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Altro che matrimonio alla Clooney: caro ho la mia carriera e non ti sposo

 matrimonio usa

"The Pew Research Center found that the share of never-married Americans has never been higher. Fully one in five people over the age of 25 have never been married, up from one in 10 in 1960."
Questo significa che negli Stati Uniti il matrimonio e' entrato nella categoria delle 'old traditions'. La gente si sposa sempre di meno.
Le ragioni evidenziate dalla ricerca sono di carattere economico, culturale e dipendono in gran parte dalle donne molte delle quali antepongono al matrimonio il completamento degli obiettivi della loro professione. Raggiunti i quali poi si puo' cominciare a pensare a figli e forse piu' avanti anche al matrimonio.  
In America sposarsi costa un sacco di soldi, a meno che non ci si voglia limitare ad una semplice registrazione in un ufficio pubblico o autorizzato.
Decine di migliaia di dollari per una cerimonia in cui tutto deve essere fatto secondo procedura: dalle damigelle tutte uguali nei loro abiti lunghi, alle prove della recita finale che sono puntigliose, dal party nel quale chi parla deve essere sostenuto da esperti che gli scrivono l'intervento, all'affito dei locali, al video, foto, parrucchiere, massaggiatori, etc.
Non si parla qui di cerimonie alla George Clooney ma di matrimoni di media borghesia. Che, secondo le statistiche finiscono quasi subito in divorzio con ulteriori aggravi economici, specialmente per i mariti.
Meglio non sposarsi allora e se l'amore esiste, cementare una unione felice molto avanti negli anni.

"Odore stantio di Massoneria...."

Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, scrive oggi al Corriere della Sera dopo l’editoriale di Ferruccio De Bortoli sullo  "stantìo odore di massoneria":
Caro direttore,
il suo fondo «Il nemico allo specchio» (Corriere, 24 settembre) stimola alcune riflessioni sulla Libera Muratoria in Italia. Sono rimasto colpito, mi permetta, anche un po’ ferito da massone e gran maestro del Grande Oriente d’Italia, da una frase, quella relativa «all’odore stantio di Massoneria». Un passaggio sicuramente suggestivo ed evocativo per colpire l’immaginario collettivo e l’opinione pubblica, ma che non rispetta il passato, il presente e il futuro dei tanti Fratelli che portano e sventolano a testa alta il labaro del Goi e i valori della Massoneria. Un aggettivo, quello stantio, che paragona una plurisecolare e nobile Istituzione e la sua tradizione ricca di valori e ideali, a un alimento cattivo. Oppure, parlando in termini più astratti, la Massoneria sarebbe intesa, in un’altra accezione dello stesso vocabolo, come una cosa non piùvalida, fuori uso, fuori moda. Noi massoni del GrandeOriente d’Italia lo possiamo testimoniare con le nostre azioni quotidiane e gridare a voce alta; la Massoneria è viva, pulsante e propulsiva.
È una forza fresca, antica ma allo stess otempo giovane, che affonda orgogliosamente le sue radici nel passato ma che germoglia in continuazione i suoi ideali e li difende, più che mai, in una società, ed in una fase storica molto complessa, Un nobile ordine che merita rispetto e che riceve telegrammi e attestati di stima ufficiali, in occasione delle sue annuali ricorrenze, da parte delle massime cariche istituzionali, presidente della Repubblica in testa. Ciò per la solidarietà che elargisce e perché da sempre si batte per l’elevazione dell’uomo e il miglioramento dell’umanità. Altro che ammuffito, sgradevole o indigesto. Il Grande Oriente d’Italia, poi, ha appena celebrato l’equinozio d’autunno e la breccia di Porta Pia e tra le tante emozioni che ricordo ne cito due: la donazione del sangue organizzata da una loggia di Roma in collaborazione con l’Avis e la presenza di Roberto, un nuovo italiano, venuto da lontano per lavorare e che al Vascello, sede del Grande Oriente d’Italia, ha trovato affetto e lavoro.
Solidarietà e amore per la patria sono solo due aspetti del nostro essere liberi muratori del terzo millennio. È un vero e proprio cult della politica e della informazione fare continui riferimenti alla Libera Muratoria come a una occulta «centrale» di potere e del potere. Il Grande Oriente d’Italia non conosce, non pratica e non partecipa a «patti occulti» ed ambisce ad un solo «potere»: quello che ciascuna persona possiede e con il quale può – se lovuole – trasformare se stessa, migliorandosi e diventando degna di essere una piccola scintilla del grande fuoco dell’umanità. I nostri patti da rispettare sono esclusivamente quelli sanciti dagli antichi doveri, che sono il nostro codice etico e di comportamento, le costituzioni che ogni massone deve portare dentro di sé e rispettare. Come la nostra Costituzione italiana.

Peer to Peer

Claudio Cerasa per "il Foglio"

Io e te. You and me. E’ successo con i taxi, con le televisioni, con le radio, con i giornali, con le banche, con il cinema, con i libri, con le serie tv, con il trading, con gli sms, con la cucina, con le guide, con il commercio, con gli affitti, con le vendite, con le macchine, con i noleggi e a poco a poco sta succedendo anche con la politica. 
Il principio, o meglio, il messaggio è ormai universale e vale più o meno come un passepartout: ragazzi, via, si è fatta una certa ora, il mondo va a una nuova velocità, i vecchi contenitori non funzionano come una volta, non sono amati, sono spesso disprezzati, ancora più spesso sono snobbati, e dunque, ovvio, per provare ad attrarre nuovi clienti, nuovi utenti, nuovi lettori, persino nuovi elettori è necessario fare uno sforzo per creare un nuovo involucro e dar vita a qualcosa che possa assomigliare a un mercato alternativo. 
Il ragionamento in fondo è lineare: i corpi intermedi rallentano la nostra corsa, non ci permettono di ottenere quello che vorremmo, di realizzare i nostri sogni, di semplificare la nostra vita, di viaggiare alla velocità a cui meriteremmo di viaggiare; e l’unico modo per essere in sintonia con il mondo che ci circonda – vale per l’imprenditore, per il politico, per l’uomo d’affari, per l’investitore – è quello di mettere in campo delle mediazioni diverse. Più dirette. Più istantanee. Più semplici. Più veloci. E, insomma, non mediate da nessun altro. Se non da due persone: io e te, you and me.
Il fenomeno del peer to peer, se volete, o dell’arte della disintermediazione, del tentativo estremo di voler ridimensionare i vecchi e screditati corpi intermedi, che è cosa più sottile del voler imporre una forma di populismo digitale, da un certo punto di vista è visibile anche nel mondo della politica e riguarda i più importanti leader del nostro paese: partendo da Silvio Berlusconi, arrivando a Matteo Renzi e passando anche per Beppe Grillo. 
Il caso di Renzi è forse quello più significativo. E sotto un certo aspetto, il segretario del Pd è stato il primo leader, quanto meno a sinistra, a trasformare in un punto di forza la battaglia contro i corpi intermedi. E’, sotto alcuni aspetti, con tutto quello che ne discende, in positivo e in negativo, il modello del governo Twitter: la vicinanza al mio follower è direttamente proporzionale alla mia lontananza dai corpi intermedi e più mi mostrerò distante dall’apparato, dai sindacati, dalla Cgil, dalla Cisl, dalla Uil, dalla Confindustria, dalla Confcommercio, dalla Confartigianato, dall’Anm, dal Csm, da Camusso, da Squinzi, da Sabelli più sarà facile essere percepito come se fossi davvero sulla stessa lunghezza d’onda dei miei follower (anche se poi, ovviamente, non potrà mai essere davvero così: perché io Tarzan, tu Jane). 
In politica, spesso, il modello viene usato per esercitare l’arte del dividere per comandare, dello scorporare per contare, del frazionare per decidere, ma viene anche usato per provare a creare un rapporto diretto con l’elettore. Io parlo con l’imprenditore, non con chi rappresenta le imprese. Io parlo con i lavoratori, non chi rappresenta i lavoratori. Io parlo con il giornalista, non con chi dirige il giornalista. Io parlo con il sindacalista, non con chi rappresenta i sindacalisti. Io parlo con i magistrati, non con chi rappresenta i magistrati. Io parlo con i pezzi di establishment, non con chi prova a rappresentare l’establishment. E così via, fino all’infinito. 
Ma l’arte della disintermediazione, allontanandosi a poco a poco dall’universo della politica, è un fenomeno che riguarda un mondo più complesso. Un mondo in cui la politica c’entra fino a un certo punto e in cui l’evoluzione del peer to peer ha creato quelle che gli osservatori colti chiamerebbero delle “grandi economie di scala”. E così, passo dopo passo, il modello della disintermediazione ha contribuito a migliorare alcuni specifici mercati. 
In principio il termine peer to peer venne soprattutto associato a quella pratica semi illegale (ricordate eMule?) grazie alla quale era possibile scaricare musica digitale scavalcando le grandi major – e facendole impazzire. La prima forma di peer to peer ha costretto il mercato musicale a reinventarsi, a cercare metodi innovativi di conquista dei consumatori, a stringere accordi con i nuovi distributori. Ed è anche grazie a questa spinta, e a questa dinamica di distruzione creativa, se giganti come la Apple sono stati in grado di proporre sul mercato modelli vincenti come iTunes. 
Il mondo musicale si è evoluto, le case discografiche si sono reinventate, il mercato si è trasformato, e passo dopo passo anche realtà apparentemente inossidabili come iTunes (e come la Apple) hanno trovato dei validi concorrenti. Senza la pressione sulle case discografiche prima del peer to peer e poi di iTunes difficilmente avremmo incontrato sulla nostra strada strumenti formidabili e potenzialmente alternativi anche allo stesso iTunes come Spotify (un servizio musicale che offre streaming on demand di una selezione di brani di varie case discografiche a cui, a oggi, si sono registrati 40 milioni di persone e i cui introiti finiscono al 70 per cento alle stesse case discografiche).
Senza la pressione di un’altra forma di disintermediazione estrema come lo streaming difficilmente avremo avuto a che fare con una grande invenzione come Netflix (società americana che offre servizi di streaming online on demand, accessibile tramite abbonamento, che dal 2011 produce contenuti originali sulla sua piattaforma, come “House of Cards”, e che ha trovato una giusta via di mezzo tra chi vuole vedere con facilità buone serie tv in streaming e tra chi non vuole pagare salati abbonamenti televisivi per vedere serie tv).
E senza la pressione di un’altra notevole forma di disintermediazione come quella del citizen journalism difficilmente i giornali americani (solo quelli purtroppo) si sarebbero accorti che il giornalismo del futuro non può fare a meno di una buona dose di collaborazione tra professionisti del giornalismo e amatori del giornalismo.
Io e te. You and me. 
“Un tempo – sostiene Patrice Flichy, professore di Sociologia presso l’Universite Paris-Est Marne-la-Vallée, in “La società degli amatori” – si diceva che la disintermediazione avrebbe ucciso la musica, che avrebbe fatto fuori il cinema, che i blog avrebbero ammazzato la stampa, che le enciclopedie sarebbero state sostituite da Wikipedia, che le trasmissione televisive avrebbero ceduto il posto a semplici video diffusi su Internet, e così via.
Non era vero nulla: così come il giornalista per sopravvivere all’avanzata dei bravi blogger è stato costretto a migliorare le sue performance, allo stesso modo chi stampa enciclopedie, chi produce film, chi fa musica è stato costretto a migliorare i propri servizi. I migliori sono sopravvissuti, i peggiori sono stati spazzati via dal mercato. E in politica oggi funziona più o meno così”.
Gli esempi migliori per capire gli effetti positivi prodotti dall’era della disintermediazione si trovano ovunque anche nelle cronache più recenti dei giornali. Si potrebbe parlare di come Airbnb, migliorando un vecchio servizio americano chiamato Craiglist, abbia contribuito a indebolire l’universo delle agenzie immobiliari, e far insorgere gli albergatori di molti paesi per via dei servizi offerti a costi decisamente fuori mercato (in tutto il mondo sono 10 milioni le persone viaggiano con Airbnb. Fino a un anno fa erano appena 4 milioni). 
Si potrebbe parlare di come WhatsApp (acquistata da Facebook per 19 miliardi di dollari) abbia messo in campo una concorrenza spietata ai vecchi e nuovi colossi della telefonia  (solo per capirci: a fine agosto l’app contava su 600 milioni di utenti attivi al mese). Si potrebbe parlare di come Tripadvisor abbia rotto il monopolio delle vecchie guide turistiche imponendo un nuovo modello di condivisione sulle valutazioni degli utenti su hotel e ristoranti (chiedere per credere ai signori delle guide del Gambero Rosso, dell’Espresso, della Michelin). 
Si potrebbe raccontare (lo ha fatto ieri il Financial Times con una bella indagine di Tracy Alloway) di come in America siano le banche, e in particolare Wall Street, a dover fare i conti oggi con una forma evolutiva di peer to peer come quella dei prestiti non mediati dai vecchi istituti bancari (il fenomeno si chiama “P2P lenders”, le realtà leader nel settore si chiamano CurrencyFair’s MarketPlace, Zopa, RateSetter, Funding Circle, ThinCats, LendInvest, Assetz Capital, QuidCycle ed è un meccanismo che permette a un privato in cerca di soldi di richiederli ad alcune piattaforme che si occupano di raccogliere da altri privati denaro che viene acquistato con un tasso di interesse molto alto, intorno al 6 per cento; e nell’ultimo anno, scrive il Financial Times, più di 66 mila persone hanno prestato in America soldi attraverso queste piattaforme). 
Si potrebbe raccontare, ancora, di come la disintermediazione portata avanti da Amazon abbia rivoluzionato non solo l’universo della distribuzione dei libri ma anche il settore del commercio online (e se ieri la sfida era tra Amazon e eBay oggi evidentemente su questo campo la sfida non può che essere tra Amazon e Alibaba, 150 miliardi di capitalizzazione i primi, 165 miliardi di capitalizzazione i secondi).
Si potrebbe raccontare di casi ancora più creativi di disintermediazione come i siti creati in America per trovare una baby sitter con sistemi a metà tra il non sempre affidabile passaparola e il ricorso alle agenzie spesso troppo dispendiose (HomeJoy, Babysitters, Nannies, Child Care and Senior Home Care, StyleSeat). 
Si potrebbe raccontare, andiamo avanti, del caso più recente di Alibaba e di come la creatura di Jack Ma “con la sua capacità di gestire transazioni in entrata e in uscita dalla Cina abbia costretto il paese a entrare in un’età del commercio internazionale che ridimensiona il rivolo degli intermediari ed erode il potere dei governi di regolare gli scambi” (Businessweek, settembre 2014). 
Si potrebbe raccontare dell’esplosione delle applicazioni per gli smartphone che hanno contribuito a scavalcare una classica e moderna forma di intermediazione come le homepage dei siti internet (secondo l’US Mobile App Report di comScore, tra giugno 2013 e giugno 2014 il tempo dedicato dagli utenti alle Mobile App è incrementato del 52 per cento, anche se lo stesso rapporto fa notare che due utenti su tre non hanno scaricato neanche un’applicazione nel secondo trimestre 2014, segno che non c’è disintermediazione che possa pensare di capire di rendita). 
Si potrebbe raccontare ancora molto altro ma è evidente che il terreno moderno sul quale l’era della disintermediazione sta agendo in modo più efficace è quello legato al settore delle auto. Da un certo punto di vista la generazione io e te – generazione che va oltre le mediazioni, che chiede di non avere corpi intermedi, che chiede di avere un servizio diretto, personalizzato, veloce, rapido, no perditempo – è rappresentata anche da un’evoluzione naturale del car sharing come possono essere Car 2 go (gruppo Daimler) o Enjoy (gruppo Eni).
I due servizi – che permettono di spostarsi in città con delle auto prenotabili anche con un’applicazione e a un costo più basso del taxi, in Italia si trovano in undici città (totale di 200 mila iscritti, 3 mila auto disponibili al giorno, 100 mila utenti registrati, con stime per il 2012 di 12 milioni di utenti nel mondo per un totale di 6,2 miliardi di euro) – rappresentano un’alternativa sia all’uso dei taxi sia all’acquisto di una seconda macchina e hanno messo le case automobilistiche, e anche il mondo del trasporto pubblico, di fronte a un problema non da poco. 
E’ il solito ed elementare darwinismo economico: se non si offrono prezzi più bassi e servizi migliori gli utenti andranno ad utilizzare le auto offerte da chi offre prezzi più bassi e servizi migliori (e bruciare le macchine, come è successo a Roma negli ultimi giorni con diversi modelli di Car 2 go, non è certo un modo per risolvere il problema). Facile no?
Un terreno più noto sul quale l’era della disintermediazione ha mostrato i suoi frutti migliori è quello del trasporto pubblico, in particolare, ancora, sul lato dei taxi. Uber ha fatto impazzire i tassisti di mezzo mondo offrendo un servizio di trasporto privato attraverso un’applicazione che ha messo in collegamento passeggeri e autisti (a Milano, per capire di cosa stiamo parlando, alcuni tassisti hanno scelto di lasciare i loro taxi per passare a Uber – “Mi ero stufato, ho preso la licenza da Ncc e una Mercedes. In meno di 24 ore mi hanno affiliato. Ogni settimana ricevo i pagamenti. E per chi vuole lavorare di più ci sono anche premi extra", ha raccontato a Repubblica Milano Filippo, tassista di quarantanni).
I più fessacchiotti hanno portato avanti battaglie legali per liberarsi rapidamente di un’inaccettabile auto liberalizzazione del settore (e anche in Germania, dove i tassisti avevano ottenuto in un primo momento il blocco della App, il tribunale di Francoforte ha revocato la sentenza, seppure solo con motivazioni di carattere formale). I più realistici, per quanto possibile, hanno invece accettato la sfida e invece che provare a tagliare le ruote agli autisti di Uber hanno inventato dei metodi innovativi per fare concorrenza ai nuovi antagonisti.
A Singapore, la più importante cooperativa di Radio taxi ha sfidato Uber presentando una sua applicazione che ha avuto molto successo (si chiama GrabTaxi). A New York, invece, i tassisti non si sono ancora organizzati per evitare che Uber gli sottragga importanti fette di mercato ma hanno scoperto che l’azienda guidata da Travis Kalanick non ha fatto in tempo a minacciare le auto gialle della City che tra le strade di New York è comparso qualcuno pronto a offrire un servizio ancora più conveniente di quello di Uber (il servizio si chiama Lyft, e la società offre passaggi su auto riconoscibili per i baffi fucsia appesi sul cofano della macchina).
Nell’era Uber-Netflix, Renzi – così come molti outsider che negli ultimi anni sono riusciti a fare della disintermediazione, dell’essere in collegamento diretto con gli elettori senza mediazioni, senza filtri, senza corpi intermedi, in modo anche duro, selvaggio, rapace, quasi barbarico  – è certamente il più contemporaneo dei leader italiani. E’ il più vicino al modello Spotify, al modello Twitter, al modello Amazon, persino al modello Tripadvisor.
Ma come tutti i prodotti dell’era della disintermediazione, il contenitore costituisce una novità, in sé, per un tempo limitato. E se dentro al contenitore dimentichi di inserire buoni contenuti (chiedere per credere al signor Grillo Beppe), anche per il miglior governo peer to peer, anche per il miglior governo dell’io e te, può bastare un attimo per essere trascinato nella cartellina trash.

La bioetica con licenza di uccidere



Alessandro Bertirotti

È tutta questione di… egoismo.
Gli accertamenti evidenziano che è prematuro, con una emorragia cerebrale che potrebbe fare del figlio un menomato: lasciamolo morire. Tenerlo in vita, verificare se effettivamente in futuro tale situazione comprometterà lo sviluppo del bambino, e se sia possibile curarlo secondo i protocolli della neonatologia è “accanimento terapeutico”.
Questo avviene in un ospedale della grande Francia, la nazione dell’illuminismo enciclopedico e della ammirabile laicità, a Poitiers, nella patria che ha ospitato la grande Rivoluzione settecentesca che ha permesso lo sviluppo di un società occidentale che consideriamo civile.
Mettere al mondo un bambino oggi, per questo tipo di genitori, non è solo farlo secondo i propri desideri e i canoni della perfezione apparente di questa edonistica cultura, ma mettere al primo posto e incondizionatamente la propria volontà di essere genitori, che non ha solo a che fare con i desideri. E questa volontà non si esaurisce nel fatto che tutto fili liscio, senza problemi, senza intoppi, come quando si va al supermercato e si sceglie il prodotto migliore rifiutando ciò che non appare perfetto.
Ecco, che allora, il Comitato di Bioetica dello stesso ospedale, invece di imporsi secondo criteri che dovrebbero essere cari ad una medicina che effettivamente voglia il bene della vita, di qualsiasi tipo essa sia, decide che il bambino debba essere lasciato morire.
Novecento grammi di vita futura che viene lasciata morire. Questi genitori, portatori di un dramma esistenziale pregresso (solo persone disturbate mentalmente possono considerare accanimento terapeutico il tentativo di salvare una vita), dovrebbero seguire un programma statale (siamo nella Francia con un alto grado di assistenza sociale) di sterilizzazione mentale. In questo caso non è importante una sterilizzazione sessuale, perché il problema risiede nell’atteggiamento mentale di cui, azioni come queste, sono la spia. Si tratta dell’atteggiamento, secondo il quale tutto ciò che non segue i propri programmi di vita, le proprie convinzioni (anche rispetto al concetto stesso di “cure mediche”), deve essere abortito, allontanato dal proprio stile di vita. Ecco perché mi riferisco ad una sterilizzazione mentale, a seguito della quale non si producono più idee impossibili da gestire, come quella di farsi una famiglia. Lasciamo invece che persone di questo tipo producano i soldi necessari per comprarsi l’ultimissimo ed utilissimo iPhone 6.
Ho scritto, sempre in questo blog, che sarebbe necessario fare i genitori con coscienza, ora sarebbe il caso di affermare che è altrettanto urgente imparare a stare da soli con coscienza, senza accoppiamenti fasulli che possono indurre ad errori irreversibili, perpetrati a sfavore di coloro che non chiedono nulla, certamente non in partenza, come i figli. Essi sono il risultato finale di una decisione genitoriale presa a monte (quando non abbiamo a che fare con infermità mentali, oppure stupri), indipendente da qualsiasi futura volontà del figlio. Il solo desiderarli pone la mente nell’atto creativo per eccellenza. Un atto che può esprimersi anche nelle adozioni e in quelle azioni di genitorialità simbolica proprie di coloro che non hanno figli, per una serie infinita di motivi. Genitori lo si è ogni qual volta si educhi un individuo, un’idea, una relazione interpersonale, un rapporto con le cose del mondo, all’amore prima ancora che esso si incarni in qualche cosa di concreto. Non si ama quasi mai durante l’amore, ma si ama quasi sempre prima che questo accada, e solo così si riesce a progettare il superamento di tutte le difficoltà che un amore equilibrato e sano prevede per tutti noi.
E forse di questa riflessione dai contenuti semplici ed antichi, dovrebbero far tesoro anche i medici e i Comitati di Bioetica.
Alessandro Bertirotti

Processo Mediaset, Strasburgo smentisce difesa Berlusconi: ricorsi solo registrati, ammissibilità da decidere


Doccia fredda di Strasburgo sugli entusiasmi dell'ex Cavaliere, convinto di una svolta a suo favore dopo l'accoglimento da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo di uno dei ricorsi annunciato venerdì dai legali del leader di Forza Italia. Oggi l'ufficio stampa della Corte ha smentito l'avvocato Piero Longo, spiegando come i giudici non abbiano in realtà ancora preso alcuna decisione sull'ammissibilità dei ricorsi pendenti presentati da Berlusconi, per i quali ci si è limitati al momento alla semplice registrazione. Ancora da decidere, quindi, la loro ammissibilità.

La precisazione della Corte di Strasburgo all'Ansa rende quindi perlomeno premature le parole di molti forzisti che avevano accompagnato l'annuncio dei legali con dichiarazioni soddisfatte per le possibili conseguenze dell'accoglimento dei ricorsi di Berlusconi "contro l'Italia". Il primo, in particolare, per violazione delle regole del giusto processo in relazione alla condanna e allo svolgimento del processo cosiddetto Mediatrade. Il secondo, per l'applicazione retroattiva della legge Severino.

Siamo in guerra, svegliamoci.....

Riportiamo dal New York Times le parole del Presidente Obama alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Come ha scritto il nostro corrispondente Alberto Pasolini Zanelli sono la conferma che siamo entrati in una guerra globale, anche se siamo abbacinati dal nostro cicaleccio paesano su tematiche per noi di largo respiro come l'articolo 18 e altre statue di carta pesta intorno alle quali ci piace girare con i nostri media italiani.
La ulteriore orribile decapitazione questa volta del turista francese, reo solo di essere appunto francese, ne e' la chiara conferma.
Al di la' delle battute che circolano sulle minacce che lo ISIS sta rivolgendo anche all'Italia (ridere e sorridere abbassano il livello della paura anche se ne sono la chiara conferma) dobbiamo renderci conto che non siamo piu' gli stessi e che il mondo nel quale ci agitiamo non e' piu' quello di un anno fa.
Giustamente il presidente Obama ha voluto ricordare con forza che non si tratta di una guerra di religione e tanto meno di un conflitto con l'Islam.
Purtroppo le motivazioni che sono alla base del terrorismo dei fondamentalisti dello ISIS traggono alimento proprio dai testi di quella religione.
Il pericolo e' che a farne le spese siano negli Stati Uniti i milioni di musulmani che compongono la societa' americana. E si parla di una societa' multirazziale abituata alla convivenza. Figuriamoci in Italia dove l'insofferenza verso l'alieno e il diverso di pelle e cultura serpeggia ormai ovunque alimentata dai movimenti di estrema destra.
La molla della paranoia 'anti qualcosa' e' sempre pronta a scattare negli States. Ne sanno qualcosa i nostri concittadini emigranti che furono in gran parte rinchiusi nei campi di prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale proprio perche' erano italiani.

OB
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UNITED NATIONS — President Obama on Wednesday charted a muscular new course for the United States in a turbulent world, telling the United Nations General Assembly in a bluntly worded speech that the American military would work with allies to dismantle the Islamic State’s “network of death” and warning Russia that it would pay for its bullying of Ukraine.
Two days after ordering airstrikes on dozens of militant targets in Syria, Mr. Obama issued a fervent call to arms against the Islamic State — the once-reluctant warrior now apparently resolved to waging a twilight struggle against Islamic extremism for the remainder of his presidency.
“Today, I ask the world to join in this effort,” Mr. Obama said, seeking to buttress a global coalition that he said would train and equip troops to fight the group, also known as ISIL, starve it of financial resources, and halt the flow of foreign recruits to its ranks.
“Those who have joined ISIL should leave the battlefield while they can,” Mr. Obama said, foreshadowing the blows to come. “For we will not succumb to threats, and we will demonstrate that the future belongs to those who build, not those who destroy.” The brutality of the militants, he said, “forces us to look into the heart of darkness.”

ISIS: MESSAGGIO SHOCK



"Prenderemo la 'vostra Roma', distruggeremo la croce e prenderemo le vostre donne"


Commenti dei Romani 

 ....nun pijate er raccordo...che restate imbottijati

Se v'avanza un po' di tempo completate la Salerno - Reggio Calabria.

Chi ha voglia di comunicargli che c'è una piccola tassa da pagare per le invasioni con anticipo del 114% a Gennaio e saldo a Marzo, poi ci sarebbe l'addizionale sul rapimento ma è dovuta in tre rate che vengono comunicate per data ed importo circa 15 minuti prima della scadenza. Venite venite...

Se te porti via mi moglie la croce c'è l'hai tu a vita

Se ce fanno no squillo buttamo la pasta

L'importante è che non chiedano sette vergini per ognuno di loro....  la vedo dura.

Piateve mi socera ve prego

Appena scoprono chi governa in Italia ci chiedono scusa e ci aiutano

Dategli la Santanchè.

Avete 1000 giorni di tempo.

Venite venite, ci penserà Equitalia a farvi scappare..............

Però venite con i barconi senò nn vi fanno entrare

Mi raccomando la Boldrini . Non dimenticatela !

Mi raccomando non dimenticate mia suocera, è una cattolica inpenitente.

Riferite a quel cretino che:
  1. può entrare a Roma solo dopo le 19 per la ztl
  2. non trova parcheggio
        e soprattutto sarà disarmato dalla coglionaggine del nostro sindaco

Mettiamo Rosy Bindi a guardia della città

Se prendono la Santanchè diventano tutti buddisti!

Non vi scomodate.... Dove vi spedisco la mia?

Vogliono la mia donna? Sia chiaro quello che si prende dopo non si riporta!

Nun fate via nazionale che è piena de buche

Se vengono a Roma je famo tarmente tanta pena che ce danno na mano a campà...

Finalmente se Tromba (Donna Romana)

Se arrivate verso le 5 del pomeriggio, nun fate er raccordo!

Finalmente ...........qualcuno me se prende

Ma pure quelle de na certa??

Alla prima cartella di Equitalia sti stronzi tornano a casa loro!!!!
Tempo mezz'ora e diventano romani pure loro ,se fumano una sigaretta ,e pensano "vabbè ma mò se dovemo mette a taja capocce ma a chi je và o famo domani"

OMi socera ve la incarto 

Scegliete un giorno che non c'è lo sciopero ...

Daje che ve damo 80 € a tutti

Tanto restano bloccati dai lavori della metro C

Non si possono prendere Marino?

A Roma c'è stato solo un Califfo ..Il mitico Franco!!!



Tanto tuonò che piovve.



Alberto Pasolini Zanelli (Washington)
 Bombe, stavolta. E dove erano attese: sulla Siria, la destinazione più urgente secondo una delle “scuole del pensiero strategico” a Washington, quella che potrebbe chiarificare un quadro confuso e contraddittorio che si sta stendendo da mesi sull’intera area del Grande Medio Oriente. Che può chiarire ma può anche confondere ulteriormente le idee. Sul piano militare non c’erano molte alternative. Bombe cadevano da tempo su ampie zone dell’Irak, non per considerazioni a lungo termine ma come reazione all’invasione di una parte di questo Paese e delle conseguenti atrocità. L’armata del Califfo non ha però invaso un Paese: è dilagata in due attraversando le frontiere come fossero inesistenti e ha anzi in Siria le sue basi più solide. Si proclama uno Stato e ciò contrasta certamente con la terminologia diplomatica ma corrisponde a una realtà che ha pochi precedenti. Il Califfato, l’Isis, non conosce frontiere scritte e quindi da tempo era assurdo, soprattutto dal punto di vista militare, considerare belligerante un suo pezzo e “neutrale” quell’altro. Il governo americano ha esitato a lungo, tuttavia, prima di “arrendersi” alla logica militare. Se lo ha fatto è perché ha ascoltato finora di più le voci che gli raccomandavano di dare retta soprattutto alle conseguenze politiche, complicate anche dal fatto che le decisioni via via prese da Obama in queste settimane apparivano contraddittorie e deterioravano di conseguenza la credibilità di Washington. La Casa Bianca ha detto e ripetuto che la partecipazione diretta Usa non include gli “scarponi” e si limita alla guerra aerea, arrotondandola con forniture di armi agli eserciti che si battono contro le milizie jihadiste, che dovrebbero così formare con gli Stati Uniti una “alleanza di volonterosi” del tipo che un predecessore di Obama, George W. Bush inventò per dare un nome alla sua campagna unilaterale contro l’Irak di Saddam Hussein e che, proprio per l’insuccesso di tale iniziativa in lungo tempo, non raccoglie sufficienti consensi in patria. Inoltre una strategia del genere rinnova nella memoria il fallimento della “crociata” contro il regime siriano di Assad, che è bersaglio da oltre tre anni di una guerra civile che ha causato oltre duecentomila morti e l’emigrazione forzata di quasi un milione di cittadini. Non solo, ma le promesse occidentali di “aiuti” (che dovevano consistere soprattutto in attacchi aerei) e il loro esito negativo sul piano militare sono riuscite soprattutto a indebolire il regime senza abbatterlo e a creare in gran parte della Siria un vuoto di potere in cui i jihadisti si sono infiltrati fino a diventare il più forte avversario del regime, emarginando i “moderati”. La Siria è stata così per qualche tempo “trascurata”, anche perché l’Irak appariva il teatro principale delle operazioni militari e politiche. Le incertezze si sono prolungate, i contrasti si sono approfonditi in America anche all’interno dell’Amministrazione Obama, mettendo a nudo le discordie fra i politici e i militari, fra la Casa Bianca e il Pentagono.
Anche l’appello agli alleati appariva contraddittorio nelle diverse formulazioni e anche nelle risposte. C’era chi voleva combattere l’Isis e chi insisteva nella strategia iniziale in cui il nemico principale era Assad. L’esempio più esplicito quello della Francia, “crociata numero uno” contro Assad così come lo era stato contro Gheddafi (un’altra strategia fallita) e che poche ore fa ha confermato che bersaglio del suo contributo aereo sarà l’Irak ma non la Siria. Più importante la divisione emersa fra i Paesi, che va trasformando una insurrezione integralista di una setta sunnita in una guerra generale fra sunniti e sciiti, appoggiati i primi dall’Occidente in un capovolgimento strategico: Bush volle abbattere il regime sunnita di Saddam Hussein per consegnare il potere agli sciiti, che ora verrebbero invece “scaricati” per aiutare i sunniti. In contraddizione, ancora una volta, con altre situazioni locali, che hanno visto ad esempio nelle ultime ore azioni belliche congiunte fra l’aviazione Usa e le milizie sciite armate e “mantenute” dall’Iran sciita, ancora considerato ufficialmente il nemico numero uno degli Usa nel Medio Oriente. L’allargamento dell’area “bombardabile” dall’Irak alla Siria corrisponde certamente alla logica non soltanto militare ma potrà avere per conseguenza un ulteriore rimescolamento di alleanze, cooperazioni e complicità. È forse meglio per ora considerarlo un “male minore”.

"Renzi non creda di poter importare l'America in Italia.."

"Renzi non creda di poter importare l'America in Italia.."cosi' Vittorio Zucconi nel suo commento video sulla visita del primo ministro italiano ai santuari della tecnologia che ha rivoluzionato il nostro modo di essere a livello planetario.
Non ce la sentiamo di avallare il duro giudizio della star del giornalismo italiano negli States.
La missione di Renzi in America ha un duplice scopo: vista dagli Stati Uniti (paese che da sempre concede credito ai giovani intraprendenti e preparati) offrire ai media americani un''immagine dell'Italia che confligge con l'eterno stile muffoso e provinciale dei politici italiani che si sono succeduti sul proscenio americano. Agli yankees piacciono coloro che sfidano la conservazione e si fiondano nel futuro. A questi viene dato credito non solo morale ma anche finanziario. La conferma ci viene dalle principali aziende della hightech che sono nate grazie a piccoli investimenti fatti dagli 'angel business' quegli investitori che hanno creduto nei progetti di giovani che  invece non avevano trovato udienza presso i tradizionali 'venture capitalist'.
Il secondo vantaggio della missione di Renzi negli States e' confermare ai dubbiosi di oltre oceano che l'Italia ce la puo' fare e ce la fara' sicuramente perche' ci sono le energie e i talenti per ridare slancio ad una nazione da troppo tempo seduta sui talloni ad attendere che qualcuno di passaggio le butti nel cappello qualche centesimo.
Certo: ha ragione Zucconi nel dire che l'America non e' esportabile cosi' come e' nella Silicon Bay.
Ma se gli israeliani sono riusciti a creare un polo tecnologico non si vede per quale ragione non sia possibile fare alltrettanto nel Bel Paese che offre oltretutto un plus che non si trova in America o altrove. Un territorio dove, oltre al lavoro ed alle capacita' personali di tanti giovani preparati,  si vive in un contesto ambientale e culturale invidiato in tutto il mondo.
Purche'...
Purche' il presidente Renzi sia in grado di eliminare quelle vischiosita' che da troppo tempo paralizzano la rinascita di una nazione che vuole riemergere e competere.
Lo scontro e' tra il vero e il fasullo costringendo finalmente gli italiani a smettere di lamentarsi, a rimboccarsi le maniche e a gettare il cuore al di la' dell'ostacolo.
Del resto nell'America visitata da Renzi in questi giorni centinaia di migliaia di cittadini si son ritrovati durante il picco della crisi a vivere sotto i cartoni. Ma la nazione ha saputo riprendersi,  registrando tassi di crescita impensabili sino a qualche anno fa.
Gli ammortizzatori sociali italiani hanno impedito che si arrivasse a questi drammi cosi' estesi, anche se la crisi ha colpito tragicamente molti imprenditori che che di fronte al dramma del 'tutto si sfascia' si sono tolti la vita.
Insomma: e' il momento di guardare il bicchiere mezzo pieno. Italia ce la farai.

Se vi sembra normale.....

  White House intruder
Va bene che la White House viene definita la Casa di tutti gli americani.
Ma l'altro giorno un tale ha scavalcato una barriera, si e' introdotto nel giardino della Casa Bianca dove ha percorso 70 yards prima di imboccare la porta che conduce direttamente alla scale dell'appartamento della famiglia Obama. Il presidente e le figlie erano usciti dieci minuti prima per imbarcarsi sull'elicottero diretto a Camp David.
Omar J. Gonzalez, 42 anni e' un veterano dell'Irak dove ha compiuto tre lunghe missioni. I familiari in Texas sostengono che Omar, come tanti altri suoi colleghi reduci dai teatri di guerra, e' affetto  da sindrome post traumatica e che ha vissuto per un anno nella sua auto parcheggiata di fronte ad un supermercato.
Omar J. Gonzalez aveva in tasca un coltellino ed ha dichiarato agli agenti che finalmente lo hanno preso mentre saliva le scale della Casa Bianca che voleva dire una parola al Presidente perche' l'atmosfera del pianeta sta peggiorando.
Questo ulteriore smacco dei servizi segretti addetti alla protezione e salvaguardia del Presidente e della sua famiglia fa seguito allo scandalo di agenti che hanno fatto orge con prostitute a Cartagena, Colombia nel 2012.
Saranno adottate misure ancora piu' drastiche di quelle in atto per tenere lontani i turisti dalla White House.
Si pensi che un nostro amico, mentre passeggiava di fronte alla Casa Bianca, si e' visto afferrare da due giganteschi agenti e solo dopo estenuanti interrogatori ha potuto dimostrare che il tasso di radioattivita' che emetteva era dovuto all'esame nucleare al quale si era appena sottoposto per il controllo del suo sistema cardiovascolare.

Se vi sembra normale...

Perche' la stampa attacca il sindaco di Roma, Dr. Marino



Guido Colomba

Perchè la stampa e i partiti sono contro il sindaco di Roma, Ignazio Marino? La risposta (fornita dall'interessato durante una straordinaria conferenza al Club Canova) è disarmante e di sicuro non giova alla teoria della indipendenza dei giornali nei confronti della casta politica. "Quando si toccano i poteri forti - ha detto Marino - quando si pestano i piedi a qualcuno, non c'è da sorprendersi se ti attaccano". Chi vuole capire ha capito. C'è un parallelo con la vicenda di Carlo Cottarelli, l'attuale responsabile della "spending review" (fu chiamato da Enrico Letta il 23 ottobre 2013)? Le sue conclusioni parlano chiaro: una partecipata su quattro deve essere eliminata con un risparmio di 2-3 miliardi. Vi sono più di ottomila società che fanno capo ai comuni italiani. Cottarelli ha documentato questo buco nero che produce un deficit annuo gigantesco. L'obiettivo triennale è una revisione strutturale della spesa pari a 30-35 miliardi. Eppure nulla accade; anzi, è già annunciato il suo rientro a Washington dove riprenderà il suo apprezzato lavoro al Fondo monetario internazionale. Nè si può dire che il problema sia poco conosciuto. Il Parlamento ha varato leggi specifiche che talora hanno indicato precise scadenze entro le quali questi "carrozzoni inutili e costosi" dovevano essere cancellati. Purtroppo il Parlamento, anche in questa circostanza, non ha indicato sanzioni con il risultato che è rimasto tutto invariato. Tra i tanti esempi vi è quello citato dal Corriere della Sera (Sergio Rizzo, 11 sett.14): la Sogesi, controllata al 100% dal Tesoro, si occupa di rifiuti, acqua e bonifiche, il tutto con la formula "in house" cioè senza gare. Tra il 2009 e il 2011 i fondi che il ministero dell'Ambiente ha versato a questa società sono stati 426 milioni di euro (oltre 82 miliardi delle vecchie lire). Nel 2011 l'allora ministro Corrado Clini ne aveva promesso la chiusura nel corso di una solenne audizione alla Camera per garantire che le "attività rientrino in procedure ordinarie e trasparenti" come prevede la spending review. Invece è ancora lì. Non sorprende che il sindaco Marino, al suo arrivo nel luglio 2013, abbia chiesto alla Guardia di Finanza, primo caso in Italia, di verificare contabilità e bilancio (non esisteva nemmeno quello preventivo del 2013) del Comune di Roma. Fu come stappare il vaso di Pandora: un buco di bilancio di 8,5 miliardi e un disavanzo di 1,2 miliardi. Si è scoperto che l'Atac, nonostante il suo gigantesco debito, aveva una holding che doveva controllare "il patrimonio" con stipendi alle cariche sociali di oltre ottocentomila euro. Chiusa da Marino. Altri nemici. Per l'Acea "multi service", il cui azionariato è posseduto da cittadini romani per il 51%, il Sindaco chiede un piano organico che eviti ai romani i continui lavori sulle strade con rappezzi e buche che troppo spesso, alle prime piogge, cedono o si sciolgono. " Il Comune - sottolinea Marino - deve provvedere con costi enormi". Anche su questa vicenda sono stati immediati gli attacchi della stampa. Marino ha ricevuto giovedì scorso il governo del Kuwait per ottenere finanziamenti "a favore del più grande parco archeologico del mondo". In precedenza, su vari progetti, vi è l'accordo per impegni di finanziamento privato per oltre 5 miliardi di euro. Nonostante questi lodevoli tentativi i contrasti con il mondo politico sono divenuti una telenovela. Eppure proprio gli intrecci tra casta politica e lobby sono tra i più avvertiti dalla popolazione e non solo. Il neosegretario della Cei, Monsignor Nunzio Galantino, ha denunciato che "le lobby bloccano tutto. E' urgente intervenire su burocrazia e imprese". Le piccole e medie imprese sono disperate. E sono scandalosi i debiti non saldati dalla Pubblica Amministrazione.