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La visita, a Roma.....


Guido Colomba

, del presidente della Commissione Ue, Juncker (autore di un piano-fantasma di 300 miliardi di euro) racchiude tre verità destinate ad incidere sulla possibilità di una svolta europea. La prima riguarda il debito pubblico che, in valore assoluto, vede la Germania e l'Italia ai primi due posti in Europa con 2151 e 2192 miliardi di euro (dati Eurostat al terzo trimestre 2015). Con una differenza fondamentale: il risparmio privato italiano, al netto dei debiti (es. mutui), è superiore a quello tedesco con buona pace di quanti continuano a parlare del "problema italiano". Il rapporto debito/Pil va sempre rapportato a questi "fondamentali". All'estero, sull'Italia c'è fiducia specie negli Usa. Nel 2015 gli investimenti dall'estero in aziende italiane sono fortemente aumentati. La seconda verità riguarda le banche tedesche che posseggono centinaia di miliardi di derivati (strumenti finanziari Otc) il cui valore di realizzo è sconosciuto (di qui la recente frase di Renzi:"troppi derivati e titoli tossici nella pancia di alcuni istituti di credito europei") ma per loro il "bail-in" non è mai scattato. Eppure, un solo calo del 5% nel valore stimato dei prodotti tossici in portafoglio (543,3 miliardi per Deutsche Bank) sarebbe già in grado di azzerare il patrimonio netto tangibile. La terza verità riflette l'effetto leva. Il parametro che misura di quante volte il debito sia superiore al patrimonio netto tangibile. Anche qui, il sistema bancario teutonico appare super esposto (26,7% dell'attivo contro l'8,1% dell'Italia) ai rischi sistemici con cifre di molto superiori a quello italiano. La cosa paradossale è che questi dati sono noti e disponibili. Però le autorità italiane con i governi Berlusconi, Monti e Letta vi hanno dato scarso peso e i media italiani li hanno praticamente ignorati (dov'era l'ufficio stampa della Banca d'Italia in questi anni?). Un trend che continua ai giorni nostri. Ad esempio, perfino Radio24 (proprietà Confindustria) continua a parlare di rischio "default Italia"ed irride agli articoli del Sole24Ore, stesso gruppo editoriale, nei quali si sottolinea che tra il 2009 e il 2014, i titoli di Stato tedeschi hanno raccolto sull'estero più di 340 miliardi talchè il possesso straniero nel 2014 superava il 56,8% (pari a 1239 miliardi) contro il 33,6% dell’Italia.  I flussi di entrata e uscita indicano che tutto il nuovo debito dell'Italia è stato finanziato dai risparmiatori italiani (l’estero ha ritirato 23 miliardi). Quello che è incomprensibile è il meccanismo di rating adottato nei confronti dell'Italia da Moody's e S&P (BBB-) con effetti penalizzanti sull'economia reale: le imprese italiane debbono pagare di più il costo del denaro anche in termini di emissioni obbligazionarie. Vi è poi una mancanza di iniziativa che coinvolge il "nocciolo duro" dell'alta burocrazia, quella per intenderci che assiste i governi in carica e le istituzioni. Di che cosa si tratta? Negli ultimi due anni, in vista del nuovo sistema sulle crisi bancarie (dal 2016 bail-in al posto del bail-out ) tutto il centro-nord Europa ha adottato il sistema delle "holding bancarie" (in vigore anche in UK, Usa e Svizzera) che ne detengono il capitale ed alle quali è stato trasferito il totale delle emissioni di bonds. In caso di crisi, sono le holding a venire coinvolte lasciando le banche sottostanti (e i loro clienti) immuni da ogni conseguenza a cominciare dalle oscillazioni di borsa. Persino alla Spagna è stato concesso un regime particolare che tutela le banche e i risparmiatori. Il tutto sotto l'occhio "vigile" della Bce e di Bruxelles. Perchè l'Italia non ha seguito questo schema? Cosa ha da dire in proposito Mario Monti? Viene il sospetto che, con la nomina di Mario Draghi alla presidenza della Banca centrale europea, sia scattata una sorta di moratoria tra la dirigenza dello Stato (Tesoro e Banca d'Italia) e quella politico-governativa. Una grave omissione che penalizza le banche italiane (crollo delle quotazioni in borsa ampliate dalla volatilità e dallo scarso spessore del mercato di Milano) ed espone risparmiatori e obbligazionisti a perdite ingiustificate e del tutto evitabili. Lo stesso Draghi, otto giorni fa, ha definito "adeguato il capitale delle banche". Il dibattito sulla "bad bank", mai autorizzato dalla Commissione Ue guidata da Juncker, costituisce un esempio illuminante. Vi sono dunque mille motivi per chiedere, da parte del governo Renzi, un cambio di strategia europea, finalizzato alla crescita, per evitarne la disintegrazione. Chi parla di Commissione d'inchiesta parlamentare per la vicenda delle quattro banche fallite, probabilmente, non ne conosce i veri destinatari.