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O fate come diciamo noi o vi sbattiamo fuori dall’uscio



Alberto Pasolini Zanelli
Una volta di più un Dragone dall’Europa del Nord ha soffiato il suo alito di fuoco contro i “soci” del Mediterraneo. Ha sparato una obiezione che assomiglia tanto a un veto, con una letterina contenuta di misura ma esplicita di significato: o fate come diciamo noi o vi sbattiamo fuori dall’uscio. Il concetto non è nuovissimo, ma la firma è assai meno nota. Non si chiama Angela Merkel, bensì Jyrki Katainen; non è tedesco, bensì finlandese. Ha colpito dove aveva mirato: alla fronte di Matteo Renzi, che ha reagito con una certa vivacità. Qualcuno, anche a lui vicino, ha mostrato anche sorpresa. Non avrebbe dovuto. Perché la piccola Finlandia è non da oggi il Cerbero forse più intransigente della “Lega Nord” dell’Europa. Qualcuno pensa addirittura che al suo confronto la Cancelliera di Ferro sia una creatura dolce, timida, influenzabile e dal cuore troppo tenero. Lo aveva già detto con chiarezza come capo del governo finlandese. Adesso lo ha ripetuto da Bruxelles, dunque con voce “europea”, sottolineando i rischi, che ha individuato nel “compito” spedito dalle nazioni più “sospette” a cominciare dall’Italia, in cui può incorrere chi cede alla tentazione della solidarietà, del chiamare i Paesi membri a mettere insieme tutte le loro risorse, umane, politiche, finanziarie per aiutare i deboli a soffrire meno in questa interminabile recessione. Argomento e atteggiamento non nuovi. Già Mario Monti, quando era presidente del Consiglio, si era visto costretto a spingersi fin lassù in suo giro d’Europa alla ricerca di comprensione e solidarietà. Negate, in termini riassumibili anche stavolta in un niet.
Nessuna sorpresa, dunque, soprattutto se si tiene conto delle eredità storiche. La Germania grande, potente, ricca e abituata al ruolo di Cattiva, la Finlandia “piccola”, più spesso oppressa che oppressore, vittima eroica negli ultimi cent’anni di due guerre contro il vicino gigante russo e inevitabilmente di due sconfitte, onorevolissime ma gravose in termini territoriali e, forse più concretamente, di una lunga semisoggezione ai Diktat, anche economici, della defunta Unione Sovietica la cui sparizione non poteva non piombare il vicino-vittima in difficoltà economiche che l’hanno visto risorgere grazie a un vero e proprio miracolo che si chiama soprattutto Nokia e che, come tutti i miracoli a cominciare da quelli italiano, tedesco e giapponese, non sono eterni ma di cui rimangono i benevoli strascichi. La Finlandia gode, per esempio, del sistema scolastico più efficiente del mondo che si riflette in un primato culturale planetario, perfino per quanto riguarda la conoscenza del latino (la radio di Helsinki trasmette mezz’ora al giorno nella lingua di Cicerone, in cui dei finlandesi hanno tradotto il testo nelle canzoni di Elvis Presley). Un po’ più indietro nella Storia riemergono i ricordi di una sanguinosa guerra civile fra il 1918 e il 1920.
Ma il finlandese dalla faccia più cattiva, al punto da costituire una minaccia per l’Europa, bisogna cercarlo molto più a ritroso nei secoli. Ai tempi delle guerre di religione: ab agmine Finnorum libera nos Domine, l’agmen, la schiera dei soldati eroici e spietati che militavano nel campo protestante. La Finlandia all’epoca non esisteva, avrebbe ottenuto l’indipendenza soltanto nel 1918. Al tempo della Guerra dei Trent’Anni era parte della Svezia e, al di fuori del latino ecclesiastico, combatteva sotto quella bandiera. In un conflitto lungo e devastante quel flagello si abbatté soprattutto sulla Germania. Uno scrittore tedesco del primo dopoguerra, Kurt Tucholski, ne parla a proposito dei cani che abbaiano troppo spesso: “Vivono ancora al tempo della Guerra dei Trent’Anni: ogni passo uno Svedese”. Oppure un Finnico.