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Chi tutela il risparmio?


Guido Colomba

Due scadenze simboliche in tema di mancata tutela del risparmio. A fine ottobre, sono in scadenza sia il Governatore della Banca d'Italia Visco che il presidente della Consob. Purtroppo, grava sulle spalle dei risparmiatori l'insufficiente capacità della Vigilanza di controllare la "opacità" delle banche italiane a cominciare dallo scandalo dei derivati Mps, spacciati per investimenti in Btp (il presidente Mussari fu "premiato" ed eletto presidente dell'Abi). Di pari passo vi è il mancato rispetto dell'art.47 della Costituzione in tema di tutela del risparmio che vede sul banco degli imputati sia la Consob che la Banca d'Italia, entrambe titolari del controllo sul mercato finanziario e sugli intermediari. Vi è poi il capitolo aperto delle sconfitte costanti in sede europea. Si è accettato di tutto (dal "bail-in" ai criteri di valutazione dei crediti in sofferenza che penalizzano le banche italiane) senza denunciarne i pericoli e senza pretendere regimi transitori e clausole di salvauardia. Si è persino accettato l'effetto retroattivo a danno dei risparmiatori (re: le quattro banche "salvate" in risoluzione nel novembre 2015) acquirenti di obbligazioni bancarie emesse negli anni precedenti. A tutt'oggi, i rimborsi promessi ammontano in media al 22%. Purtroppo, tutti i governi italiani hanno accettato questa "visione debole" dei tecnici con le drammatiche conseguenze che sono sotto gli occhi di tutto. Bruxelles ora fa la voce grossa e chiede alle banche venete altri soldi ai privati nonostante l'ombrello complessivo di venti miliardi varato dal governo cinque mesi fa. Eppure, come ha ricordato Messina, ceo di Banca Intesa San Paolo (il secondo maggior gruppo bancario) "i privati già hanno perso molto" con le azioni di queste banche. "Occorre reagire e farsi sentire in Europa". Più chiaro di così. Ora, a otto anni dall'inizo della crisi, in assemblea Visco scopre (nelle 26 pagine delle "Considerazioni finali") che l'Italia è vulnerabile per il debito sovrano (cresciuto senza soste fino a superare i 2260 miliardi di euro) e per i crediti in sofferenza (gli NPL di poco inferiori agli 80 miliardi). La Banca d'Italia ha sempre parlato di sistema bancario "solido" credendo di farla franca e di nascondersi sotto la sabbia. Al contrario, gli altri partner europei, negli anni immediatamente successivi alla crisi dei mutui subprime esplosa nel 2008, hanno reagito con forti aiuti di stato alle banche. Londra e Berlino in prima fila. L'Italia, perseguendo la strada delle mezze bugie, ha solo danneggiato se stessa. Gli investimenti pubblici sono scesi del 24%, quelli privati del 32% per il semplice motivo che tutto il meccanismo del credito si è inceppato nonostante il bassissimo livello del costo del denaro con la QE della Bce. Un paradosso assoluto. Anche le ultime incertezze di Padoan sono state nefaste. I depositari delle banche in crisi continuano a scappare, aggravandone la crisi: oltre ottocento milioni di euro da Mps nell'arco di un anno e seicento milioni dalle due banche venete. La leggerezza di questa gestione del sistema bancario e finanziario si confronta con l'enorme ricchezza "liquida" degli italiani pari ad oltre 7mila miliardi di euro (senza contare gli immobili posseduti dal 72% della popolazione). La beffa è costituita dagli investimenti sui fondi esteri che gli italiani continuano ad effettuare. Nel frattempo più della metà del listino di Borsa (blue chips) è in mani estere. Non sono investimenti in nuovi impianti con creazione di occupazione, ma è soltanto finanza speculativa. Con i soldi degli italiani, i fondi esteri comprano a basso prezzo i pezzi forti del sistema economico nazionale. Stesso approccio per gli NPL. Poi c'è il ruolo della classe politica che non esita a promuovere la diffusione del gioco d'azzardo e delle slot machines. Sta di fatto che, a fronte di nuovo risparmio pari a quaranta miliardi nel 2016, sono stati spesi quasi 80 miliardi nei giochi d'azzardo. E' un chiaro segnale relativo alla fascia debole della popolazione che cerca disperatamente una via di uscita ai problemi quotidiani. E' difficile credere che tutto possa continuare così.











Grazie Trump.....!

(Non ci resta che inneggiare a Donald Trump. Grazie alle sue reiterate critiche alla Germania, che ospita le basi americane piu' importanti e che garantisce migliaia di posti di lavoro nelle sue industrie negli USA, l'Europa riuscira' a trovare il modo di essere piu' Europa)
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La Stampa
Pubblicato il 30/05/2017

Lo scontro tra il presidente americano Trump e la cancelliera tedesca Merkel peggiora, ed esplode apertamente in pubblico. Questa mattina, infatti, il capo della Casa Bianca ha attaccato in maniera frontale la Germania con un tweet: “Noi abbiamo un massiccio deficit con la Germania, inoltre loro pagano molto meno di quanto dovrebbero per la Nato e le attività militari. Molto male per gli Usa. Questo cambierà”.

Durante il G7 di Taormina il presidente della Commissione europea Junker aveva rivelato al giornale tedesco Der Spiegel che Trump aveva definito molto cattiva la Germania per le sue politiche commerciali. Il consigliere economico Cohn aveva prima confermato e poi smentito questa frase, ma ieri la conferma diretta e definitiva e’ venuta proprio dal presidente.

Nel frattempo la Merkel ha detto in un comizio a Monaco che l’Europa deve prendere nelle proprie mani il suo destino, perché non può più fare affidamento sugli alleati, cioè Usa e Gran Bretagna, anche se poi ha aggiunto di ritenere comunque essenziale il rapporto transatlantico.

I problemi della posizione di Trump sono principalmente due. Sul piano strategico, la Germania investe meno del 2% del pil nella difesa, ma ospita le basi americane più importanti in Europa, e per gli Usa sarebbe gravissimo perdere il suo appoggio. Sul piano economico, molti dei prodotti venduti negli Stati Uniti da marchi tedeschi sono prodotti in America, e quindi una guerra commerciale costerebbe molti posti di lavoro agli stessi americani.

Interpellato sull’argomento anche il premier italiano Paolo Gentiloni ha commentato le affermazioni pronunciate dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel sull’operato di Trump al G7: «L’Italia condivide la necessità che gli Europei prendano in mano il proprio futuro, le sfide globali lo impongono, negli ultimi mesi abbiamo lavorato in questa direzione. È emersa con chiarezza una sintonia tra i diversi Paesi Ue nel contesto internazionale». E ancora: «Questo non toglie nulla rispetto all’importanza con i legami transatlantici ma non possiamo - aggiunge il premier - rinunciare a impegni come quello sul cambiamento climatico, per la società e l’economia aperta».

L'India sta andando avanti nonostante le caste e grazie a Narendra Modi, grande primo ministro.

Narendra Modi

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STRATFOR
May 26, 2017 
Indian Prime Minister Narendra Modi's administration has struggled to make headway on many of its signature initiatives in the face of India's manifold political constraints. Job growth, a core plank of the 2014 campaign platform on which Modi's Bharatiya Janata Party (BJP) rose to power, is tepid. Relations with Pakistan, India's traditional archrival, are on the rocks as protests, cease-fire violations and cross-border militant attacks endure in the disputed territory of Kashmir. And "Make in India," Modi's vaunted initiative to transform his country into a global manufacturing hub, has had a hard time landing lucrative deals (outside of defense contracts) since its inception in September 2014. 
Despite these challenges, however, Modi's popularity looks no worse for wear as he rings in his third year in office on Friday. A reported 61 percent of Indians approve of the government's performance, according to a recent poll widely cited in the country's press. To be sure, the figure represents a three-point drop from the previous year. Nevertheless, considering India's stubbornly low job creation rates — and the furor that erupted when Modi launched a sweeping demonetization campaign — a three percent loss isn't bad. So what's behind the prime minster's enduring appeal?
His vision for transforming India into a self-assured nation at once mindful of its thousands of years of history and ready to take on its future resonated with broad swaths of the electorate. Among the tenets underpinning Modi's vision is Hindu nationalism. At its core, the movement aims to supplant secularism with Hinduism as the defining feature of Indian identity to forge a more unified and assertive conception of nationhood that its proponents hope will lead the country to greatness. Modi, of course, has been selective in choosing which of the movement's guiding objectives to embrace and which to eschew. His political pragmatism rankles the most ideological of his supporters in the Rashtriya Swayamsevak Sangh, the BJP's Hindu nationalist parent organization. But it's a price the prime minister is willing to pay to maintain his appeal across India's vast and diverse territory.
And so far, the approach has paid off. Modi's use of Hindu nationalism has advanced the rightward shift in Indian politics, helping his party gain yet more traction with voters and pass legislative reforms such as the Goods and Services Tax. In 2014, the BJP became the first party to win a majority in the lower house since 1984. Opposition parties have since foundered in their efforts to mount a credible challenge to Modi and the ruling party. The Indian National Congress, the party that spearheaded India's independence movement and gave the country its first prime minister, Jawaharlal Nehru, has struggled to find a candidate who can match Modi's charisma. Regional political groups such as the Samajwadi Party and Bahujan Samaj Party, meanwhile, are trying to articulate a message that goes beyond the identity-based caste politics that has long defined their agenda.
The BJP made considerable gains in state elections this year and defended Modi's 2014 triumph in Uttar Pradesh. Not even an alliance between Akhilesh Yadav, chief minister of the state's ruling Samajwadi Party, and Rahul Gandhi, vice president of the Indian National Congress (and scion of the Nehru-Gandhi political dynasty), could stop the BJP. Modi's party claimed a resounding victory in India's most populous state, winning 80 percent of the seats in its legislature and installing a controversial Hindu priest as the new chief minister. The success shielded Modi from some of the political fallout of his administration's shortcomings. 
It was also a major coup for the prime minister and the BJP. For all its popularity, the ruling party lacks a majority in the upper house of Parliament. Modi needs control of both chambers in the legislature to advance his "Make in India" campaign. Unless the prime minister can pass proposed land and labor reforms, India's manufacturing industry will be hard-pressed to acquire land for new factories. Companies, moreover, will shy away from hiring workers for fear that they won't be able to lay them off in lean times. But while Indian voters elect members to the lower house directly, state assemblies are in charge of electing members to the upper house. That's why Modi has devoted much of his attention and political capital throughout his first three years in office to winning state elections. And though the prime minister has faced setbacks in this endeavor — the BJP was routed in a vote in India's third-most populous state, Bihar, in 2015 — the victory in Uttar Pradesh offered vindication.
Of course, whether Modi can reap the benefits of the recent state elections depends on the results of the next general elections in 2019. Considering that Uttar Pradesh traditionally serves as a bellwether for the country's politics, however, Modi's prospects for re-election are strong.
As Modi looks ahead to his fourth year in office, he will start thinking about how to ensure a repeat of this year's electoral successes in 2019. He will also continue his quest to overhaul the Indian economy. The reforms are part of a decadeslong liberalization campaign that will outlast the prime minister regardless of the next vote's outcome. But progress is bound to be incremental in a democracy as large and fractious as India's, and in that regard, Modi is already ahead.


Ci scrivono a proposito del Dialogo Platonico



Caro Oscar,
Il tuo dialogo nell'Olimpo è eccezionale!
Comunque, le sanzioni, di qualunque natura esse siano, servono ad emancipare un paese che ha orgoglio e forza di fare. La Russia, sotto sanzioni, ora produce (tra le altre cose) mozzarella e parmigiano: tolte le sanzioni, non ne importeranno più. Iran, sotto sanzioni, ora è completamente indipendente nella sua capacità d'impiantistica e di tecnologia (e non compreranno più da noi). Anche la Corea del Nord sta crescendo nel suo isolamento. Così l'Europa, sotto prossime sanzioni o restrizioni USA, si dovrà svegliare. Se abbiamo sempre demandato agli USA la ns. politica estera, la protezione contro il nemico dell'Est e quanto altro, adesso (se abbiamo gambe) dobbiamo correre (e certo quelle della Mogherini non ci aiutano). Si prefigura nuovamente il momento del "Quarto Reich" e, come disse Hegel, la sua bandiera correrà per l'Europa.
Un abbraccio
Aldo