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La bioetica con licenza di uccidere



Alessandro Bertirotti

È tutta questione di… egoismo.
Gli accertamenti evidenziano che è prematuro, con una emorragia cerebrale che potrebbe fare del figlio un menomato: lasciamolo morire. Tenerlo in vita, verificare se effettivamente in futuro tale situazione comprometterà lo sviluppo del bambino, e se sia possibile curarlo secondo i protocolli della neonatologia è “accanimento terapeutico”.
Questo avviene in un ospedale della grande Francia, la nazione dell’illuminismo enciclopedico e della ammirabile laicità, a Poitiers, nella patria che ha ospitato la grande Rivoluzione settecentesca che ha permesso lo sviluppo di un società occidentale che consideriamo civile.
Mettere al mondo un bambino oggi, per questo tipo di genitori, non è solo farlo secondo i propri desideri e i canoni della perfezione apparente di questa edonistica cultura, ma mettere al primo posto e incondizionatamente la propria volontà di essere genitori, che non ha solo a che fare con i desideri. E questa volontà non si esaurisce nel fatto che tutto fili liscio, senza problemi, senza intoppi, come quando si va al supermercato e si sceglie il prodotto migliore rifiutando ciò che non appare perfetto.
Ecco, che allora, il Comitato di Bioetica dello stesso ospedale, invece di imporsi secondo criteri che dovrebbero essere cari ad una medicina che effettivamente voglia il bene della vita, di qualsiasi tipo essa sia, decide che il bambino debba essere lasciato morire.
Novecento grammi di vita futura che viene lasciata morire. Questi genitori, portatori di un dramma esistenziale pregresso (solo persone disturbate mentalmente possono considerare accanimento terapeutico il tentativo di salvare una vita), dovrebbero seguire un programma statale (siamo nella Francia con un alto grado di assistenza sociale) di sterilizzazione mentale. In questo caso non è importante una sterilizzazione sessuale, perché il problema risiede nell’atteggiamento mentale di cui, azioni come queste, sono la spia. Si tratta dell’atteggiamento, secondo il quale tutto ciò che non segue i propri programmi di vita, le proprie convinzioni (anche rispetto al concetto stesso di “cure mediche”), deve essere abortito, allontanato dal proprio stile di vita. Ecco perché mi riferisco ad una sterilizzazione mentale, a seguito della quale non si producono più idee impossibili da gestire, come quella di farsi una famiglia. Lasciamo invece che persone di questo tipo producano i soldi necessari per comprarsi l’ultimissimo ed utilissimo iPhone 6.
Ho scritto, sempre in questo blog, che sarebbe necessario fare i genitori con coscienza, ora sarebbe il caso di affermare che è altrettanto urgente imparare a stare da soli con coscienza, senza accoppiamenti fasulli che possono indurre ad errori irreversibili, perpetrati a sfavore di coloro che non chiedono nulla, certamente non in partenza, come i figli. Essi sono il risultato finale di una decisione genitoriale presa a monte (quando non abbiamo a che fare con infermità mentali, oppure stupri), indipendente da qualsiasi futura volontà del figlio. Il solo desiderarli pone la mente nell’atto creativo per eccellenza. Un atto che può esprimersi anche nelle adozioni e in quelle azioni di genitorialità simbolica proprie di coloro che non hanno figli, per una serie infinita di motivi. Genitori lo si è ogni qual volta si educhi un individuo, un’idea, una relazione interpersonale, un rapporto con le cose del mondo, all’amore prima ancora che esso si incarni in qualche cosa di concreto. Non si ama quasi mai durante l’amore, ma si ama quasi sempre prima che questo accada, e solo così si riesce a progettare il superamento di tutte le difficoltà che un amore equilibrato e sano prevede per tutti noi.
E forse di questa riflessione dai contenuti semplici ed antichi, dovrebbero far tesoro anche i medici e i Comitati di Bioetica.
Alessandro Bertirotti