Se salta la solidarietà, l’Europa si dissolve e non si salverà nessuno
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 28 marzo 2020
L’attesissima teleconferenza del Consiglio europeo non ha concluso nulla e questo potrebbe avere conseguenze drammatiche. I massimi responsabili della politica europea hanno discusso per sei ore su cosa fare per alleviare le conseguenze negative della più grave crisi del dopoguerra e hanno deciso di rinviare ogni decisione a una riunione dei ministri delle finanze che si svolgerà fra quindici giorni. A parte l’idea tragicamente umoristica di passare la palla ai ministri delle finanze, come se essi potessero avere posizioni diverse da quelle dei loro superiori, dobbiamo constatare che le discussioni che hanno preceduto la non decisione hanno messo in rilievo disparità di vedute che, a tutt’oggi, non sembrano componibili.
Si tratta dell’ormai consueto scontro fra Nord e Sud, fra i cosiddetti paesi virtuosi e noi meridionali, che siamo evidentemente i viziosi. Come sempre il fronte dei “virtuosi” trova la sua punta più oltranzista nell’Olanda, contraria all’entrata dell’Italia nell’Euro, contraria a ogni forma di solidarietà. Un paese che fa del rigore il proprio scudo ma che, nello stesso tempo, è di tutti il più abile a praticare politiche fiscali di dubbia legittimità per trasferire in Olanda le sedi delle imprese degli altri paesi europei, a cominciare dalla FCA.
Come sempre è avvenuto negli ultimi tempi, la Germania si è affiancata all’Olanda, avendo solo la buona creanza di usare un linguaggio meno offensivo. Il rifiuto tedesco nei confronti di una politica di solidarietà europea almeno non viene imputato ai peccati di noi meridionali, ma al fatto che dimostrarsi solidali “mette in discussione i principii fondamentali della Germania”. Queste parole della Cancelliera riflettono la necessità di ogni politico di tenere conto delle preferenze del proprio elettorato ma, di fronte alla tragedia a cui assistiamo, ci obbligano anche a riflettere su quali debbano essere “i principii fondamentali” che tengono insieme l’Unione Europea.
Dato che l’unico punto all’ordine del giorno del Consiglio Europeo era se mettere insieme le risorse necessarie per fare fronte alle conseguenze del Coronavirus, non vedo proprio quale principio fondamentale potesse impedire la decisione di emettere dei Bond dedicati a questo scopo e battezzati perfino col nome di Coronabond. Le proposte alternative portate avanti dai paesi “virtuosi” restano infatti legate a condizioni tali da rendere l’eventuale intervento del FES (Fondo Europeo di Solidarietà) non solo insufficiente, ma del tutto inaccettabile.
Cerchiamo ora di riflettere su quali saranno, in futuro, le conseguenze delle divisioni europee nei confronti di quanto avviene negli Stati Uniti e in Cina e di quanto avverrà all’interno dell’Europa stessa.
L’attività economica mondiale, già in caduta di velocità, avrà addirittura un segno negativo. La caduta europea sarà tuttavia almeno il doppio di quella americana: già oggi non certo inferiore al 5% e probabilmente assai superiore. Nonostante il ritardo con cui Trump si è reso conto della tragedia in corso, quando ha visto che in una settimana tre milioni di persone hanno perso il lavoro, si è affrettato a rilanciare l’economia americana sostenendo imprese e famiglie con l’enorme e ineguagliata cifra di oltre duemila miliardi di dollari.
A sua volta la Cina, che pure dovrà accontentarsi (si fa per dire) di crescere solo intorno al 3%, ha già oggi recuperato quasi interamente il suo precedente volume di produzione. Ovviamente anch’essa aiutata da un intervento del governo pervasivo e di larghe proporzioni.
La mancanza di una politica europea non si tradurrà soltanto in una più lunga durata della crisi, ma dobbiamo avere chiaro che essa sarà accompagnata da inevitabili tensioni sociali e da un crescente risentimento popolare nei confronti dell’Europa. Non ci dovremo poi stupire se i partiti antieuropei raccoglieranno questo sentimento.
Credo che il nostro paese abbia dato prova di una generale solidarietà e di una collettiva comprensione della gravità del momento. Ogni giorno che passa ci accorgiamo però che le sofferenze saranno più profonde e più lunghe di ogni previsione e che lo spirito pubblico del paese sarà, di conseguenza, messo di fronte a una prova che non trova precedenti se non nel lontano periodo della guerra.
L’incomprensione e il distacco che i governanti europei stanno dimostrando non può che tradursi in un crescente e simmetrico distacco dei cittadini italiani nei loro confronti e nei confronti del progetto europeo. Se non si prende coscienza di questo inevitabile processo le conseguenze saranno gravi e senza rimedio. D’altra parte diventa impossibile identificarsi in una comunità se i membri della stessa comunità non si sentono tali nemmeno quando la sofferenza collettiva è ormai arrivata a un livello intollerabile.
Se i governanti europei rispondono solo ai desideri e agli istinti di breve periodo del proprio elettorato, il patto che ha finora tenuto insieme i diversi paesi europei non può che dissolversi.
Il che non mette a rischio solo il nostro futuro, ma anche quello dei paesi che ritengono che il loro destino sia migliore se distaccato da quello degli altri.
E’ interesse comune porre urgentemente rimedio alla crescente divisione fra il Sud ed il Nord dell’Europa.