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"Italia, perché non scende la spesa dello Stato" di Guido Colomba
Oramai se ne sono accorti tutti (da Galli della Loggia a Guido Rossi, da Sergio Rizzo a Gian Antonio Stella). Con una pressione fiscale effettiva al 53% (depurando il Pil dalla stima dell'economia sommersa che vale tra 255 e 275 miliardi) l'Italia guida la classifica del popolo più tassato dell'Occidente. Non solo le persone fisiche ma anche le imprese. Basti pensare che, secondo la Banca Mondiale, in Italia una PMI ha un “total tax rate” pari al 68,3%, il tasso più elevato tra le economie più industrializzate. Da venti anni la dirigenza statale sembra avere un solo compito: spolpare la classe media e distruggere l'economia basata sulla piccola e media impresa. Da troppo tempo, al posto del potere legittimo espresso dal Parlamento e dal Governo, si è fatto avanti un potere di veto espresso da una ristretta casta burocratica autoreferenziale. Un ruolo di veto, aggravato da una rete di "famigli", parenti ed amici favoriti nei posti più appetibili (a cominciare dalla miriade di nomine pubbliche nelle società controllate dallo Stato e dagli Enti locali), che rende l'Italia vittima di un immobilismo inestricabile, reso tale dalla impotenza della classe politica. Siamo in presenza di un gigantesco conflitto di interesse che dovrebbe essere oggetto di grande attenzione da parte dei magistrati per i molteplici reati penali che esso racchiude. Ecco perché questa casta non ha alcun interesse a ridurre le spese dello Stato. Non a caso, già col Governo Monti, la “spending review” è totalmente naufragata. Lo stesso si sta ripetendo con il governo "di servizio"di Enrico Letta. E' inevitabile che tutto ciò si proietti sul dibattito politico. Grillo sembra attendere sulla sponda che la situazione, già intollerabile, esploda clamorosamente. Con molto buon senso Matteo Renzi, durante le primarie del novembre scorso, ha ricordato che la prima riforma da fare in Italia è quella di modificare la macchina dello Stato. E le privatizzazioni? Anche su questo tema Renzi è stato chiaro: per consentire allo Stato la vendita sul mercato, ad esempio di una caserma dismessa, occorre predisporre un business plan a cominciare dal cambio della destinazione d'uso di quell'area. "Ma per far questo - ha affermato - occorre ottenere oltre trenta permessi, dalla Regione, dalla Provincia, dai Beni culturali ecc.". Come mai il Tesoro, cui fa capo questa materia, non si è mosso in questa direzione avviando un coordinamento effettivo? Non meraviglia che finora la vendita delle caserme e di altri immobili pubblici abbia ottenuto risultati molto inferiori alle aspettative. La macchina dello Stato costa più di 800 miliardi all'anno. E il Tesoro sa solo dire che a metà anno "non sono rinvenibili" riduzioni di spesa. I percorsi sono plurimi come dimostrano i ritardi cronici nello spendere i Fondi europei (poco meno di 20 miliardi su 49,5 nel periodo 2007-2013, poco meno del 40%). La colpa è solo della burocrazia che tutto frena e tutto vanifica (compresi i ras della politica locale). Un contesto che consente agli interessi particolari (lobby, corporazioni, potentati economici) di trovare ampia accoglienza. La flessibilità (circa 8 miliardi) appena ottenuta a Bruxelles riguarda proprio il cofinanziamento di questi fondi ma sempre all'interno del 3% del deficit corrente. Così, se si vuole puntare davvero allo sviluppo, é venuto il tempo di valorizzare - d'intesa con Bruxelles- lo strumento del credito di imposta per coinvolgere capitali privati. Sul neoministro del Tesoro Saccomanni, grazie alla lunga esperienza in Banca d'Italia, sono riposte molte speranze. Occorre una svolta. La normativa in vigore (spoil system) consente la chiamata di dirigenti dall'esterno. C'è solo da augurarsi che Saccomanni ne faccia buon uso e ribalti come un calzino l'attuale struttura della burocrazia statale.
(Guido Colomba - Copyright 2013 - Edizione italiana)
Fonte: (La Rassegna Finanziaria, Anno 51, N° 765, 08/07/2013 ore 9:58) La Rassegna Finanziaria (R.F.) The Financial Review, Agenzia stampa quotidiana, fondata nel 1962. Reg. Trib. Roma n.071/91. Direttore responsabile Guido Colomba