Translate

 "Ho chiesto al dottor Busi di ricevermi per qualche minuto. Pensi che ce la possiamo fare per questa mattina?"

Questa la mia telefonata a Silvana, la potente capo della segreteria dell'amministratore delegato dell'azienda nella quale lavoravo ormai da diversi anni.

"Forse uno spiraglio tra un incontro e l'altro si trova…" mi rispose la collega.

Ed infatti dopo dieci minuti venivo convocato negli uffici della presidenza situati nel cinquecentesco palazzo della Gherardesca in Borgo Pinti a Firenze.

Il dottor Busi, amministratore delegato, era un personaggio a tutto tondo, totalmente dedicato al suo lavoro, arrivava la mattina alle sette in ufficio che lasciava la sera non prima delle 22.

"Che c'è, Bartoli?" mi chiese senza alzare lo sguardo dalle carte che stava firmando.

"Dottore, sta per nascere mio figlio. Le chiedo di essere esonerato quest'anno del mio viaggio a Mosca per la fiera internazionale. Già ho predisposto tutto quanto, il padiglione è stato completato, ho ricevuto le foto e non ci sono problemi…"

Il dottor Busi mi rivolse un'occhiataccia.

"Senta Bartoli, lei sa o dovrebbe sapere come la penso: prima il lavoro poi la famiglia. Anche perché è proprio il lavoro che garantisce la vita della famiglia… Quest'anno a Mosca avremo visite importanti dei ministri russi e di una delegazione del governo italiano e voglio che tutto funzioni alla perfezione. Pertanto: congratulazioni per la prossima nascita di suo figlio ma lei deve garantire la sua presenza a Mosca." 

_Sokolniki Park

Mosca Sokolniki Park Fiera Internazionale

_________________________________________________

Mia moglie era a Udine da sua madre. Ogni sera, tenendo conto delle differenze di fuso, mi attaccavo al telefono, chiamavo il centralino internazionale, attendevo mezz'ore senza alcun risultato.

Ero molto preoccupato come lo possono essere tutti i quasi padri nell'attesa dell'arrivo del primo figlio. 

La gravidanza di Franca era stata regolare, al punto che aveva continuato a lavorare nell'atelier del marchese Emilio Pucci sin quasi al termine. Lei non riusciva a starsene a casa e doveva in qualche modo continuare a rendersi utile.

Figlia d'arte, sua madre aveva creato il più importante atelier di alta moda del Friuli Venezia Giulia, Franca si era fatta le ossa gestendo le tre boutique di proprietà della famiglia.

 Emilio Pucci 1973.jpg

Il marchese Emilio Pucci era stato il mio testimone di nozze e aveva chiesto a Franca se voleva lavorare nel palazzo Pucci, in via dei Pucci.

Franca aveva ridimensionato il settore del "piazzamento" degli splendidi tessuti disegnati da questo grande stilista che tanto successo aveva riscosso negli Stati Uniti.

E quanto fosse importante il piazzamento dei tessuti lo si era visto subito perché consentiva di ridurre lo scarto e arginare la fuga di materiale favorita purtroppo dalla incapacità e forse corruzione di qualche dirigente dell'azienda del marchese che era troppo impegnato nel suo lavoro e in politica per poter seguire i dettagli della produzione.

Ogni sera dunque mi affannavo su quel maledetto telefono e attendevo ore nella speranza di poter sapere come stesse mia moglie, imprecando contro la disorganizzazione sovietica che trovava la sua massima espressione nella impossibilità di fare una telefonata con una città italiana.

Questa storia durava ormai da cinque giorni quando decisi di farmi passare dalla centralinista di turno la responsabile del servizio internazionale.

Finalmente sono riuscito a parlare con una donna che si esprimeva in buon francese; ho fatto il resoconto di tutti i miei falliti tentativi degli ultimi cinque giorni per poter avere una comunicazione con Udine.

La tipa mi ha detto che mi avrebbe richiamato in 15 minuti. E così è stato.

"Vous ne pouvez pas parler à l'Italie, M. Bartoli, car ils sont constamment en grève"

"Non si può parlare con l'Italia, signor Bartoli, perché sono costantemente in sciopero", mi ha detto lasciandomi di stucco perché sentirselo dire nella capitale dell'Unione Sovietica faceva un certo effetto.

_Western electric telephone Dial.6D 9-54 very nice dial.orignal. old new stock.______________________________________________________

A quei tempi quando uno arrivava a Mosca gli requisivano il passaporto e il biglietto di ritorno che doveva essere stato acquistato in precedenza.

Pertanto ho chiesto ad altri espositori quale fosse la procedura adottata negli ultimi mesi dalle autorità sovietiche.

"Devi metterti in fila giù nella saletta dell'albergo e quando è il tuo turno domandare alle funzionarie, poliziotte, va a sapere che cavolo sono, se il tuo biglietto è stato vidimato e quindi la tua partenza è confermata nella data prevista."

Così cominciai un altro calvario fatto di lunghe attese in lunghe file prima di raggiungere un tavolo dietro al quale sedevano due stronze che, ogni volta che era il mio turno, interrompevano per qualche secondo le loro conversazioni del cavolo, una dava un'occhiata in una scatoletta di legno che aveva di fronte contenente molti biglietti aerei, scartabellava e regolarmente ogni volta rispondeva "nyet !", Nulla.

 

Sarei dovuto partire due giorni dopo ed ancora non avevo biglietto aereo e passaporto.

Ritrovatomi per l'ennesima volta di fronte alle due poliziotte ho cominciato a urlare come un ossesso infiorettando le mie proteste con gli spezzoni di inglese e francese che conoscevo.

Sentivo su di me il peso degli sguardi di tutte le altre persone in fila dietro di me o sedute ai bordi della stanza che sicuramente scommettevano sul mio sicuro arresto nelle carceri sovietiche.

Le due stronze mi guardavano con i loro occhi da pesce bollito senza pronunciare parola. Alle loro spalle è apparso un poliziotto, chiaramente superiore di grado, che ha detto loro qualcosa, ha afferrato la maledetta scatola di legno con dentro i biglietti aerei e i passaporti allegati, ha guardato con attenzione e ha tirato fuori il mio biglietto e relativo documento. Ha aggiunto, nel consegnarmi il tutto, anche un sorriso, fatto questo estremamente raro nel comune comportamento poliziesco di Mosca.

Era il 18 ottobre e finalmente siamo partiti con un Tupolev 154 della Aeroflot che avrebbe comunque fatto scalo a Budapest per fare rifornimento ai prezzi calmierati sovietici.

 

 

Da Budapest siamo ripartiti con un'ora di ritardo sulla tabella di marcia, destinazione Linate Milano.

Arrivati  quasi sopra la metropoli lombarda l'interfonico della cabina ha annunciato in russo e poi in inglese che probabilmente non saremmo stati in grado di atterrare a Linate a causa dei banchi di nebbia persistente sulla pista. 

Il mio vicino di posto al finestrino stava smoccolando con perfetto vernacolo lombardo e poi mi ha spiegato che (chiaramente doveva essere un esperto) i piloti sovietici provenienti dalla aviazione militare potevano atterrare con la nebbia solo se avevano 800 m di visibilità, al contrario dei piloti occidentali che avevano la professionalità di atterrare con visibilità molto più ridotta.

Come iddio ha voluto siamo finalmente atterrati a Linate dove ho preso un taxi che mi ha portato alla stazione centrale. Qui sono salito sul primo treno per Venezia Mestre dove sono sceso prendendo il convoglio per Udine, dove mi stava aspettando una delle mie cognate.

Ci siamo recati finalmente all'ospedale dove Franca stava soffrendo l'ira di Dio e le stavano praticando addirittura la dilatazione a mano. Roba da quinto mondo…

Alle 6:15 del 19 ottobre Maximiliano faceva il suo ingresso in questo mondo agitato…

Per coloro che preferiscono guardare e ascoltare

https://youtu.be/YtW67qkMA3A

______________________________________________________

Bellissimo racconto
Io qui sono circondato da maledetti comunisti bolscevichi -- magnifici omo con l'altrui virtù !
Bepi
________________________________________________

Come ti capisco dopo 2 anni di Mosca !!!
Maria Luisa M.
_______________________________________________________
Grazie per raccontarci anche questa avventura e tantissimi auguri a Max per il suo compleanno!
Emanuel A. (Los Angeles)
_______________________________________________________

Fantastica storia, Oscar.
Un abbraccio.Patrizia F.

_______________________________________________________

Caro Oscar.,
Leggo sempre con piacere i tuoi scritti di vita. Stupenda la foto con la quale hai chiuso l'articolo: mamma e bimbo da immagine raffaellesca.
Un abbraccio
Aldo

________________________________________________________

E' talmente piacevole leggerti che quasi non fa differenzatra italiano e inglese, o nella versione nostrana hai messo un tocco di dialetto fiorentino?
Scherzi a parte è molto bello leggere i tuoi vividissimi ricordi di un tempo
che tanti di noi hanno dimenticato o non hanno vissuto e sono resi ancora
più vivi dal Lalli e dalle tue tenerissime presenze femminili.
Un caro abbraccio, 

Lucilla

No comments:

Post a Comment