Alberto Pasolini Zanelli
Non sono
esattamente i nostri, ma arrivano. Stanno attraversando quella che fino a un paio
di anni fa si chiamava la Frontiera, la terra che separava il nostro mondo da
quello loro, rosso. Di quando vigeva la Guerra Fredda. Non invadono, aiutano. Vengono
da Mosca per combattere al nostro fianco il mostro invisibile che si chiama
Coronavirus. Sono nove colossali aerei da trasporto, giganteschi cargo, che trasportano altrettante unità
mediche, armi contro il nemico comune di oggi. Sono carichi anche di medici
specialisti. E marciano, per ora, su Milano e sulle zone adiacenti, quelle più
colpite dalla pandemia. Ci siedono dentro un centinaio di militari,
specializzati in virologia e nelle epidemie. Ce li manda Putin in persona, che
lo aveva annunciato in una breve telefonata con il nostro primo ministro Conte.
Per evitare ogni equivoco e spiegare le loro intenzioni hanno dipinto
altrettanti cuori in cui si intrecciano la loro bandiera e la nostra. C’è
scritto sopra nelle due lingue “Dalla Russia con amore”. E la mente non può che
andare a James Bond. Coloro che al Cremlino hanno deciso di mandarli hanno
incaricato di spiegarli, con descrizioni ormai ovvie ma rafforzate dalle
dichiarazioni di alcuni atleti italiani incoronati in passati giochi olimpici e
che hanno ora dichiarato la guerra a quello che anche loro chiamano “il nemico
in casa”. Al Cremlino hanno festeggiato l’evento con una cerimonia che non
eravamo abituati ad attendere: non una cerimonia militare, ma una grossa processione
sulla Piazza Rossa. Cerimonia che uno immagina a Roma e non a Mosca. Da Washington
ci si aspetta altro e di maggiori dimensioni e magari più in fretta. Ma a torto,
perché l’America, una volta tanto, non è esclusivamente ma neppure
prevalentemente la donatrice ad una catastrofe altrui: ne è una delle vittime,
anzi fra le più ingenti, quasi come l’Italia. Non li aspettavamo da Mosca, ma
sono comunque amici. Ad anticiparli, la Cina che finora se l’è cavata molto più
a buon mercato. Poco fa ha celebrato un intero giorno senza neanche una vittima
e cinque senza nuovi contaminati “interni”.
Dall’America non
sono neanche partite promesse, prediche e un po’ di aiuti. A Washington
prevalgono le polemiche, per diversi motivi fra cui quello che il peso più
immediato e più proiettato sul futuro è quello economico-finanziario. Gli
obiettivi colpiti o mirati sono troppo ingenti. E il potere politico,
evidentemente molto più democratico, è scopertamente diviso: su quanto e cosa
investire, nell’arrivare più in fretta a una precisa definizione del nemico e
la proporzione fra le sue più ingenti offensive. Le prime proposte sono state bocciate
dal Parlamento, la Camera è popolata in maggioranza da membri dell’opposizione
democratica e nel Senato, repubblicano, spuntano i dissidenti in numero
sufficiente per mettere in minoranza Trump. Alcuni dei dissidenti sono molto
noti, ad esempio un ex candidato alla Casa Bianca, Mitt Romney. Le tensioni
politiche sono inevitabilmente inasprite dalla coincidenza con la campagna
elettorale che in altri Paesi potrebbe essere considerata come lontana, ma in
America è in pieno corso, quasi imminente, anche se non si voterà prima di
novembre. I due partiti sono ancora nella fase di ordinare i ranghi e stabilire
le gerarchie. I democratici addirittura non hanno ancora scelto il loro
candidato alla Casa Bianca: metà degli Stati devono ancora votare. Fino a due
settimane fa sembrava quasi certo che il prescelto sarebbe stato l’ex vicepresidente
Joe Biden, ma la sua voce finora di fronte alla catastrofe è stata relativamente
fievole, il che ha riesumato antichi dubbi sul suo vigore e lucidità ideologica.
Riemergono dunque, sia pure non ufficialmente, coloro che lui sembrava avere
sgominato. In particolare il leader “socialista” Bernie Sanders, secondo in “classifica”,
ma anche altri, fra cui un paio di donne, da Elizabeth Warren alla più giovane,
Amy Klobuchar. E perfino una ancor più giovane e debuttante parlamentare eletta
nelle remote Hawaii.
Di fronte al
riemergere delle divisioni c’è chi propone addirittura il rinvio delle elezioni,
che è stato già approvato per un paio di date a medio termine. La propongono
soprattutto gli scienziati e anche i responsabili finanziari. L’ostacolo è
principalmente la Costituzione. Trump non si è ancora espresso, forse perché la
sua gestione della crisi è già molto contestata.
Pasolini.zanelli@gmail.com