Romano Prodi
(Il Messaggero)
Parigi e i grillini/Due modi opposti di paralizzare un Paese
Domenica 16 Dicembre 2018
di Romano Prodi
Per la loro ampiezza, ma anche per i molti contenuti vaghi e contraddittori, i programmi e gli obiettivi dei “gilet gialli” in Francia e dei Cinque Stelle in Italia hanno tra di loro forti elementi di convergenza.
Il punto di partenza è, per entrambi, la lotta al sistema vigente, sotto tutti gli aspetti. In questo quadro si inserisce una naturale diffidenza non solo nei confronti delle autorità nazionali ma anche un sentimento di ostilità all’Unione Europea, vista come naturale estensione di quella nazionale.
A questo si aggiunge la comune animosità nei confronti delle banche e, in genere, del mondo finanziario a cui si aggancia una parallela sfiducia nei confronti del sistema delle grandi imprese private, accompagnata dalla proposta di una progressiva pubblicizzazione dei servizi di pubblica utilità. Anche se in modo meno sistematico si affianca a tutto ciò una diffusa diffidenza nei confronti della scienza e, soprattutto, della sua “eccessiva invadenza” nell’imporre regole e standard alla sanità pubblica e all’istruzione. Non può, a questo punto, mancare una comune avversione nei confronti dei media tradizionali, e soprattutto dei giornali, ovviamente considerati come i più forti pilastri del potere.
A questo disegno di cancellazione dell’ordine esistente si affiancano numerose proposte di spese aggiuntive.
Proposte che vanno dall’aumento del salario minimo a quello delle pensioni e, soprattutto, all’assicurazione di un reddito garantito per tutti i cittadini, fino alla massiccia assunzione di funzionari per migliorare il livello del welfare e dei servizi pubblici.
Strumentale per raggiungere questi obiettivi è, sia in Francia che in Italia, l’appello all’uso sistematico dei referendum popolari, soprattutto attraverso l’utilizzazione della rete, con tutti i limiti che questo comporta.
Ovviamente si tratta di un elenco soltanto indicativo ma sufficiente per mettere in rilievo che sono stati scelti obiettivi facilmente condivisibili da molta parte dei cittadini. Tali obiettivi raccolgono il favore popolare anche in conseguenza delle ingiustizie e degli errori accumulati nel tempo. Errori che, insieme alle conseguenze di uno sviluppo tecnologico senza precedenti, stanno provocando le gravi difficoltà delle quali siamo tutti coscienti.
L’essere coscienti non è tuttavia condizione sufficiente, soprattutto se si propongono rimedi talmente incompatibili fra di loro che, se applicati, trasformeranno le difficoltà di oggi in difficoltà ben maggiori domani.
Se sono simili le motivazioni del malessere e le proposte per superarlo vi è però fra Francia e Italia una profonda differenza riguardo al modo in cui questi sentimenti si sono tradotti in azione politica. In Francia il movimento è partito dal basso. Non solo dalle categorie sociali emarginate o decadute ma dalla periferia geografica del paese, dalla provincia dimenticata, così come nella provincia britannica si era concentrato il malessere nei confronti delle istituzioni europee in occasione del referendum sulla Brexit.
In Italia questo disagio è stato invece interpretato dall’alto, per essere poi organizzato in una ferrea e moderna struttura che ne ha guidato ogni movimento e ogni decisione, compresa quella di evitare la violenza, così presente invece nelle piazze francesi.
In Italia il famoso “vaffa” è stato calato da un leader rimasto sempre indiscusso mentre in Francia non si è riusciti nemmeno a formare una delegazione capace di dialogare con un potere ormai ridotto in uno stato di palese debolezza. Molti esperti si stanno affaticando nel fare previsioni di quanti voti prenderanno in futuro i “gilet gialli” ma credo che sia una fatica inutile. Il movimento nasce così frammentato che, nonostante le sue dimensioni e la sua radice popolare, avrà la sola conseguenza di indebolire il già debole potere del Presidente e del governo.
Diversa è la situazione dell’Italia dove i Cinque Stelle sono al potere e devono quotidianamente misurare le incompatibilità del programma elettorale, non solo con gli alleati di governo ma anche all’interno dello stesso movimento.
La robustezza che deriva dalla struttura verticale del movimento ha reso fino ad ora possibile, a dispetto delle previsioni di molti osservatori, la convivenza fra posizioni tra di loro incompatibili, ma ci pone tuttavia di fronte a due interrogativi. Il primo riguarda la possibile durata nel tempo di questo sforzo di ricerca delle compatibilità. Il secondo ci obbliga a riflettere sulle conseguenze che questa faticosa armonizzazione delle incompatibilità sta portando nei confronti dello sviluppo presente e futuro del paese. La risposta al secondo interrogativo è quella che più mi preoccupa.
Il punto di partenza è, per entrambi, la lotta al sistema vigente, sotto tutti gli aspetti. In questo quadro si inserisce una naturale diffidenza non solo nei confronti delle autorità nazionali ma anche un sentimento di ostilità all’Unione Europea, vista come naturale estensione di quella nazionale.
A questo si aggiunge la comune animosità nei confronti delle banche e, in genere, del mondo finanziario a cui si aggancia una parallela sfiducia nei confronti del sistema delle grandi imprese private, accompagnata dalla proposta di una progressiva pubblicizzazione dei servizi di pubblica utilità. Anche se in modo meno sistematico si affianca a tutto ciò una diffusa diffidenza nei confronti della scienza e, soprattutto, della sua “eccessiva invadenza” nell’imporre regole e standard alla sanità pubblica e all’istruzione. Non può, a questo punto, mancare una comune avversione nei confronti dei media tradizionali, e soprattutto dei giornali, ovviamente considerati come i più forti pilastri del potere.
A questo disegno di cancellazione dell’ordine esistente si affiancano numerose proposte di spese aggiuntive.
Proposte che vanno dall’aumento del salario minimo a quello delle pensioni e, soprattutto, all’assicurazione di un reddito garantito per tutti i cittadini, fino alla massiccia assunzione di funzionari per migliorare il livello del welfare e dei servizi pubblici.