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L’Italia e la svolta geopolitica del Mediterraneo



di Guido Colomba

(The Financial Review n.764) C'è una svolta geopolitica di cui si parla poco. Riguarda il Mediterraneo, di nuovo al centro di interessi globali e contrastanti. Vi sono forze che vogliono impedire il consolidarsi di un'Europa, alleata degli Stati Uniti, che sta acquisendo la membership dei paesi balcanici (da oggi la Croazia è il ventottesimo paese membro, poi verrà il turno della Serbia). Forse il "caso Snowden", per il quale l'Europa attende chiarimenti immediati, fa parte di questo confronto che ricorda i tempi della guerra fredda con Reagan-Gorbaciov. In questa svolta geopolitica l'Italia è un paese chiave. Anche perché, come ricorda Sergio Romano (re: Il Mediterraneo dimenticato, Corriere del 30 giugno), è l'islamismo nel suo complesso che sta perdendo i pezzi. Sta implodendo. L'Egitto, ma non solo, è l'esempio più eclatante. E' un evento storico simile alla caduta dell'impero sovietico nel 1989. Anche allora il ferreo controllo dell'informazione esercitato da Mosca fu soppiantato dalle radioline che consentivano anche a un pastore dell'Uzbekistan di seguire le notizie del mondo occidentale. Oggi è internet a spingere i giovani musulmani. Quel poco o tanto che insegna la storia dimostra che indietro non si torna. In questo contesto a Washington è forte l'auspicio che l'Italia esca rapidamente da questa crisi di immobilismo che l'avvolge. Enrico Letta sembra godere di simpatie diffuse a condizione che si decida a compiere quei passi riformatori senza i quali la crisi si incancrenisce. Proprio negli ultimi due giorni, hanno fatto sentire la loro voce Giorgio Napolitano e Mario Monti per spronare il governo ad agire con decisione. Lo stesso ministro dell'economia Saccomanni (già direttore della Banca d'Italia) ha rotto gli indugi ed ha indicato il suo piano "per tagliare le spese". Bastano poche cifre per indicare cosa c'è sul piatto: 1) i risparmi possono attuarsi su quella parte della spesa pubblica (superiore a 800 miliardi) pari a 207 miliardi. 2) I costi standard nella sanità (uno scandalo che le regioni non hanno certo impedito), attraverso una centrale unica di acquisto, significano altri 10,6 miliardi di minori spese. 3) Politica fiscale: i 253 miliardi che rappresentano le 720 agevolazioni fiscali "a pioggia" individuate dal piano Giavazzi su input del governo Monti, possono essere snelliti (circa 45 miliardi) e trasformati in sgravi sul costo del lavoro favorendo imprese e occupazione. Confindustria e le associazioni di categoria hanno da mesi dato il loro benestare. Cosa si aspetta? 4) Debiti dello Stato e degli Enti locali verso le imprese: sono pari a 80-100 miliardi. Occorre pagare subito non solo i 20 miliardi previsti entro fine anno ma anche gli altri 20 miliardi programmati nel 2014 (con relativo introito di Iva). Vi sono ragioni tecniche, avallate da Bruxelles, che consentono questa manovra senza incidere sul deficit corrente. Equivale a una manovra economica che metterà in movimento consumi e investimenti. Troppe lobby manovrano contro questo risultato. L'Italia, ai tempi di De Gasperi, La Malfa, Saragat, puntò sull'Occidente. Anche oggi é tempo di scelte. (Guido Colomba – Copyright 2013 – Edizione italiana)