noce.
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https://youtu.be/cjBej5rCp1c
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Ciao Oscar.Una storia triste ma la verità è così.
Louisa e Joe.
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Caro Oscar
Io ho avuto la fortuna di nascere nel 40 e non ho avute le tue esperienze.
Nella sua lunga storia l’Italia ne ha viste di tutti i colori ma, sia l’otto Settembre, come da grande film di Alberto Sordi, Tutti a Casa, sia gli episodi dei Repubblichini e poi dei Partigiani, sono fra i momenti più’ cupi della nostra Storia.
Il nostro popolo capace di raggiungere vette spettacolari di arte, bellezza, poesia e bonta’, puo’ allo stesso tempo essere capace di brutture e cattiverie inimmaginabili.
A pensarci bene, forse fanno parte dello stesso essere.
Bello il tuo racconto, molto toccante.
Caro Oscar, mi e' piaciuto sentirti e mi e' piaciuto leggerti. Gianni
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Che bello leggerti, e ancora di piu' ascoltarti su YouTube...vestito di rosso mentre racconti della gente vestita di rosso!Emanuela (Los Angeles)
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Caro Oscar, sempre interessanti le tue pillole di giovinezza vissuta in un periodo di tragedia nazionale. Certamente Gianni ti paragona a Ken Follet o altri scrittori per la tua accattivante prosa, che sa di romanzo. Conoscendoti da più di trent'anni, so che riporti fatti vissuti, che ci fanno riflettere sulla stoltezza umana che degenera in violenza, sia questa rossa o n era.
Un abbraccio
Aldo
Sempre piu’ bravo! Bellissimo il racconto, ma che brutto periodo….brutto da qualsiasi punto tu lo voglia guardare!!
Franco B.
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