Sui Covid-Bonds si gioca il destino dell’Europa
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 22 marzo 2020
E’ trascorsa una sola settimana e si è di nuovo rovesciato il mondo. Mentre la Cina, da cui tutto è partito, ha comunicato che non vi era più nessun contagiato, il Coronavirus si è purtroppo diffuso in quasi tutto il pianeta. Ormai è arrivato in tutti i continenti, risparmia ben pochi paesi e coloro che sono direttamente colpiti dalla pandemia si contano ormai in centinaia di migliaia.
Ancora più rapida e violenta è stata la rivoluzione delle politiche adottate per contenere la diffusione della epidemia.
Tra i paesi ad alto livello di reddito solo l’Italia, anche perché attaccata con rapida e inusitata violenza dal morbo, aveva preso drastiche misure per frenarne l’espansione. Ora, mentre la Cina annuncia di incamminarsi verso una prudente normalità riaprendo il 90% delle proprie fabbriche, la quasi totalità dei paesi europei e gli Stati Uniti hanno adottato misure di contenimento che progressivamente si avvicinano a quelle italiane.
Non solo le strade di Madrid, Parigi e Berlino sono ora deserte come quelle di Roma e Milano, ma i cambiamenti della politica britannica e americana hanno dell’incredibile. Alla loro folle negazione della necessità di intervenire è fortunatamente seguita, nello spazio di poche ore, una politica di segno opposto. La tragica globalizzazione del morbo è stata finalmente accompagnata da una parallela globalizzazione della lotta per contenerlo, essendo questo l’unico modo per sconfiggerlo in un tempo non infinito.
Allo stesso modo e con la stessa rapidità è cambiato il quadro economico di tutto il pianeta. Se per difendere la nostra salute si fermano gli aerei, spariscono i turisti, si chiudono i ristoranti e le fabbriche, la caduta dell’economia sarà di conseguenza altrettanto rovinosa, della stessa dimensione, o forse ancora maggiore, di quanto avveniva nei tempi di guerra.
Per fortuna anche nella politica economica europea, se non è ancora cambiato il mondo, sono almeno cambiate le intenzioni e gli orientamenti: in modo rapido e, sotto molti aspetti, inaspettato.
La presidente della Banca Centrale Europea, dopo aver sostanzialmente dichiarato che ogni paese dell’Euro doveva arrangiarsi da solo, ha infatti invertito la rotta, mettendo a disposizione 750 miliardi di Euro per venire incontro agli squilibri causati dalla nuova emergenza.
Ugualmente radicale è stato il cambiamento della Presidente della Commissione. Mentre fino a pochi giorni fa non nominava nemmeno il Coronavirus, non ritenendolo un evento sufficiente per cambiare la politica europea, dopo pochi giorni, Ursula Von der Leyen ha finalmente annunciato che nessuno dei paesi membri può affrontare da solo questa calamità. Ha quindi ufficialmente aggiunto che il patto di stabilità è sospeso e che, di conseguenza, i diversi paesi possono mettere in circolazione tanto denaro quanto è necessario per affrontare l’emergenza. Ha inoltre affermato che l’Italia può utilizzare fondi strutturali inutilizzati per un ammontare di undici miliardi e può anche ricorrere ai finanziamenti speciali della Banca Europea degli Investimenti dedicati alle Piccole e Medie Imprese.
Tutto questo fornisce un provvidenziale respiro per l’emergenza ma è evidente che, nella difficile situazione in cui si trova la nostra economia, la ripresa italiana potrà partire solo nel quadro di una concreta solidarietà europea di lungo periodo. Questo può avvenire unicamente con l’adozione degli Eurobonds, finora guardati con sospetto o apertamente avversati dai paesi del nord, a cominciare da Olanda e Germania.
Ebbene la Presidente Von der Leyen ha dichiarato che, sotto la drammatica spinta di una comune tragedia, gli Eurobonds (chiamiamoli pure RecoveryBonds o anche CoronavirusBonds) dovranno finalmente essere sottoposti ad un giudizio definitivo da parte delle Istituzioni europee.
Abbiamo quindi davanti a noi pochissimi giorni per vedere se l’Europa è cambiata davvero: domani infatti si riuniranno (anche se in modo forzatamente virtuale) i ministri dell’Ecofin, martedì è il giorno dell’Eurogruppo e per giovedì sono convocati i capi di Stato e di Governo.
Anche se l’atmosfera è cambiata, si vedrà solo nei prossimi giorni se il mutamento è reale e duraturo. L’Italia deve perciò, nei prossimi giorni, usare ogni strumento per indurre l’Europa ad affrontare, finalmente unita, i grandi cambiamenti del mondo. Anche se possiamo probabilmente contare sull’appoggio della Francia e di tanti altri paesi non sarà una battaglia facile. Anzi una battaglia difficilissima, ma che va combattuta.
Si deve constatare ancora una volta che i grandi progressi dell’Unione diventano possibili solo quando, come prevedevano i padri fondatori, tutti i paesi si sentono inadeguati di fronte allo stesso grande dramma. Ed è ancora più doloroso ammettere che il non avere trovato alcuna strategia unitaria nella crisi economica del 2008-2009 deriva proprio dal fatto che la divergenza degli interessi contingenti è ancora più potente della necessaria condivisione di un futuro comune.
Per ora la comune tragedia da cui siamo oppressi ha avuto almeno il risultato di vedere medici cinesi, americani e cubani operare in modo congiunto per alleviare le nostre sofferenze.
Anche questo è un messaggio di solidarietà.
Assolutamente condivisibile. Tremonti docet. Altrimenti ognuno per sé .Alberto Galluccio