(Riceviamo e volentieri pubblichiamo)
La politica
(intesa come attività produttiva di norme e leggi) è rimasta all’era
industriale del primo ‘900, dove la produzione era tutto e le scorie si
accatastavano e si dimenticavano.
Ormai l’immondizia
normativa e legislativa è giunta ad un livello di guardia e il tentativo di
coniugare tutti gli obblighi rende il cittadino ormai intollerante.
Quindi gli
apprezzamenti dell’elettorato verso coloro che tornano alle maniere spicce e
pratiche, lasciando intendere di voler defoltire gli schizzofrenici obblighi
della legge, è una inevitabile conseguenza.
In passato,
quando il carico normativo diventava opprimente, si assisteva ad un scoppio
decompressivo di una rivoluzione o di una guerra. Molti conservatori
considerano questa ipotesi come inevitabile.
Una soluzione che
potrebbe riaprire nuovi decenni di riaggregazione sociale e di conduzioni di
vita veramente soddisfacenti passa attraverso l’elaborazione di una rivoluzione
culturale che possa introdurre un efficiente sistema di riciclaggio ed
attualizzazione delle norme evitando sanguinose esplosioni.
In fondo esiste
anche un limite biologico sulla quantità di norme da poter apprendere, oltre il
quale, le stesse costituzioni dovrebbero impedire il proliferare normativo.
In Italia,
l’assenza del principio della Common Law e la presenza di una magistratura che
non risponde al voto degli elettori a cui amministra giustizia, il processo
appare molto più difficile e quindi una reazione più probabile.
Alessandro Pescini