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I viaggi di Eusebio Francesco Chini




Maurizio Maggini
Comitato per le celebrazioni di Amerigo Vespucci, Firenze                                 

            
Nel Campidoglio degli Stati Uniti, a Washington, si può visitare  la National Statuary Hall, la sala dove sono raccolte le statue dei padri della patria, presidenti, politici, condottieri, scienziati, ma anche uomini di chiesa. Fra di essi tre  stranieri di nascita Jacques Marquette, francese, Junipero Serra spagnolo ed Eusebio Chini, italiano,  religiosi con vocazione missionaria che divennero anche esploratori dei territori nord-americani: Marquette e Chini erano dei Gesuiti, Serra un Francescano.
La bella statua bronzea  di Eusebio Chini, più noto come padre Kino, venne collocata nel 1965, quale dono dello stato dell’Arizona,  dove egli svolse la sua opera missionaria. Viene  rappresentato con la mano destra accennante un saluto ed una benedizione, mentre nell’altra tiene un astrolabio, strumento tipico dei navigatori di mare e di terra ed è così definito: esploratore, storico, allevatore, fondatore di missioni, apostolo tra gli indiani. Questi sono infatti  gli aspetti della personalità e della vicenda umana di Eusebio Chini, nato nel 1644 a Segno, in Val di Non, che all’epoca apparteneva al Principato Vescovile di Trento e nel cui collegio gesuita compì i primi studi,  per poi trasferirsi in quello di Halle, presso Innsbruck, dedicandosi in particolare alla matematica ed alle scienze naturali. Una grave malattia, da cui si riprese  miracolosamente, lo portò a formulare un voto a San Francesco Saverio, ossia di divenirne un seguace, assumendone il nome quando entrò nella Compagnia di Gesù, nel 1665, con il proposito di  recarsi in missione, proposito che riuscì a realizzare passato qualche anno, dopo una severa e prolungata preparazione.
Eusebio Francesco Chini venne finalmente esaudito ed ottenne il permesso di recarsi in missione:  per lui ed un suo confratello si aprirono due destinazioni in alternativa, la Nuova Spagna (Nord-America) e le Filippine, tra le quali fu lasciata la scelta alla sorte che  per il nostro decise in favore del Nuovo Mondo. Partì finalmente  il 27 Gennaio 1681 con destinazione Città del Messico,  affrontando la traversata oceanica ed il proseguimento via terra da Vera Cruz. In navigazione si dedicò all’osservazione di una cometa, mettendo in pratica i suoi studi di astronomia e redigendo una dotta dissertazione, ovviamente in lingua spagnola, della quale era ormai padrone, come del resto di quella italiana e tedesca. Proprio il ricorso al castigliano quale  lingua ufficiale della missione, appunto in territori soggetti alla sovranità della Spagna, lo portò a modificare il suo nome in Kino dal Chini di famiglia che altrimenti sarebbe stato pronunciato tralasciando la “h”, come se si trattasse di un “cinese”.
Fu appunto così che il nostro diventò il Padre Kino passato alla storia delle missioni e delle esplorazioni. Infatti egli perseguì la sua autentica vocazione missionaria, fu un vero soldato di Gesù, votato all’evangelizzazione degli indios, ma altresì al loro progresso civile e materiale: si trattava delle tribù  Pima, Imeri, Sobaipuri, Pàpago, Gila, Seri, Guaymas e altre.
Il suo primo incarico lo ebbe nel 1682, in qualità di cosmografo  e di cappellano della spedizione esplorativa del generale Atondo con destinazione  la Bassa California, la grande penisola messicana sull’ Oceano Pacifico così denominata,  inizialmente ritenuta un’isola, dove fu effettuato uno sbarco sulla costa orientale presso la odierna città di La Paz. Il 1687  vide il vero e proprio inizio dell’opera missionaria di Padre Kino, che lo impegnerà  per tutta la sua restante, ultra ventennale esperienza americana nella Pimeria Alta, la zona compresa tra gli attuali stati del Sonora (Messico) e dell’Arizona (USA), così denominata per la presenza prevalente della tribù Pima. Raggiunse inizialmente la località di Cucurpe, all’incirca a Sud della odierna cittadina messicana di Magdalena, fondando la missione di Nuestra Señora de los Dolores,  che costituirà una base delle sue instancabili attività future che portarono alla creazione di ben  24 missioni e alcuni  più piccoli presidi detti “visitas”. Tra queste missioni, oltre alla stessa “Dolores “,  a ca. 80 chilometri dal confine con gli Stati Uniti, quelle di Cocòspera, San Ignacio, Tubutama, Caborca  nel Sonora. Inoltre le missioni di Tumácacori e del Bac in Arizona  e altre, cui furono via via assegnati i nuovi missionari sopraggiunti, mai però in numero sufficiente, circostanza che obbligò padre Kino a supplire con la sua presenza diretta nelle varie località disperse sul vasto territorio, da cui l’appellativo del “padre a cavallo”, come viene rappresentato in vari monumenti. Si calcola che nel corso della sua vita missionaria abbia percorso ben 13.000 chilometri.
Nel 1691 venne fondata la citata missione di San Cayetano de Tumácacori, appunto la prima dell’Arizona,  presso la tribù dei Sobaipuri e successivamente Padre Kino si spinse ancora più a Nord, dove fu stabilita quella importante di San Xavier del Bac, a sud di Tucson, un bellissimo, sopravvissuto esempio dell’ architettura coloniale spagnola. Raggiunse poi  il piccolo Rio Altar ed il monte Cerro El Nazareno e sulla via del ritorno fondò la missione di Nuestra Señora de la Purissima Conceptión, nella cittadina di Caborca,  sul fiume Magdalena, prossimo a sfociare nel Golfo della California. La zona di Magdalena de Kino, in suo onore la località ricevette successivamente tale denominazione,  e di Caborca si trova  a Sud dell’odierna città messicana di Nogales, al confine con gli Stati Uniti, a non molta distanza da Tucson. Vanno anche ricordate le iniziative di padre Kino e dei suoi missionari  per introdurre delle coltivazioni sconosciute per quei luoghi e quelle tribù, quali cereali, alberi da frutto, ortaggi e addirittura la vite, nonché per sviluppare l’allevamento del bestiame, compreso i cavalli.
Si giunse così al 15 Marzo 1711 quando  in occasione della messa inaugurale nella cappella di San Francesco Saverio a Magdalena, Padre Kino fu colto da un malore fatale, aveva 67 anni. Le sue spoglie rimasero giustamente in quella città, poi ribattezzata, come si è visto, con l’aggiunta del suo nome e divennero oggetto di venerazione. Nel corso del tempo e di successivi, ripetuti rivolgimenti politici e sociali nella regione, se ne persero le tracce,  poi ritrovate  nel 1965 e restituite ai fedeli insieme ad una rinnovata  memoria dell’apostolato di Padre Kino, ma altresì del suo ruolo di  un padre della patria, ne la Pimeria alta, che univa i futuri  americani e messicani.
Padre Kino, un vero apostolo, un autentico missionario, un instancabile viaggiatore.  E’ bello, leggendo le sue pagine, viaggiare anche noi con lui per incontrare nuovi mondi e nuove genti.