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Messico tra droga, sequestri, rapine e Trump
(Veracruz)
Nel momento in cui scriviamo questa corrispondenza da VeraCruz, Messico, dal balcone del nostro appartamento all'hotel Camino Real osserviamo nella baia quattro grandi navi specializzate nel trasporto di automobili. Attendono il proprio turno per entrare in porto e caricare migliaia di vetture costruite o assemblate negli stabilimenti messicani.
I giornali locali hanno dedicato una pagina alla incoronazione del nuovo presidente degli Stati Uniti, avvenuta di fronte ad una folla di affezionati sostenitori provenienti da ogni Stato della federazione, molto ridotta come consistenza (si parla di 400 - 500.000 persone) rispetto ai 2 milioni di cittadini che sfidarono il freddo polare nel 2008 per il giuramento di Barack Obama.
Abbiamo parlato con alcuni commessi incontrati nel Plaza Mall al termine del boulevard Camacho. A parte quelli che ignoravano addirittura che oggi a Washington vi fosse il cambio della guardia alla White House, i pochi parzialmente informati esprimevano molte perplessità sul nuovo inquilino della Casa Bianca.
I giornali della sera definiscono "politicamente incorretto y poco concreto" il discorso di 10 minuti di Donald Trump e ricordano che entro i primi 100 giorni del suo governo vorrà mantenere la promessa fatta ai suoi sostenitori di costruire un muro che separi il Messico dagli Stati Uniti.
Il neo presidente ha più volte detto che le spese relative alla costruzione di questo muro saranno a carico dei messicani ed è stato più volte smentito dal presidente del Messico. A questo punto Trump si è rifugiato in corner dicendo che comunque ai messicani il muro glielo farà pagare.
Il secondo grande tema di interesse è la promessa fatta da Trump che "los immigrantes indocumentados" saranno espulsi, il che non rende particolarmente felici quegli imprenditori americani che in California e negli altri Stati del sud impiegano, soprattutto in agricoltura, decine e decine di migliaia di ispanici.
Resta infine la minaccia secondo cui le grandi marche americane dovranno smobilitare gli stabilimenti messicani e crearne di nuovi o potenziare quelli già esistenti negli Stati Uniti con significativo aumento dei costi di produzione di ogni vettura. Quanto alle marche asiatiche o europee a cominciare da quelle germaniche, nell'intenzione del presidente Trump se vorranno vendere sul mercato americano saranno soggette a forti dazi di entrata se le auto non saranno fabbricate negli Stati Uniti.
Ma, a parte il signor Trump, la notizia del giorno è che El Chapo, leader del Cartel de Sinaloa e capo indiscusso della criminalità messicana organizzata nella produzione e smercio soprattutto della cocaina, è stato estradato a New York dove è giunto in mattinata.
Finisce così una carriera caratterizzata da fughe rese possibili grazie alla corruzione presente ad ogni livello nell'organizzazione carceraria del Messico.
Gli americani, che in questo sono dei professionisti, riusciranno sicuramente a far parlare in maniera abbondante El Chapo e di sicuro vi sono al momento in Messico decine se non migliaia di persone che tremano per quanto il gran capo andrà a spifferare.
I giornali comunque sottolineano che sono in grande aumento i sequestri volanti di persona, gli omicidi, le rapine. A conferma che la vita in Messico non è molto facile.
Oscar