Alberto Pasolini
Zanelli
Non proprio
volontariamente, ma come conseguenza di una coincidenza. Che originariamente
non aveva nulla a che fare con la pandemia. E anche per questo se ne parla poco
o nulla, almeno a Washington. È la conseguenza, anzi, di una iniziativa di
sanzioni decise dagli Stati Uniti (e dai Paesi dell’Unione Europea) per punire
Mosca e permettere l’“intrusione” delle banche occidentali nei bilanci delle
aziende russe, al fine di ostacolare i finanziamenti legati al petrolio e alle
banche. Lo scopo era, anzi è, di punire Putin per i suoi interventi in Ucraina
e in Siria e anche per le cosiddette intrusioni del Cremlino nelle elezioni presidenziali
americane del 2016 con il fine di sabotare la candidatura di Hillary Clinton e
aiutare Donald Trump. Non proprio gratis: queste sanzioni e le risposte successive
da parte della Russia avevano una scadenza proprio in queste settimane, nella
forma di una “dislocazione universale” dell’economia globale, dunque di un
indebolimento finanziario ed economico di Mosca, che per anni si era nutrita
dei redditi e delle esportazioni di petrolio, neutralizzando così la
depressione interna. Poi, imprevista, è arrivata la pioggia pandemica che ha
colpito tutti i Paesi. Ma la Russia vi è entrata con riserve petrolifere
intatte, quasi senza debiti e autosufficiente, in particolare nell’agricoltura.
La minaccia mondiale ha colpito anche il governo di Putin, impegnato proprio in
queste settimane a far passare dalla Duma una revisione della Costituzione che raddoppi
il numero di anni che egli possa passare al Cremlino tramite due ulteriori
rielezioni. Il Coronavirus sta bombardando tutta la Terra, con intensità però
differenti e, a quanto pare, meno la Russia che non gli Stati Uniti. Suscitando,
di conseguenza, una nuova guerra del petrolio che ha portato a un collasso dei
prezzi e dunque dei redditi su cui Mosca conta.
Però, qui è
arrivata la sorpresa, la Russia è stata colpita dalla crisi nel momento in cui,
a causa dei limiti sanzionati, le sue riserve petrolifere sono aumentate e le
sue ditte si sono quasi interamente liberate dei debiti, potendo così
rimpolpare i finanziamenti all’agricoltura. Putin era però preparato alle
conseguenze economiche dei “bombardamenti” pandemici, agevolata rispetto a
quasi tutti gli altri Paesi dalla recente esperienza e dalle incrementate
riserve: circa 600 miliardi di dollari in oro e valute “pregiate”, ammassate dai
risparmi forzati conseguenza del patto. Il tutto in quasi silenzio da ambo le parti
e con la conseguenza, calcolata attorno al 20 per cento di ribasso del rublo,
mentre il petrolio e i gas naturali ammontano al 60 per cento circa del totale
delle esportazioni russe. E a gesti fuor dal comune come “simbolici” aiuti ad
alcuni Paesi, fra cui l’Italia e all’iscrizione dello slogan “fraterno”
scandito in “dalla Russia con amore”, conditi dalla riesumazione del titolo di
un film James Bond che raccontava delle guerre segrete fra l’Unione Sovietica e
l’Occidente.
In America (e nel
resto del mondo) se ne parla poco. Ci sono cose molto più urgenti e dolorose. Con
poche eccezioni, quasi tutti i Paesi sono torturati e spaventati da quelle cose
invisibili che vengono dal cielo. L’Italia ne soffre più di quasi tutti gli
altri e anche l’America, nonostante le sue dimensioni di Superpotenza in tutti
i campi. Ciò provoca un panorama di polemiche, fatte più visibili dalla
personalità del presidente Trump e dall’accanimento dei suoi avversari. Il Congresso
è ancora impegnato alla ricerca di una somma forse ancora più “ingente” di due
trilioni di dollari, da riversare compatti nelle casseforti dei Grandi, come
preferiscono il presidente e i repubblicani, e i democratici che insistono per
una distribuzione più larga. Questa necessità è ribadita a voce sempre più alta
da Andrew Cuomo e Bill de Blasio, rispettivamente governatore dello Stato e
sindaco di New York, che dalla crisi è stato colpito finora più ferocemente. Entrambi
propongono il rinvio dell’elezione presidenziale. La Costituzione pare
vietarlo, ma intanto sono state spostate le date delle votazioni preliminari. Come,
del resto, delle Olimpiadi. La terza volta che dei conflitti l’hanno imposto
alla celebrazione di questo appuntamento millenario.