Romano Prodi (da Il Messaggero)
Il dominio globale/ E la Ue resta a guardare la sfida finale tra Usa e Cina
Venerdì 28 Dicembre 2018 di Romano Prodi
Da ormai molti mesi i mercati mondiali sono dominati dalla guerra commerciale fra gli Stati Uniti e la Cina. Cominciata con battaglie settoriali, come i dazi imposti sull’alluminio e sull’acciaio, la guerra si è poi estesa fino alla decisione di incrementare i dazi al 25% sul valore di circa 200 miliardi di dollari di beni importati dalla Cina. Qualche tempo fa, in occasione del G20 di Buenos Aires, era arrivata una tregua inaspettata, con la sospensione delle misure restrittive per 90 giorni. Per un attimo si è pensato che la durezza di Trump nei confronti della Cina fosse soprattutto il frutto di una strategia elettorale, per cui le cose si sarebbero poi messe a posto attraverso reciproci compromessi.
Anche perché l’enorme deficit commerciale degli Stati Uniti nei confronti dell’Asia durava ormai da parecchi decenni e la Cina aveva, almeno in buona parte, sostituito la quota di surplus che prima avevano il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan nei confronti degli Stati Uniti. Un compromesso era ritenuto possibile, anche perché oltre il 40% delle esportazioni cinesi negli Usa era originato proprio da imprese multinazionali che godevano di crescenti profitti derivati non solo dall’esportazione ma anche dall’allargamento del mercato interno cinese. La tregua è tuttavia durata ben poco: subito dopo l’incontro di Buenos Aires è stato infatti eseguito il mandato di arresto nei confronti della figlia del proprietario e massima dirigente della più avanzata impresa di telecomunicazioni cinese - la Huawei - accusata di avere violato l’embargo nei confronti dell’Iran dove avrebbe esportato componenti tecnologicamente avanzati di fabbricazione americana ma contenuti nelle apparecchiature cinesi.
Quest’episodio non è un fatto anomalo. È un evento che ci porta alla sostanza del problema: la guerra fra gli Stati Uniti e la Cina non è soltanto una guerra commerciale ma una guerra per la supremazia tecnologica e scientifica del pianeta. Anche se forse avremo molti alti e bassi nel commercio, la guerra si presenta inevitabile nel raffinatissimo campo della produzione dei semiconduttori di ultima generazione che sono i componenti fondamentali di tutte le tecnologie del futuro, dalle reti 5G all’Intelligenza artificiale. Questi nuovi semiconduttori plasmeranno il futuro del mondo tanto nel campo militare quanto in quello civile, condizionando in modo pervasivo il nostro quotidiano e la nostra vita. Frutto fino ad ora della tecnologia americana, stanno ora tentando di entrare in questo campo alcune tra le maggiori imprese cinesi, tra le quali la Huawei primeggia per dimensione e per imponenza delle spese in ricerca.
Siamo ben oltre il pur importantissimo ambito degli equilibri commerciali: è cominciata la sfida che deciderà la futura supremazia mondiale.
Per questo motivo il potere di decisione non è più nelle mani delle grandi imprese, come in passato, ma è diventato lo strumento principe della politica. Il presidente Trump intende perciò imporre la sua volontà anche a costo di mettere a rischio gli interessi delle sue grandi imprese. A sua volta il presidente cinese Xi Jinping interviene sempre più pesantemente nelle decisioni delle imprese cinesi e il ruolo delle aziende pubbliche si è addirittura accresciuto, invertendo la tendenza precedente. Tutto ciò non può che provocare un aumento delle tensioni fra America e Cina ben oltre i semplici interessi commerciali.
Da parte americana non si tratta di una tensione esclusivamente alimentata dalla politica di Trump: essa è ora comune a tutto l’establishment, sia democratico che repubblicano. In modo identico, nella società cinese, la consapevolezza di giocare un ruolo di protagonista primario è diventato un obiettivo condiviso da quando, con il programma denominato “Industria 2025,” la Cina ha dichiarato al mondo la volontà di diventare leader nei settori nei quali si giocherà il nostro futuro : Intelligenza Artificiale, robotica, aerospazio, nuovi materiali, biofarmaceutica. Aspettiamoci quindi l’estensione di una sfida per vincere la quale verranno utilizzati tutti i mezzi, augurandoci naturalmente che non si arrivi allo scontro militare.
Questo pericolo potrebbe essere più facilmente evitabile se esistesse un arbitro capace di scongiurare lo scontro diretto. Solo l’Unione Europea potrebbe avere l’autorità di chiamare attorno ad un tavolo Stati Uniti e Cina ed obbligarli a confrontarsi sulle regole da applicare nell’uso della scienza, nella gestione della proprietà intellettuale, nello sfruttamento dei brevetti e in tutti i casi nei quali il rispetto di regole comuni rende più difficile il conflitto. Non essendo in grado di giocare un ruolo di protagonista, noi europei dobbiamo almeno esercitare la funzione di arbitro che gli avvenimenti di oggi fanno apparire più che mai necessaria. Purtroppo, in questo momento, l’Unione Europea che non ha la forza politica per definire obiettivi comuni al suo interno, non può certo proiettarli all’esterno. Eppure le tematiche su cui discutere con Cina e Stati Uniti sarebbero molte: dal commercio alla gestione della proprietà intellettuale, dai brevetti fino agli investimenti infrastrutturali legati alla nuova “Via della Seta”.
Anche perché l’enorme deficit commerciale degli Stati Uniti nei confronti dell’Asia durava ormai da parecchi decenni e la Cina aveva, almeno in buona parte, sostituito la quota di surplus che prima avevano il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan nei confronti degli Stati Uniti. Un compromesso era ritenuto possibile, anche perché oltre il 40% delle esportazioni cinesi negli Usa era originato proprio da imprese multinazionali che godevano di crescenti profitti derivati non solo dall’esportazione ma anche dall’allargamento del mercato interno cinese. La tregua è tuttavia durata ben poco: subito dopo l’incontro di Buenos Aires è stato infatti eseguito il mandato di arresto nei confronti della figlia del proprietario e massima dirigente della più avanzata impresa di telecomunicazioni cinese - la Huawei - accusata di avere violato l’embargo nei confronti dell’Iran dove avrebbe esportato componenti tecnologicamente avanzati di fabbricazione americana ma contenuti nelle apparecchiature cinesi.
Quest’episodio non è un fatto anomalo. È un evento che ci porta alla sostanza del problema: la guerra fra gli Stati Uniti e la Cina non è soltanto una guerra commerciale ma una guerra per la supremazia tecnologica e scientifica del pianeta. Anche se forse avremo molti alti e bassi nel commercio, la guerra si presenta inevitabile nel raffinatissimo campo della produzione dei semiconduttori di ultima generazione che sono i componenti fondamentali di tutte le tecnologie del futuro, dalle reti 5G all’Intelligenza artificiale. Questi nuovi semiconduttori plasmeranno il futuro del mondo tanto nel campo militare quanto in quello civile, condizionando in modo pervasivo il nostro quotidiano e la nostra vita. Frutto fino ad ora della tecnologia americana, stanno ora tentando di entrare in questo campo alcune tra le maggiori imprese cinesi, tra le quali la Huawei primeggia per dimensione e per imponenza delle spese in ricerca.
Siamo ben oltre il pur importantissimo ambito degli equilibri commerciali: è cominciata la sfida che deciderà la futura supremazia mondiale.
Per questo motivo il potere di decisione non è più nelle mani delle grandi imprese, come in passato, ma è diventato lo strumento principe della politica. Il presidente Trump intende perciò imporre la sua volontà anche a costo di mettere a rischio gli interessi delle sue grandi imprese. A sua volta il presidente cinese Xi Jinping interviene sempre più pesantemente nelle decisioni delle imprese cinesi e il ruolo delle aziende pubbliche si è addirittura accresciuto, invertendo la tendenza precedente. Tutto ciò non può che provocare un aumento delle tensioni fra America e Cina ben oltre i semplici interessi commerciali.
Da parte americana non si tratta di una tensione esclusivamente alimentata dalla politica di Trump: essa è ora comune a tutto l’establishment, sia democratico che repubblicano. In modo identico, nella società cinese, la consapevolezza di giocare un ruolo di protagonista primario è diventato un obiettivo condiviso da quando, con il programma denominato “Industria 2025,” la Cina ha dichiarato al mondo la volontà di diventare leader nei settori nei quali si giocherà il nostro futuro : Intelligenza Artificiale, robotica, aerospazio, nuovi materiali, biofarmaceutica. Aspettiamoci quindi l’estensione di una sfida per vincere la quale verranno utilizzati tutti i mezzi, augurandoci naturalmente che non si arrivi allo scontro militare.
Questo pericolo potrebbe essere più facilmente evitabile se esistesse un arbitro capace di scongiurare lo scontro diretto. Solo l’Unione Europea potrebbe avere l’autorità di chiamare attorno ad un tavolo Stati Uniti e Cina ed obbligarli a confrontarsi sulle regole da applicare nell’uso della scienza, nella gestione della proprietà intellettuale, nello sfruttamento dei brevetti e in tutti i casi nei quali il rispetto di regole comuni rende più difficile il conflitto. Non essendo in grado di giocare un ruolo di protagonista, noi europei dobbiamo almeno esercitare la funzione di arbitro che gli avvenimenti di oggi fanno apparire più che mai necessaria. Purtroppo, in questo momento, l’Unione Europea che non ha la forza politica per definire obiettivi comuni al suo interno, non può certo proiettarli all’esterno. Eppure le tematiche su cui discutere con Cina e Stati Uniti sarebbero molte: dal commercio alla gestione della proprietà intellettuale, dai brevetti fino agli investimenti infrastrutturali legati alla nuova “Via della Seta”.