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Come uscire dalla crisi


Guido Colomba

Tra il 2008 e il 2015, la manifattura italiana è scesa da oltre il 20% del Pil a circa il 16%. Nello stesso periodo la manifattura tedesca ha mantenuto le sue posizioni intorno al 22% del Pil. Un motivo che aggrava le critiche italiane, in prima fila Confindustria, all'operato della Commissione europea che ha messo nel dimenticatoio il "piano Juncker" che conteneva anche il rilancio dello Small Business Act e dell'Industrial Compact. Dopo l'enfasi iniziale è calato il silenzio. Ne’ gli interventi della Bei (con singoli finanziamenti mirati a progetti italiani innovativi) possono da soli rappresentare un punto di svolta. Dieci giorni fa, la manifattura è stato uno dei temi centrali nell'incontro di Berlino tra Merkel e Renzi, dove ha prevalso un certa convergenza. Sugli altri punti (flessibilità, migranti e banche) le divergenze hanno invece prevalso ed i mercati finanziari ne hanno preso atto a modo loro accentuando il clima di sfiducia degli investitori e il conseguente ribasso delle borse. Sul tema manifatturiero vi è da considerare che Germania e Italia sono i due paesi più forti nel continente e presentano una tendenza comune. Lo studio di Confindustria (Csi) ha messo in evidenza che la manifattura è "export driven" per entrambi i Paesi ed esprime una potenzialità sconosciuta agli altri paesi europei. Per l'Italia l'"effetto Renzi" si è tradotto nell'aumento (+1%) nel 2015 sul 2014 nella produzione industriale, dopo quattro anni consecutivi di ribassi. Altrettanto significativo l'indice del "sentiment" economico (base 1985-2016=100) vicino a quota 110, al di sopra della media europea. Soprende in questo contesto l'accanimento Usa-Ue nei confronti dell'industria dell'auto. In Italia la crescita industriale è legata per oltre il 40% proprio alla filiera automobilistica. Il vertice di Parigi sul clima ha alimentato una caccia alle streghe poco comprensibile come sembra dimostrare il fallimento delle "targhe alterne" a Milano come a Roma. Le vere alternative all'inquinamento atmosferico sono costituite dagli investimenti strutturali a cominciare, ad esempio, dal trasporto su gomma fatto con treni mono-rotaia (sopraelevata) molto silenziosi che possono essere montati ai lati delle principali arterie (esclusi ovviamente i centri storici con le aree archeologiche e museali) per collegare le periferie a tutto vantaggio del pendolarismo. Vi sono molti esempi di tali monorotaie (spesso realizzate da imprese italiane come a Miami, Florida). Costano poco e implicano tempi di realizzo molto rapidi. E' questo il senso degli investimenti pubblici, a favore della crescita invocata da molti economisti premi Nobel, che l'Europa deve decidersi rapidamente a promuovere e finanziare invitando i Paesi membri a garantire gare di appalto internazionali entro sei mesi. Altro che "fiscal compact". Chi punta sulla deflazione ha sbagliato i conti. Lo stesso presidente della Bce, Mario Draghi, ne ha denunciato gli effetti "cospirativi". Il petrolio, crollato ieri dell'8%, oscilla intorno a quota 30 dollari. La stessa Agenzia internazionale dell'energia (Aie) afferma che "la domanda non corre più come prima ne’ si vede, nel breve termine, come i prezzi possano risalire". Dunque, la crisi delle commodities continua aggravando l'economia mondiale. Come uscire da questa situazione? Le ricette non cambiano. Negli anni '30, fu Roosevelt ad indicare la strada del recupero con il" New Deal". Nel secondo dopoguerra furono il piano Marshall (con il corollario delle borse di studio) e Bretton Woods a guidare la rinascita.