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Le storie di Oscar # 8: Mosca... ieri per me


1965, primo anno dell'era di Leonid Brezhnev che avrebbe comandato l'Unione Sovietica per 18 anni.

Come responsabile dell'immagine e dei rapporti con i media di una importante industria metallurgica fiorentina avevo avuto l'incarico di coordinare l'allestimento di un padiglione ad una fiera internazionale che si sarebbe tenuta al parco di Sokolniki a Mosca.

Una esperienza molto interessante per chi come me oltretutto era anche consigliere comunale a Firenze per il Partito Liberale e anticomunista dichiarato.

Ma avere la possibilità di visitare dal vivo il cosidetto 'paradiso' dell'Unione Sovietica, a differenza dei compagni italiani che venivano cammellati dai dirigenti di sezione, era una prospettiva molto interessante. Anche se pericolosa.

Non c'era un volo diretto su Mosca e bisognava fare scalo a Vienna e da lì prendere un Tupolev 104  della Aeroflot quello con il muso finestrato di derivazione militare.

Aeroflot Tupolev Tu-104B at Arlanda, July 1972.jpg

In quel primo viaggio l'hotel era l'Ucraina, una copia integrale dallesterno del Waldorf Astoria di New York in cui gli ospiti stranieri erano concentrati per evitare contatti con la popolazione. Stavano costruendo l'enorme Rossyia proprio dietro il Cremlino.

Hotel Ukraina, Moscow

Rossiya Hotel


Entro nella mia camera e suona il telefono. Alzo il ricevitore ed una voce di donna in un italiano quasi perfetto mi dice: "Bene arrivato Oscar, sono Svetlana. Quando ci vediamo?"

Questa procedura si sarebbe ripetuta tutte le volte che nel corso degli anni successivi mi sarei recato nell'Unione Sovietica per lavoro.

Un modo come un altro per agganciare il visitatore straniero d'intesa con il ricevimento dell'albergo, per carpire informazioni per il KGB che controllava la linea telefonica della camera d'albergo.

La componente femminile nella esperienza dei visitatori stranieri era determinante: le ragazze più avvenenti ce la mettevano tutta (e' il caso di dirlo) per farsi sposare dagli incauti professionisti di altre nazioni che venivano catturati dal fascino slavo.

Era successo anche a un noto esponente politico, che era rientrato da una lunga visita a Mosca sposato con una bionda effervescente che, una volta catapultata in Italia, dopo poco tempo lo aveva piantato per correre tra le braccia di altri sostanziosi (in termini di ricchezza personale) garzoni italiani.

Al vostro redattore, lontano da propositi matrimoniali dato che non aveva ancora trovato l'anima gemella tra tra le molte offerte in liquidazione, era capitata una simpatica occasione di scambio di opinioni con una Natasha incontrata in un caffè moscovita.

Un pomeriggio camminavamo in un viale di betulle reso ultra romantico dai colori autunnali; a quei tempi fumavo qualche cigarillo, tanto per darmi un tono e non è che mi piacesse.

Avevo tirato fuori da una tasca una scatola di fiammiferi svedesi con cui mi ero acceso l'arnese e avevo gettato il fiammifero spento, continuando a parlare con Natasha che però era sparita dal mio fianco.

Mi sono girato e l'ho vista raccogliere da terra quel fiammifero riponendolo in una scatoletta che aveva tirato fuori dal suo giaccone.

Posso assicurare che mi sono sentito un verme anche se la ragazza aveva agito automaticamente senza voler dare una lezione di educazione civica all'incauto e cafone amico straniero.

La polizia segreta imponeva che ogni stand nel padiglione fieristico avesse un interprete.

A noi era capitata una simpatica ragazza di Reggio Emilia, ovviamente iscritta al partito comunista italiano che aveva facilitato la sua presenza a Mosca per studiare all'università Lomonosov.

Questi interpreti alla fine della giornata dovevano stilare un rapporto al commissario politico raccontando quanto avevano visto e sentito nelle otto ore di presenza nello stand con gli ospiti stranieri.

Bisognava essere molto accorti ed evitare facili battute sulla disorganizzazione moscovita magari sull'onda di qualche bicchiere di vodka. A farne le spese erano stati soprattutto i francesi i quali erano stati espulsi dall'Unione Sovietica nel giro di poche ore per aver detto chissà che cosa nel loro padiglione in fiera.

La nostra simpatica interprete-spia di Reggio Emilia ci raccontava che i compagni italiani non è che fossero molto amati dalla popolazione sovietica, dato che arrivavano con valigie strapiene di indumenti super usati che poi rivendevano a caro prezzo utilizzando il cambio illegale con il rublo.

Nella Mosca di quegli anni tutto si aggiustava comunque: se arrivavi in un ristorante dell'albergo e magari erano passate le nove, trovavi porte chiuse e direttori inflessibili. Ma le porte, i direttori, la cucina e tutto il resto si rimettevano in moto appena gli allentavi una consistente mancia.

Spesso se entravi in amicizia con qualche moscovita ti sentivi chiedere di poter andare in uno dei vari Berioska-betulla (dove gli stranieri potevano acquistare pagando in dollari) a prendere qualcosa che non avrebbero mai trovato nei negozi di Stato. E ti davano i dollari per farlo.

Per chi a Mosca doveva starci per un lungo periodo di tempo non è che la vita fosse molto facile.

I giornalisti stranieri erano costretti ad abitare nel quartiere controllato da garitte militari in Kutuzovsky Prospekt.

Chi andava a visitarli doveva rilasciare il passaporto ai poliziotti al cancello. All'interno degli appartamenti si sapeva che ogni conversazione sarebbe stata registrata e quindi era meglio alzare il volume al massimo del giradischi. Questo succedeva anche nell'ambasciata italiana.

Numerose erano le storie drammatiche che ti raccontavano: ogni giornalista si muniva di biglietti aerei aperti perché nel caso in cui ci fosse stato qualche malanno era meglio fiondarsi fuori dall'Unione Sovietica.

Le donne ricordavano storie allucinanti di reparti ginecologici nei quali veniva usato solo un paio di guanti di gomma per le visite intime alle pazienti. Quel paio di guanti era utilizzato per tutta la camerata.

La carta igienica erano costretti a comprarla a Helsinki in Finlandia in missione diplomatica.

Grande successo si poteva avere se uno si muniva di un pacco di dischi di Celentano e di calze da donna perche' quelle importate dalla Germania dell'Est facevano proprio schifo.

Ogni volta che si usciva per comprare qualcosa bisognava munirsi di una 'avos’ka', la borsa di rete per fare i barattti quotidiani scambiando col prossimo qualsiasi cosa. 

Ad ogni piano dell'albergo c'era una funzionaria che controllava che non si portassero donne in camera. Dietro l'omaggio di un paio di calze e un LP di Celentano in camera poteva entrare anche un elefante.



Una sera, in albergo, mi sono avvicinato al palco dell'orchestra che suonava, ovviamente, solo motivi popolari russi e ho attaccato un discorso con il capo della band, un simpatico sassofonista. Quando gli ho detto che ero un ex cantante professionista italiano mi ha chiesto di cantare qualcosa con loro. Gli ho chiesto se conoscevano qualche standard americano. Ha sorriso compiaciuto e ci siamo accordati su 'The Lady is a Tramp' che abbiamo eseguito insieme come se ci fossimo frequentati per chissà quanto tempo. Grandi applausi dei molti cienti presenti. Suonavano in maniera fantastica.

Ogni volta che ritornavo a Mosca non mancavo di portare all'amico sassofonista una scatola di ance per il suo strumento visto che erano introvabili e che era costretto a grattare quelle vecchie per poter continuare a suonare.



Nella Piazza Rossa ogni giorno ti imbattevi in una coda infinita di cittadini sovietici che volevano o dovevano sfilare davanti alla mummia di Lenin. Per evitare di spendere qualche ora al freddo polare moscovita bastava arrivare al controllo della polizia all'ingresso dichiarando "italijanski delegazia" e ti facevano miracolosamente passare.

Per entrare dentro il museo del Cremlino bisognava sostare nel vestibolo per indossare sopra le proprie scarpe delle cioce di canapa per non rovinare i pavimenti di legno.

In quell'ambiente c'erano alcuni cartelli con la scritta: "vietato fumare". Quei cartelli erano scritti solamente in italiano.
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Per chi preferisce ascoltare

https://youtu.be/jIIFc8nZX4Q

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Grazie per mandarci le puntate della tua “biografia”, molto piacevoli e interessanti. Appena mi arrivano corro a leggerle! Già letta la puntata Russia!
Grande Oscar!
Patricia

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Caro Oscar,
Hai fatto rivivere una Mosca che non c 'è più. I tempi andati lasciano ricordi indelebili per chi li ha vissuti. Con un paio di calze nylon si poteva ottenere tutto!
Un abbraccio

Aldo
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 WOW! You were in Moscow in 1965...
I was there only a few days in August 1991, to take the Trans-Siberian train to Irkutsk (Lake Baikal), and from there the trans-Manchurian to Beijing, for a long journey through the Gobi desert, up to Kazakhstan before returning to Moscow.
Almost 30 years after your trip, it was still very difficult to travel to and across Russia. Individual tourism wasn’t usually allowed, only groups could apply for a visa to cross the country and enter China. We were a couple and after a lot of paperwork (listing in our visa application ALL the places we would stop for a quick visit and get back on board during the long trip), eventually succeeded. Upon landing at the airport we were escorted by the police to a central hotel (of their choice) where the minute we were in our room, the telephone rang and, sure enough, it was a lady who wanted to talk with Andrea, my partner! Just like you described.
The few days we spent in Moscow were quite difficult: in that period the USSR was breaking up and they were starting to pull down lots of statues, first and foremost those of Lenin, with tanks and armored vehicles on the streets.
The day we had to take the train we were escorted from the hotel to the station, and literally put on the trans-Siberian train. The police didn’t leave until the train had left the station (we could see them from the window). During the whole time of interaction, they didn't say a single word. I wonder whether anything has changed since my trip....

Thanks for sharing with all of us your adventures!
Love from Los Angeles,

Emanuela Appetiti 
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Carissimo, vedo che la tua prima esperienza sovietica e’avvenuta lo stesso anno della mia, solo che io ci sono rimasta due anni ….ma non mi sono annoiata neanch’io anche se abitando dentro l’ambasciata americana ci si sarebbe dovuti sentire morbidamente protetti.
A presto! 
MLuisa
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Egregio Oscar, ottima l'idea della versione youtube.
Ho dovuto pero' fare il copia-e-incolla del link in quanto non vi si accede direttamente.
Non so se capiti solo a me, ma potrebbe non esser stato fatto il corretto "highlight" del link.
Sempre avvincenti ricordi...
cordiali saluti
Giancarlo Belluso
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Caro Oscar,
Hai fatto rivivere una Mosca che non c 'è più. I tempi andati lasciano ricordi indelebili per chi li ha vissuti. Con un paio di calze nylon si poteva ottenere tutto!
Un abbraccio
Aldo
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caro Oscar grazie dei bei ricordi moscoviti che mi mettono malinconia...noi con Bruno abitavamo al famoso Kutusovsky Prospekt con le garitte militari ,felici di aver trovato un miniappatrtamento assegnatoci dal MID dopo lunghi mesi di parcheggio all'hotel Ukraina dove  non c'era la cucina,,accanto a noi abitava nelle stesse condizioni,il Nunzio Apostolico,im perpetua attesa di ottenere un alloggio del suo livello..durante la notte le famose fanciulle di cui parlavi lo importunavano bussando alla porta/anche alla nostra../erano gli anni '90 e vedemmo scendere dal Cremlino la bandiera dell'URSS  sostituita con quella della Russia,,poi una mattina all'alba sotto le nostre finestre sul Kutuzovskij c'erano i carri armati..e arrivo' Eltsin ,tempi difficili ma che ora quasi rimpiango!!speriamo di ritrovarci presto da qualche parte..intanto approfitto per augurarvi un buon Thanksgiving con i ragazzi,,,qui siamo tutti separati e impauriti,un abbraccio a te e Franca Renata

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