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Italia, spread e stress test
Guido Colomba
Due valutazioni pesano sullo scenario italiano. Da un lato, il governo deve valutare come utilizzare i quattro miliardi di risparmio che derivano dal calo dello spread giunto a 134 basis points. Dall'altro le banche sono chiamate ad una prova che potrebbe mettere in dubbio l'utilizzo del credito concesso dalla Bce (Tltro) a partire dal 18 settembre. Infatti gli istituti di credito debbono affrontare le prove di esame degli stress test della BCE. Qualcuno, come Goldman Sachs, ha già fatto le prime previsioni. Nel mirino vi sono 9 banche europee più le banche medio-piccole (oltre 200 Bcc). Restano escluse solo le piccole banche (fanno parte del perimetro delle rispettive vigilanze nazionali) che temono di essere tagliate fuori dal confronto con le big. La posta in gioco, per la prima tranche, è pari a 400 miliardi. Ma occorre il rispetto dei requisiti patrimoniali. Si teme un deficit complessivo di capitale pari a 51 miliardi di euro. Le banche più a rischio, secondo la survey di Goldman, sono quelle tedesche, italiane, greche, spagnole, portoghesi e austriache. Per l'Italia vengono individuate Mps e Popolare di Milano. Ad es. per la Germania, Commerzbank; per la Spagna Banco Popular, per l'Austria banca Raiffeisen. Ecco perchè si teme che la valutazione del patrimonio netto tangibile delle banche italiane possa essere un freno. Di certo, più prestiti, più progetti a disposizione di imprese e famiglie possono offrire una svolta nella creazione di posti di lavoro. A cascata si spera di sbloccare anche quei 20 miliardi di crediti, annunciati dal governo, nei confronti della PA. Potranno essere “eleggibili” negli Abs della Bce? Quest’ultima vuole la tranche meno rischiosa, cioè quella senior. A loro volta le banche, per strutturare le cartolarizzazioni, hanno bisogno della garanzia dello Stato (è già previsto per i debiti delle PA un fondo di 410 milioni). Ad ulteriore garanzia vi sarà la CDP che può acquistare crediti nei limiti di un plafond di 10 miliardi di euro. Tuttavia la regolamentazione europea sugli ABS prevede una elevata copertura per il rischio di insolvenza. Ed è una delle clausole più criticate. Insomma è un puzzle intricato che, inevitabilmente, richiederà tempo per essere risolto. L'altro corno del dilemma è la copertura del fabbisogno pubblico. Come destinare i quattro miliardi risparmiati dalla riduzione dello spread teoricamente vincolato dalle norme europee ad abbattere il debito pubblico? Attualmente la "correzione" stimata per la legge di stabilità (si attende la revisione del Pil da parte dell’Istat) ruota intorno ai 20-22 miliardi di maggior fabbisogno. In merito circa 13 miliardi verranno dalla "fase due" della "spending review" più i tre miliardi legati ai tagli strutturali già individuati con il decreto Irpef (Fondo taglia-tasse di 2,87 miliardi). Vi è poi da evitare la tagliola lasciata in eredità da Letta-Saccomanni che prevede aumenti fiscali automatici per 3 miliardi qualora non divengano operativi tagli di spesa di egual valore. La strategia del governo Renzi risulta imperniata su tre punti: 1) mantenere il bonus da 80 euro anche nel 2015; 2) varare un sorta di "quoziente familiare" con costi contenuti che assicuri maggiori entrate alla famiglie con molti figli. 3) creazione ravvicinata di mini jobs in assonanza con lo schema tedesco. Una strategia che anticipa molte risposte ai quesiti sul tappeto.