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Se gli stimoli funzionano

Mario Platero da New York per il Sole-24 Ore

Con i suoi muscoli, con la sua crescita del 5% per il terzo trimestre, l'America ieri ha mostrato agli increduli, ai professori, alla Germania, ai falchi “antieuropei”, di aver aver avuto ragione: lo stimolo a oltranza dell'economia funziona.
Invidiamoli un pochino dunque, questi americani, oggetto di mille attacchi di molti europei, perché loro sotto l'albero di Natale di questo 2014 non troveranno come noi il carbone. Troveranno il miglior dato di crescita in dieci anni, trovaranno una delle più forti correzioni del dato mai rilevate, dal 3,9% (già incredibile dal punto di vista europeo) appunto al 5%. Soprattutto troveranno un mercato del lavoro che ha creato 11 milioni di posti in pochi anni. Cominceranno anche a trovare un aumento dei salari medi e la speranza di diminuire la sperequazione. Troveranno anche un indice Dow Jones che ha sfondato quota 18.000. Invidiamoli un pochino perché chissà che da questo sentimento generalmente deprecabile non ne nasca un altro molto importante e che ostinatamente rifiutiamo in una certa parte d'Europa, quello dell'emulazione. L'America ha puntato su tre elementi di traino che in Europa finora abbiamo sottovalutato. Il primo è quello appunto degli stimoli economici a oltranza: uno stimolo fiscale per quasi mille miliardi in uscita dalla Grande Recessione e uno stimolo monetario che continua ancora oggi, con la recente promessa di molta “pazienza” da parte della Fed, prima di cedere alla tentazione di un aumento dei tassi di interesse. Il secondo è quello di aver puntato molto sul settore manifatturiero avanzato. L'amministrazione Obama ha lanciato centri di eccellenza, ha incoraggiato e finanziato iniziative fra pubblico privato e università. E ha recuperato quasi 700.000 nuovi occupati in un settore dato per morto. L'esempio più eclatante? Detroit e il settore auto: i finanziamenti del governo a un settore che da un nuovo posto di lavoro ne crea altri due in altri settori erano stati demonizzati.
Oggi si parla solo di casi da manuale. Il terzo è il vantaggio energetico grazie a regole indulgenti che hanno consentito di accedere a nuove riserve e di contribuire alla diminuzione dei prezzi mondiali. Come ha detto la Yellen, dietro le mille argomentazioni, i mille sospetti, dietro le critiche per una volatilità dei prezzi energetici che obiettivamente è malsana si nasconde solo una verità. Al netto di ogni polemica la diminuzione del prezzo del greggio può solo far bene. Ci sono altre cose che hanno funzionato, la ricostituzione di una solidità di bilancio per le banche; un settore immobiliare che fin dall'inizio del post crisi ha riscattato il suo ruolo di “causa” della crisi, diventando “traino” di ripresa e occupazione grazie a tassi di interesse molto vantaggiosi. Ma su queste ed altre considerazioni prevale un condizione di fondo che gli americani continuano a trovare sotto l'albero di Natale ormai da decenni: una flessibilità sistemica che consente di accogliere l'innovazione tecnologica creando subito nuovo lavoro e nuove attività economiche. L'americano non capisce gli scioperi generali in tempi normali, figuriamoci quando le cose vanno male. Non capisce l'ostinazione a guardare indietro quando la sua natura lo spinge a guardare in avanti. Non capisce il pessimismo quando si è sempre trovato bene con l'ottimismo. Per aiutarci a trovare la formula di un 2015 migliore dovremo riservare in un angolo delle nostre preghiere di Natale un auspicio, che i nostri policy makers, da Berlino a Bruxelles a Francoforte capiscano finalmente che cercare la crescita è una virtù, non un peccato.