Translate





Comunicazione oggi: come orientarsi tra fake news, propaganda, marketing politico e commerciale, invasione degli algoritmi


Dalla presunta donazione di un terzo dell’Impero romano a papa Silvestro da parte dell’imperatore Costantino, guarito dalla lebbra dal santo padre, fino alla probabile nascita di Obama in Kenya, le fake news hanno sempre fatto parte della storia dell’umanità.
Queste non sono altro se non informazioni inventate, ingannevoli, create per disinformare ed essere virali; l’importante è che siano notizie clamorose, in grado di sconvolgere e commuovere il pubblico e dargli ciò di cui è sempre alla ricerca, ovvero lo scandalo. Certe o meno, esse hanno sempre

Generato un introito che sia diretto o indiretto. Basti pensare alla dichiarazione della morte di Napoleone, messa in circolazione per guadagnare sulla vendita di titoli governativi o al costo della visualizzazione di una bufala nell’odierno mondo on-line.
Proprio a causa della diffusione ed evoluzione del web 2.0 e dei suoi strumenti – siti, piattaforme social, mailing list, blog e chi più ne ha più ne metta – sempre a portata di mano grazie ai dispositivi mobili cui sembra non si possa fare a meno, le fake news si propagano velocemente e viralmente.
il problema, infatti, non è solo la rapidità con la quale sono condivise ma soprattutto la mancanza di interesse per quanto riguarda la loro veridicità. Quest’ultima, al contrario, dev’essere considerata una prerogativa fondamentale dell’informazione nello scenario attuale, caratterizzato da giovani freelance e dal cosiddetto citizen journalism, che vede la partecipazione attiva dei lettori grazie alla natura interattiva dei nuovi media e alla possibilità di collaborazione tra moltitudini offerta da Internet.

L’unico modo per sopravvivere ai danni generati dalle bufale è il ritorno a un giornalismo autentico e basato su un’etica professionale. Nel suo libro “Committed Journalism”, E.B. Lambeth evidenzia i principi morali del giornalista che riconduce a cinque principi fondamentali, primo tra tutti quello “di dire la verità”. Egli, inoltre, ha il dovere di “interpretare i fatti secondo i loro veri significati, investigando, senza fermarsi alle versioni ufficiali”.
Affermazioni simili paiono scontate, ma il fenomeno delle fake news è il chiaro sintomo di un malfunzionamento nel sistema dell’informazione.

I social media in particolare sono pervasi da bufale e molti psicologi hanno iniziato ad interrogarsi sulle ragioni che portano ad accettare affermazioni dubbie senza interrogarsi sulla loro attendibilità: molti studi hanno dimostrato che è incredibilmente facile mascherare una bugia semplicemente rendendola così ovvia da sembrare vera.
L’essere umano è per natura sedotto dalla semplicità, caratteristica che facilita in maniera sorprendente la diffusione di notizie false e la sottovalutazione di tale fenomeno.
Le fake news hanno conseguenze in numerosi ambiti tra i quali – dato l’attuale scenario globale – è bene citare quello politico, all’interno del quale si manifestano sempre più spesso sottoforma di “teorie cospirative”. Più famosa di tutte, quella secondo cui gli attentati dell’11/09 sarebbero in realtà un lavoro interno dei servizi di intelligence americani. Il rischio maggiore di tali speculazioni, sostiene Viren Swami (professore di psicologia sociale all’Anglia Ruskin University), è l’allontanamento dalle correnti politiche tradizionali verso movimenti estremisti.


Purtroppo, viviamo in un mondo che è pieno di sostenitori di tali teorie: nel 2015 uno studio ha riportato che metà dell’opinione pubblica negli U.S. crede in una di esse. “Il grande cambiamento” continua Swami “è che oggi i politici, e in particolare Donald Trump, iniziano a usare le teoria cospirative per ottenere supporto”.

Le bufale hanno effetti negativi anche sulla capacità di pensiero razionale dell’uomo, che spesso continua a sostenerle nonostante queste vengano sfatate. La convinzione di molti che Megan Fox, Paul McCartney e Miley Cyrus siano morti da tempo e stati sostituiti da sosia può far ridere ed essere di poco peso, ma la certezza di tanti altri che l’HIV sia innocuo deve essere allarmante. La tendenza a sostenere notizie infondate o demolite non è questione di intelligenza ma di disposizioni innate: si tratta di quelle che sono definite “avarizia e fluenza cognitiva” a causa delle quali si accettano e la prima indica l’uso dell’intuizione piuttosto che dell’analisi da parte del cervello, che porta ad accettare spiegazioni semplici per risparmiare tempo ed energie. La seconda porta, invece, a ritenere veritiera una storia solo perché coerente e facile da immaginare.

A fronte di quanto sostenuto finora, appare chiaro che la minaccia delle fake news non dev’essere sottovalutata, ma riconosciuta e sconfitta.

Il giornalismo possiede un sistema di principi e valori propri dell’etica professionale, estranei agli standard morali generali – con i quale possono anche entrare in conflitto – e che insieme alle norme e regole editoriali devono essere le basi dell’informazioni della società odierna.
Come sostiene W.C. Westmoreland, il giornalista deve perseguire tre principi fondamentali: “accuracy, accuracy, accuracy”, cioè precisione e veridicità.


Silvia Negro
Studente MICRI -IULM 2019
Milano