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Trump accusato di omicidio


Alberto Pasolini Zanelli

Ennesima notizia spiacevole alla Casa Bianca: il presidente è accusato di omicidio. O meglio, di avere ordinato a dei militari americani di uccidere, fuori da una guerra, il comandante in capo di un Paese nemico come l’Iran. Che ha aspettato a lungo a decedere, ma adesso è morto e quindi il governo degli ayatollah reclama quella salma dal nome crudelmente glorioso nell’antichità: Solimano. La notizia non è grave e neanche forse troppo imbarazzante; di brutte notizie all’inquilino della Casa Bianca ne capitano tante in questa fase che lo vede schiacciato fra un virus universale e apparentemente non eliminabile e una serie di brutte notizie concrete e “laiche” che continuano ad emergere dalle acque torbide della campagna presidenziale. Battezzate quotidianamente e direttamente, soprattutto, dai risultati dei sondaggi in quasi tutte le circoscrizioni degli Stati dell’America. A cominciare dal Texas, da New York, probabilmente anche dalla California. Domande che si pongono i leader dell’opposizione, mai secondo formule tradizionali, ma attraverso domande più imbarazzanti e, dicono i pollster, “più precise”. Le ultime sono pervenute a Trump in un momento già simbolico e imbarazzante per lui: scambiava quattro chiacchiere con un leader texano che lo attendeva su una poltrona a rotelle, coperto un po’ ovunque di quegli stracci antiepidemia che sono raccomandati e ricercati dagli esperti: a cominciare da una “maschera” più ampia del solito che limitava ovviamente i sorrisi. Le notizie erano cattive e “nuove” secondo la scelta delle persone cui fare la domanda dell’anno: “Per chi voterai?”. Non rivolta all’elettore medio di moderata autorità, bensì a coloro che si chiedono, da sempre repubblicani, se questa volta se la sentono di restare fedeli all’abitudine oppure di “incrinarla” votando una volta tanto per i democratici, chiunque sia il loro candidato e il suo programma.

Basta il cumulo di cattive notizie che non sono novità: i funerali da virus continuano a moltiplicarsi. L’economia, così florida all’apertura della campagna elettorale di Trump, continua a scivolare negli Usa e in tutto il mondo. La “ripresa” non attesa delle “battaglie” fra le razze continua a disturbare gli americani di pelle nera, ma colpisce anche sempre di più quelli di pelle bianca, soprattutto se morti e famosi. Un’immagine singolare e, questa sì, inattesa è quella di Abraham Lincoln, l’uomo che fondò l’America e fino a ieri invadeva le piazze, ora è in un luogo pubblico “tenuto d’occhio” perché rinchiuso in una gabbia, con dei giovanotti che lo guardano alla ricerca di qualche dettaglio che non gli aveva fornito a scuola.

Le piazze, intanto, non si stancano di “eruttare”. Moltitudini inalberano lo slogan dell’anno, “anche i neri contano”, perché figli e nipoti di schiavi e perché ci tengono a incassare finalmente il prezzo di quella secolare umiliazione. Le donne sono le più presenti, esplicite nei messaggi e, oltre a tutto, tenaci nel richiedere che una di loro, non importa di che colore, sia fra i candidati alla Casa Bianca e capofila delle altre aspiranti a cariche e onori. In che partito? Democratico, naturalmente, anche perché Donald Trump in questi mesi di campagna elettorale non ha ecceduto nei riguardi per il gentil sesso, spingendole ad essere compatte in favore dell’“altro candidato”, Joe Biden, ritratto del “moderato” non soltanto in politica, ma anche nella vita privata, che lo ha visto famoso o quasi copia fedele del presidente di allora, quell’Obama che era ed è di colore e che non può candidarsi di nuovo perché ha vinto due volte di fila e la Costituzione vieta di fare di più. Aveva anzi indicato, per diversi mesi, di essere “neutrale”, ma che adesso si sveglia inatteso e ancora ieri ha fatto da “copia” fedele. Adesso tocca a lui dare i consigli, le idee, le strategie e una bella quantità di elettori. Non solo quelli di pelle nera o di fede democratica ma che, sussurrano sempre più fitti, come apprezzato e preferito anche da tanti bianchi. Quelli che non si chiamano Donald Trump. Ultimo e non più a sorpresa, John Bolton, colui che è stato l’immagine del militare intransigente e supremamente “falco” e che adesso ha pubblicato un libro che è un “bombardamento” contro il suo ex leader.